Non ho mai visto che sia stato raggiunto molto da coloro... che pretendevano di trafficare per il bene pubblico.
"La causa principale del progresso nelle capacità produttive del lavoro, nonché della maggior parte dell'arte, destrezza e intelligenza con cui il lavoro viene svolto e diretto, sembra sia stata la divisione del lavoro. In genere essa è più spinta nei paesi più industriosi che godono di un più alto livello di civiltà. Questo grande aumento della quantità di lavoro che, a seguito della divisione del lavoro, lo stesso numero di persone riesce a svolgere, è dovuto a tre diverse circostanze:
primo, all'aumento di destrezza di ogni singolo operaio;
secondo, al risparmio del tempo che di solito si perde per passare da una specie di lavoro a un'altra,
e infine all'invenzione di un gran numero di macchine che facilitano e abbreviano il lavoro e permettono a un solo uomo di fare il lavoro di molti.

Gran parte delle macchine di cui si fa uso nelle manifatture in cui il lavoro è suddiviso, furono invenzioni di comuni operai.
Nelle prime macchine a vapore (James Watt era uno scozzese contemporaneo di Smith) un ragazzo era espressamente occupato ad aprire e chiudere alternativamente la comunicazione fra la caldaia e il cilindro, a seconda che il pistone salisse o scendesse. Uno di questi ragazzi, a cui piaceva giocare con i compagni, osservò che, legando un laccio ad un'altra parte della macchina la maniglia della valvola che apriva questa comunicazione, la valvola si sarebbe aperta e chiusa senza bisogno della sua assistenza, lasciandolo libero di divertirsi con i suoi compagni di gioco. Ecco così che uno dei più notevoli perfezionamenti che siano stati apportati a questa macchina fin da quando fu inventata fu la scoperta di un ragazzo che voleva risparmiarsi il lavoro.
Non tutti i perfezionamenti delle macchine, però, sono derivati dalle invenzioni di coloro che le usavano abitualmente. Molti perfezionamenti sono stati realizzati grazie all'ingegnosità dei costruttori di macchine, quando costruirle divenne il contenuto di una professione specifica, e altri dalla ingegnosità dei cosiddetti filosofi o speculativi".
"I monopolisti, mantenendo il mercato continuamente a corto, non soddisfacendo mai pienamente la domanda effettiva, vendono i loro prodotti molto al di sopra del prezzo naturale e fanno salire i propri emolumenti, sia che consistano in salari sia che consistano in profitti, molto al di sopra del loro livello naturale: Il prezzo del monopolio... è in ogni possibile occasione il più alto che si può spremere dal compratore...".
"Non appena i capitali si sono accumulati nelle mani di singole persone alcune di loro li impiegheranno naturalmente nel mettere al lavoro gente operosa, a cui forniranno materiali e mezzi di sussistenza, allo scopo di trarre profitto dalla vendita delle loro opere o da ciò che il loro lavoro aggiunge al valore dei materiali... Il valore che gli operai aggiungono ai materiali si divide dunque in questo caso in due parti, una delle quali paga il loro salario, mentre l'altra paga i profitti di chi li impiega, e ciò in rapporto all'entità del capitale che ha anticipato per i materiali e i salari".
"Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro personale interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità. Ciascun individuo, impiegando il proprio capitale in modo da dare il massimo valore al suo prodotto, mira soltanto al proprio guadagno ed è condotto da una mano invisibile a promuovere un fine che non entrava nelle sue intenzioni... Non ho mai visto che sia stato raggiunto molto da coloro che pretendono di trafficare per il bene pubblico".
"Ogni sistema che cerca... di attirare verso una particolare specie d'industria una parte del capitale della società maggiore di quella parte che vi sarebbe attirata naturalmente... ritarda, anziché accelerare, il progresso della società verso la reale ricchezza e grandezza".
"Quando la quantità di un bene che vien portato al mercato scende sotto il livello della domanda effettiva... il prezzo di mercato salirà... Quando la quantità portata al mercato eccede la richiesta effettiva di un dato bene... il prezzo di mercato scenderà".
"Per quanto egoista si possa ritenere l'uomo, sono nettamente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe alle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l'altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla".
