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Sintesi
Tutti gli esseri umani hanno un’esperienza del tempo. Un individuo compie direttamente l’esperienza di un periodo di vita di circa 80 anni e può indirettamente avere esperienza di una o due generazioni precedenti attraverso i ricordi dei genitori o dei nonni. Tuttavia l’unico modo per conoscere eventi accaduti molti anni or sono è appellarsi alla storia, che ha proprio il compito di studiare documenti, testimonianze e reperti archeologici e descrivere gli eventi accaduti nelle varie epoche.

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Metodo fisici per la datazione archeologica

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Estratto del documento

Figura 23:Curva di calibrazione della Sindone

Quando? Metodi fisici per la datazione archeologica, Matteo Veglianti 24

effettuato le misure. C’è da dire che questo lenzuolo ha subito numerosi traumi: un

incendio, l’esposizione con altri oggetti contenti carbonio, tutte le foto scattate, tutte le

altre misure e gli studi effettuati su di esso; quindi il suo contenuto di potrebbe essere

variato non solo a causa della radioattività.

Infine, tutti gli scienziati e gli archeologi sono d’accordo nell’affermare che se si effettuano

10 diverse datazioni con metodi differenti su un oggetto e nove di esse sono simili e quella

effettuata col è in disaccordo con le altre, essa è senza alcun dubbio da scartare. Una

commissione formata da specialisti si è occupata nel decennio precedente alla datazione

col radiocarbonio di datare la Sindone con altri metodi, per esempio mediante le tracce

ematiche o di qualche altro tipo di fluido corporeo, o anche attraverso altri metodi,

ottenendo datazioni diverse da quella appena vista; infine è attestata storicamente la

presenza della Sindone anche prima del XII secolo. Tutto questo fa pensare che dato il

cattivo stato del lenzuolo, forse la datazione radiocarbonica in questo caso non è il metodo

più efficace.

17. Critiche del metodo

L’ultima cosa detta nel paragrafo precedente non deve sorprendere, perché il termine

datazione assoluta non significa “priva di errore”!

Le date fornite col metodo del devono comunque essere valutate in base a

considerazioni di altro tipo, prima di tutto storiche, poi bisogna confrontarle con datazioni

effettuate con altri metodi.

Come si è visto nel paragrafo 14, infatti, ci sono numerose fonti di contaminazione che

possono portare a una datazione errata; chiaramente ogni laboratorio fa il possibile per

cercare di eliminare gli agenti contaminanti, ma non sempre essi si conosco e quindi

possono essere eliminati, oppure, pur conoscendoli, sono ineliminabili. La datazione col

quindi, pur essendo un metodo affascinante, è molto pericoloso e il più delle volte

inapplicabile.

Sono interessanti le parole del professor Michael Winter:

“Quando la datazione col conferma le nostre teorie, la mettiamo in risalto nella

trattazione principale. Quando non le contraddice per intero, la inseriamo nelle note a piè

di pagina. E quando essa risulta totalmente incompatibile con in valori attesi, la

ignoriamo”.

Quando? Metodi fisici per la datazione archeologica, Matteo Veglianti 25

Capitolo III

Datazione assoluta: altri metodi fisici

1. Termoluminescenza

Con il termine termoluminescenza si indica un fenomeno fisico di emissione

luminosa da parte dei cristalli di una sostanza. Tale fenomeno fu descritto per la

prima volta in epoca moderna da Robert Boyle nella seconda metà del XVII secolo.

Con il metodo della termoluminescenza si possono datare oggetti di argilla; tali

manufatti rappresentano i più abbondanti reperti di uno scavo archeologico e

pertanto la loro datazione fornisce un rilevante contributo allo studio di un sito.

Il metodo si basa sul fatto che nella argilla che costituisce il reperto sono contenuti

alcuni elementi radioattivi (in particolare gli elementi della famiglia dell’uranio e del

torio e il potassio-40) e piccoli cristalli che costituiscono delle impurezze. Ora, gli

elementi radioattivi emettono radiazioni che ionizzano gli atomi dei cristalli

contenuti nell’argilla (cioè li privano di elettroni), gli elettroni eccitati possono

ritornare al loro stato fondamentale (emettendo un fotone) oppure possono

rimanere intrappolati in siti all’interno del reticolo cristallino del cristallo. Questi siti

vengono chiamate trappole e l’elettroni intrappolato può uscirne sono se acquista

un energia sufficiente. Per alcune trappole l’energia necessaria per fuoriuscire è

piccola e quindi l’elettrone riesce a liberarsi solo grazie all’energia che acquista a

temperatura ambiente;

fortunatamente per noi, ci sono alcune

trappole talmente “profonde”

(energeticamente parlando), dalle quali

gli elettroni riuscirebbero a scappare

solo acquistando un energia elevata,

che di certo non corrisponde a quella

trasferita a temperatura ambiente

Figura 24: Grafico semplificato che rappresenta il livello (figura 24).

energetico delle buche: come si vede, un elettrone per uscire dalle

buche più profonde ha bisogno di più energia. Quindi queste trappole profonde

vengono riempite nei secoli:

conoscendo con che velocità si riempiono e quanto sono piene attualmente, è

possibile stimare l’età del campione.

