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N
Il punto di flesso, che indichiamo con è quello in cui si annulla la derivata
seconda: f’’(x) = 6 a x + 2 b = 0 x = – b / 3a
da cui N
Questo è valore che abbiamo utilizzato per il primo cambio di variabile con il
quale si è ottenuta l’equazione depressa. Quindi in termini geometrici deprimere
f
l’equazione equivale a spostare l’asse delle nel punto di flesso, ovvero
l’equazione depressa è quella che centra orizzontalmente il sistema di coordinate
f(x)
nel punto di flesso. Risulterà utile nel seguito il calcolo del valore di in
questo punto: 3 2 3
b b bc 2b bc
f = f(– b/3a) = – a + b – + d = – + d
N 3 2 2
27a 3a 27a 3a
9a – 2a , al
Ma anche questo è un valore noto corrispondendo, a meno del fattore
q N = (–b/3a , – 2aq)
parametro , cioè
I punti di minimo e massimo sono quelli in cui si annulla la derivata prima:
2
b – 3ac
b δ
2
f’(x) = 3 a x + 2 b x + c = 0 x = – = x
da cui M,m 2
9a N
3a
δ –p
Si osserva che: e pertanto l’equazione depressa in funzione dei nuovi
=
parametri diventa: δ
3 2
a y – 3 a y + f = 0
N
θ
e per il casus irreducibilis l’angolo sarà tale che: f
– q –2a q N
θ
cos 3 = = =
3 3
δ
3
δ 2a
– p 2a
11 Le ascisse dei due punti
sono quindi equidistanti
3 2
f(x) = x – 12 x + 45 x – 48 da quella del punto di
x
flesso di una quantità
N
δ –p
=
che chiameremo piccolo
determinante. Anche le
ordinate risultano equi-
f
distanti da quella del
N
punto di flesso di una
f M δ
3
h = 2a
quantità (ve-
δ
3
3
2aδ dasi appendice d). Con
N
f riferimento alla figura:
N δ
3
f = f 2a
δ
3
2aδ 3 M,m N
f Oltre che nel punto di
m flesso la funzione assu-
f
me il valore , in altri
δ δ δ
δ N
due punti le cui ascisse
x della
distano da
x x x N
m
M N δ
quantità: 3
Ed infine la funzione
assume il valore che ha
nel punto di massimo
relativo (risp. di minimo
relativo) anche nel punto la cui ascissa dista da quella del massimo (risp. del
δ.
3
minimo) di
Il quadro è ora completo; ma occorre una osservazione: per alcuni valori dei
δ
2
coefficienti il valore di potrebbe risultare nullo o negativo, in corrispondenza
dei casi nei quali la tangente alla curva nel punto di flesso risulti orizzontale
(derivata prima della funzione nulla in quel punto) o addirittura rivolta verso l’alto
(derivata prima positiva). E’ evidente che in questi casi la curva potrà intersecare
x
l’asse delle solo in un punto, quale che sia la sua posizione nel piano; e questo
∆
p
corrisponde al caso in cui è positivo e di conseguenza il discriminante non
δ
2
negativo. Quando invece è positivo c’ è la possibilità di intersecare l’asse
3
x |f | < |2aδ |
delle in più punti, deve essere però ; in questo caso l’equazione
N p
avrebbe tre radici reali; questo corrisponde al caso di negativo e di conse-
∆ 3
2 3
= q + p |q| < – p
guenza può essere negativo, se: 12
Esempi
Due esempi illustreranno le difficoltà in entrambi i casi.
Per prima prendiamo in considerazione l’equazione del grafico:
x – 12x + 45x – 48 = 0
3 2
i cui parametri sono:
2 2 2 3 3 2 3
∆
p = c/3a – b /9a = – 1 , q = bc/6a – b /27a – d/2a = – 2 , = q + p = 3 > 0
L’equazione ha pertanto una radice reale e due complesse coniugate.
Gli altri parametri sono:
3 2
f(x) = x – 12 x + 45 x – 48 x = – b/3a = 4
N
f = – 2aq = 4
N
δ = – p = 1
2
3 ∆ −
A = q + = 0.644689…
f 3
M 3 δ ∆ = −
B = q – 1.551133…
δ
3
2 a N −
A + B = 2,195822…
f N δ
3
2 a 3 δ A – B = 0,906444…
f m δ E le soluzioni:
δ
δ δ x
x x
x N m
M x = – b/3a + (A + B) = 1.804178…
1
x = – b/3a + ½ (A + B) + i 3 /2 (A – B) = 2.902089… + i 0.785003…
2 = – b/3a + ½ (A + B) – i 3 /2 (A – B) = 2.902089… – i 0.785003…
x 3
13 Sia data ancora l’equazione: – 7x + 14x – 8 = 0
x 3 2
i cui parametri sono: 2 3
∆
p = – 7/9 , q = 10/27 , = q + p = – 1/3 < 0
Siamo quindi di fronte ad un casus irreducibilis; applicando il metodo trigono-
metrico si ha: δ
= – b/3a = 7/3 , f = – 2aq = – 0,7407 , = – p = 7/9
x 2
N N
Quindi: θ δ θ
cos 3 = f / 2a = 0,7407 / 1.3718 = 0.3599… ; = 19.1066...°
3
N
e le tre radici sono: x = 7/3 + 2 sqrt(7/9) cos 19.1066...° = 4
1 = 7/3 + 2 sqrt(7/9) cos 139.1066...° = 1
x 2
x = 7/3 + 2 sqrt(7/9) cos 259.1066...° = 2
3 14
L’equazione quartica
La risoluzione dell’equazione cubica consentì la risoluzione delle equazioni
successive, quelle di quarto grado o quartiche. Sempre nella sua “Ars Magna”
Cardano riferisce che la formula risolutiva delle equazioni di quarto grado “era
dovuta a Ludovico Ferrari che l’ha scoperta dietro mia richiesta”. Analizziamo il
procedimento di risoluzione del Ferrari, ancora oggi utilizzato.