(Adam Smith, Scozia, 1723 - 1790, Ricchezza delle nazioni, Teoria dei sentimenti morali)
l primo pensiero di Smith riporta due espressioni "paesi più industriosi" e "più alto livello di civiltà" che oggi sarebbero considerate da molti offesa al 'politically correct' e al 'relativismo culturale' imperanti; ma per un buon funzionamento delle organizzazioni, compresa la loro capacità di fronteggiare i problemi, è necessario avere degli obiettivi dichiarati, riconoscere i meriti di chi li ha conseguiti, capire l'importanza della modernità e delle macchine (oggi diremmo della ricerca e della tecnologia) per perseguire l'efficienza e l'efficacia dei processi che implicano una maggiore ricchezza (oggi diremmo valore) per tutti gli attori interessati o comunque coinvolti (stakeholders).
Un altro aspetto interessante di questo pensiero è che Smith individua tre livelli, tutti importanti, in grado di contribuire alla creatività e alla innovazione dei processi e della tecnologia:
1) chi usa e impiega operativamente le macchine
2) chi progetta e costruisce le macchine
3) i filosofi e gli speculativi che si occupano di ricerca operativa, qualità e teoria dei sistemi.
La ricchezza delle nazioni, secondo Smith, dipende da due elementi: il numero di lavoratori produttivi e la produttività di ciascun lavoratore. Nel tempo la produttività aumenta man mano che progredisce la divisione del lavoro (Smith fu il primo a porre in evidenza il fatto che la ricchezza di una nazione, o di una organizzazione aumenta quando individui diversi collaborano specializzandosi nelle diverse attività necessarie alle creazione del prodotto), che è favorita dall'espansione dei mercati, a sua volta legata allo sviluppo economico.
Francesco Daveri, sul Sole-24 Ore del 13 Giugno 2004 scrive: "Fino a diecimila anni fa (se si pensa alla storia del genere umano come ad una giornata di 24 ore, ciò vuol dire: fino a due minuti e mezzo fa !) gli uomini vivevano in piccoli gruppi che basavano il loro sostentamento sulla caccia, sulla pesca e sulla raccolta dei frutti della terra e degli alberi. In quel contesto, la divisione del lavoro necessaria a procurarsi i mezzi per la sussistenza era molto limitata". Sino d'allora sembra però che gli uomini fossero principalmente cacciatori e le donne principalmente raccoglitrici. "Poi è cominciato un grandioso esperimento sociale, in cui la divisione del lavoro è divenuta sempre più pronunciata. Oggi ogni nostro gesto si basa, trae beneficio e qualche volta subisce gli effetti di una divisione dei ruoli e del lavoro tra noi stessi e una miriade di persone che non conosciamo (e che probabilmente non conosceremo mai).
Il primo punto da chiarire è come sia stato possibile arrivare ad un simile stato di cose (di cui la recente ondata di globalizzazione è solo la punta dell'iceberg). Senza peccare eccessivamente di determinismo, ciò deve essere perchè la delega della produzione di beni e servizi a estranei è tipica della società moderna, è socialmente vantaggiosa.
La divisione del lavoro consente, infatti tra l'altro, una più efficace condivisione dei rischi cui le nostre esistenze individuali sono inevitabilmente soggette".
"Nello stesso tempo, come sottolineava Adamo Smith, la divisione del lavoro consente a ognuno di specializzarsi nei compiti che sa fare meglio. Tutto ciò è andato a beneficio dell'efficienza e ha quindi accresciuto la probabilità di sopravvivenza. Ma questo non basta. Per spiegare perchè la divisione del lavoro si è affermata bisogna ricordare che ad essa sono associati non solo vantaggi per la società nel suo complesso, ma anche vantaggi individuali... Per generare i benefici della divisione del lavoro occorre che gli individui si attengano, nei confronti dell'infinita complessità del mondo che li circonda... alla capacità di ognuno di svolgere il proprio compito specifico senza porsi troppe domande escatologiche, come suggerito dal teorema della mano invisibile di Smith".
Oggi molti economisti sono più attenti a come viene suddivisa la torta piuttosto che alla sua dimensione: anche se essa è molto piccola poco importa, l'essenziale è che le parti siano eguali. Per Smith al contrario, l'aspetto più importante è la ricchezza totale, la dimensione della torta, e solo in secondo luogo ci si pone il problema della sua ripartizione (se la dimensione della torta è irrilevante lo sarà pure la sua suddivisione).
Le parti del pensiero di Smith sopra riportati illustrano argomenti cruciali relativi al funzionamento delle organizzazioni: alcuni di questi sono stati mal compresi e fieramente avversati dagli economisti moderni, alcuni sono stati del tutto dimenticati, altri infine vengono ricordati senza che la paternità sia riconosciuta ad il loro autore.