Infatti supponiamo che la un pezzo di argilla, contenente più o meno elettroni

intrappolati, a seconda della sua età, venga in un certo periodo storico, lavorato per

creare un vaso. Al momento della cottura dell’argilla nel forno tutti gli elettroni

Quando? Metodi fisici per la datazione archeologica, Matteo Veglianti 26

acquisiscono energie molto elevate (di solito la cottura dell’argilla avviene a

temperature superiori di 500°C), in questo modo tutte le trappole riempite nei secoli

o nei millenni passati vengono svuotate poiché tutti gli elettroni acquistano energia

sufficiente a scappare (L’energia trasmessa agli elettroni è proporzionale alla quarta

potenza della temperatura: ). Nella tabella sottostante sono elencate le

profondità delle trappole energetiche e il valore della temperatura alla quali gli

elettroni acquistano energia sufficiente a scappare della trappola:

Profondità della trappola (eV) Temperatura di fuga (°C)

Quarzi:

0.80 85

0.84 110

1.42 190

1.66 240

1.68 310

1.80 375

Feldspati potassici

0.76 90

1.10 110

1.40 210

1.60 300

Quindi al momento della cottura dell’argilla, tutte le trappole si svuotano e inizia un

nuovo accumulo “archeologico” tanto più rapido quanto maggiore è l’intensità del

bombardamento da parte delle radiazioni, che dipende, oltre che dagli elementi

radioattivi contenuti nel campione, anche dal contributo dell’ambiente circostante e

dei raggi cosmici.

Ora, si può stimare la dose annua assorbita dal campione tenendo conto di queste

tre sorgenti radioattive (elementi radioattivi del campione, radioattività

dell’ambiente circostante e raggi cosmici).

La dose totale assorbita dall’ultima cottura ad oggi la si può misurare cuocendo

nuovamente il reperto e in questo modo tutte le trappole si svuoteranno di nuovo e

gli elettroni, scappando emettono fotoni, in una quantità direttamente

proporzionale al loro numero; quindi misurando l’intensità della luce emessa si

ricava la dose totale assorbita fino ad oggi.

A questo punto dividendo la dose totale per la dosa annua, si ottiene il numero di

anni trascorsi dall’ultima cottura del reperto ad oggi:

Quando? Metodi fisici per la datazione archeologica, Matteo Veglianti 27

Per stimare il numeratore, i campioni da trattare vengono ridotti in polvere di

diverso diametro (se di qualche μm si parla di campioni “fine grain”, se di qualche

centinaia di μm si parla di campioni “inclusion”) e poi trattati con acidi a infine

vengono riscaldati e si misura l’intensità totale di luce prodotta e in questo modo si

risale alla dosa assorbita, o meglio, la dose β-equivalente, cioè la dose β che

produrrebbe la stessa quantità di termoluminescenza della dose archeologica

risultante dai contributi delle radiazioni α, β, γ e dai raggi cosmici.

Per la stima del denominatore, come si è già detto, si devono conoscere le impurità

radioattive del campione e le rispettive attività, l’attività del luogo da cui proviene il

campione e l’attività dovuta ai raggi cosmici. Chiaramente queste grandezze sono

soggette a forti mutamenti nel corso di lunghi periodi di tempo (specialmente

l’attività dovuta ai raggi cosmici) e per questo le datazioni effettuate col metodo

della termoluminescenza hanno un errore del 5÷10% [11].

2. Risonanza di spin elettronico

Questo metodo di datazione è relativamente recente, dal momento che le prime

date affidabili sono stati ottenute agli inizi degli anni 80; esso si è affermato come

alternativo a quello della termoluminescenza e si è rivolto prevalentemente a

materiali quali lo smalto dei denti, i gusci dei molluschi, i coralli e, con minore grado

di affidabilità, le ossa. Si tratta in generale di materiali non idonei ad essere datati

con il metodo della termoluminescenza a causa della loro decomposizione durante il

processo di riscaldamento.

Il principio del metodo della risonanza di spin elettronico è lo stesso del metodo

della termoluminescenza, quindi la datazione anche in questo caso si riduce alla

formula:

Ora, il denominatore dell’espressione si misura con le stesse tecniche e le stesse

accortezze viste precedentemente. Quello che è differente, in questo caso, è la

tecnica usata per misurare la paleodose (la dose archeologica).

Per misurare la dose archeologica si misurano gli elettroni intrappolati nelle trappole

reticolari e per fare ciò si sfrutta la proprietà fisica degli elettroni di essere dotati di

Quando? Metodi fisici per la datazione archeologica, Matteo Veglianti 28

un movimento di rotazione (spin) attorno al proprio asse per effetto del quale essi,

essendo elettricamente carichi si comportano come aghi magnetici. La rivelazione

dell’intensità della loro presenza avviene ponendo un campione del materiale da

analizzare in un forte campo magnetico che costringe gli elettroni ad orientarsi con il

loro momento magnetico ( , in parte nel verso concorde e in parte

in verso discorde ad esso (a seconda del valore positivo o negativo dello spin).

In questa situazione stazionaria si invia sul campione un piccolo campo magnetico

oscillante il quale costringe gli elettroni ad oscillare con la sua stessa frequenza

(fenomeno che va sotto il nome di risonanza). Questo avviene poiché gli elettroni

assorbono l’energia trasportata dal campo magnetico; sapendo che l’energia

assorbita è pari a , ricordando, inoltre che , si trova il

valore della frequenza di risonanza: . Ponendo un campo magnetico

del valore necessario affinché ci sia la risonanza e misurando la corrispondente

energia assorbita, si può ricavare la dose archeologica del campione.

Questo metodo non è distruttivo e per effettuarlo basta anche un campione

dell’ordine del grammo; nonostante sia molto giovane, il metodo della risonanza di

spin elettronico è utilizzato con notevole successo in campo paleontologico. In Italia

esso è utilizzato per la datazione di ritrov

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