Sia data quindi una equazione di quarto grado:
4 3 2
a x + b x + c x + d x + e = 0 3
con a > 0; occorre anzitutto deprimerla del termine in x operando il cambio di
variabile: b
x = y – 4a
Si ottiene: 4 3 2
b b
b b
y – y – y – y –
a + b + c + d + e = 0
4a 4a
4a 4a
Che si può porre nella forma (vedi appendice e):
4 2
y + 2 A y = B y + C
avendo posto: 2
3
2 4 e
bc db
b c
b
3b 3b
c d
B = – –
A = – C = – + –
2 2
3
3
2 4 a
2a 4a
16a
8a
16a 256a
2a a
Il passo successivo, detto del completamento dei quadrati, consiste
2 in modo da ottenere al primo membro un
nell’aggiungere ad ambo i membri A
quadrato di un binomio: 4 2 2 2
y + 2 A y + A = A + B y + C
Ovvero: 2 2 2
(y + A) = A + B y + C
Si somma ora ad ambo i membri una quantità che lasci un quadrato al primo
membro e renda un quadrato anche il secondo membro; il polinomio da aggiun-
2 2
+ 2Aw + 2wy con w da determinare in modo che anche il secondo
gere è w
membro sia un quadrato:
2 2 2 2 2 2 2
(y + A) + w + 2Aw + 2wy = A + B y + C + w + 2Aw + 2wy
Ovvero: 2 2 2 2 2
(y + A + w) = 2w y + B y + (w + 2Aw + A + C)
Ora mentre il primo membro è comunque un quadrato, il polinomio a secondo
membro è un quadrato solo se il suo discriminante è nullo, cioè solo se:
2 2 2
∆ = B – 8 w (w + 2Aw + A + C) = 0
15 Ovvero: 2 3 2 2
B – 8 w – 16 A w – 8 A w – 8 C w = 0
3 2 2 2
8 w + 16 A w + 8 (A + C) w – B = 0
E’ questa è una equazione cubica la cui risoluzione ci darà almeno un valore di w
che annulando il discriminante del polinomio a secondo membro lo renderà un
quadrato; indicando con W questo valore il polinomio a secondo membro sarà:
2 2 2
(y + A + W) = 2W (y + B/4W)
1/2
Ovvero ponendo H = (2W) :
2 2 2 2
(y + A + W) = H (y + B/4W)
Che fornisce due equazioni di secondo grado:
2
y + Hy + (A + W + HB/4W) =
2
y – Hy + (A + W – HB/4W) = 0
Ognuna delle quali fornisce due soluzioni; si ottengono così le quattro soluzioni
della quartica depressa, dalle quali, sottraendo b/4a, si ottengono le quattro
soluzioni della nostra quartica completa. 16
Equazioni di grado superiore al quarto
La scoperta del metodo di risoluzione dell’equazione cubica e la relativa facilità
con cui sulla base di questa era stata scoperta quella dell’equazione di quarto
grado, che pertanto può essere considerata una immediata conseguenza della
prima, spinsero i matematici alla ricerca della soluzione delle equazioni di quinto
grado, se non ad un metodo per risolvere equazioni di qualsiasi grado:
n n-1
P(x) = a x + a x + … + a x + a = 0
n n-1 1 0
Ma per oltre due secoli dopo la pubblicazione dell’ Ars Magna (1545) di Cardano
solo pochi progressi. Una delle conseguenze immediate della ricerca fu la scoperta
dei numeri complessi; già Cardano ne aveva avuta l’intuizione, ma fu Bombelli
per primo a introdurre la nozione di numero complesso indicando tra l’altro le
proprietà dell’unità immaginaria:
2 3 4 5
i = – 1 ; i = – 1 ; i = – i ; i = 1 ; i = i . . .
Viete quindi aveva trovato che per ogni equazione la somma delle radici era pari
(a segno invertito) al rapporto tra il secondo ed il primo coefficiente:
Σ x = - a / a
i n-1 n
(per le equazioni di secondo grado questo corrispondeva alla nota regola per cui:
x + x = -b/a ) ed il loro prodotto era pari (a meno del segno) al rapporto tra
1 2
l’ultimo e il primo coefficiente:
Π n
x = (-1) a / a
i n-1 n
(per le equazioni di secondo grado questo corrispondeva alla nota regola per cui:
.
x x = c/a ).
1 2 P(x) a partire dall’ultimo
Descartes definiva la regola dei segni delle radici: in
a
coefficiente (o termine noto) si contano quante variazioni di segno si
o
presentano passando da un coefficiente al precedente; il numero di radici reali
positive è al più pari al numero di variazioni. La stessa operazione effettuata sul
P(-x)
polinomio ci dà il massimo numero di radici reali negative.
Ma l’attenzione era rivolta alle equazioni di quinto grado (o quintiche), per la
quale nonostante vi si dedicassero le migliori menti, si ebbero solo risultati molto
parziali: si trovò la soluzione per casi particolari, si ottennero depressioni fino ad
4 3
eliminare con Eulero i termini in x , x e x, ma niente risoluzione dell’equazione
generale.
Ma per capire cosa esattamente cercassero i matematici occorre fare alcune
precisazioni. Anzitutto, sebbene non detto esplicitamente, finora i coefficienti
delle equazioni sono stati ipotizzati reali. Sot