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Concetti Chiave

  • Il capitolo 23 de "I Promessi Sposi" è centrato sul colloquio tra il cardinale Borromeo e l'Innominato, in cui si discute del rapimento di Lucia.
  • Il cardinale accoglie l'Innominato con serenità e lo esorta a convertirsi, sottolineando la possibilità di redimersi e compiere il bene.
  • L'Innominato è profondamente toccato dalle parole del cardinale, portandolo a piangere e a riconoscere la sua colpevolezza e il desiderio di cambiare.
  • Il cardinale organizza la liberazione di Lucia, coinvolgendo Don Abbondio e altri personaggi per portare a termine il piano.
  • La conversione dell'Innominato rappresenta un momento cruciale, simbolo di speranza e trasformazione, che coinvolge vari aspetti della trama.

Indice

  1. Il Colloquio tra il Cardinale e l'Innominato
  2. L'Incontro con il Cardinale Borromeo
  3. Il Confronto Interiore dell'Innominato
  4. La Conversione dell'Innominato
  5. La Rivelazione del Rapimento di Lucia
  6. L'Organizzazione del Salvataggio di Lucia
  7. La Missione di Don Abbondio
  8. Il Viaggio verso il Castello
  9. I Pensieri di Don Abbondio
  10. L'Arrivo al Castello

Il Colloquio tra il Cardinale e l'Innominato

Il Ventitreesimo capitolo de “I Promessi Sposi”, vede sostanzialmente il colloquio tra il cardinale e l’innominato, dove questi rivela del rapimento di Lucia, al che il Borromeo fa chiamare a sé Don Abbondio per liberare la povera donna.

Ai personaggi che rimangono invariati si aggiunge la moglie del sarto, mentre i luoghi che fanno da sfondo alle vicende sono il castello dell’innominato, il paese vicino e l’osteria della Malanotte; i temi rimangono quelli che prevalgono ormai dall’inizio del romanzo.

L'Incontro con il Cardinale Borromeo

Il cardinal Borromeo, è intrattenuto a leggere qualcosa prima di recarsi in chiesa a svolgere le funzioni, come gli è solito fare durante il tempo libero, quando entra il cappellano crocifero, con un’espressione alquanto alterata, per riferirgli di una visita abbastanza singolare e unica, e dicendo che l’Innominato (con una pronuncia di timore) chiede di essere ricevuto. Inizialmente il cardinale si mostra entusiasto, e ordina perciò di farlo entrare immediatamente, al che il cappellano ribatte che si tratta di un famoso bandito e che potrebbe aver ricevuto l’incarico di assassinare il prelato: il Borromeo si mostra sorridente dinanzi a tanta ingenuità, precisando che è singolare che i soldati esortino il generale ad aver timore, quindi (dopo essersi rammentato che proprio il cugino S. Carlo sarebbe addirittura andato ad incontrarlo) comanda di farlo entrare, poiché ha atteso fin troppo. Il cappellano obbedisce agli ordini, pensando tra sé che i santi sono tutti ostinati, ed esce per raggiungere la stanza dove il bandito attende, in compagnia di alcuni curati che lo osservano e parlano tra loro. Il cappellano si rivolge al bandito, e dopo aver rinunciato di chiedere all’uomo di deporre le armi che probabilmente porta con sé, lo informa che il cardinale è pronto a riceverlo. L’Innominato lo segue e i due attraversano la piccola folla che osserva con molto stupore, mentre il cappellano sembra dire tramite lo sguardo che l’atteggiamento del cardinale è come al solito.

Il Confronto Interiore dell'Innominato

L’Innominato entra dunque nella stanza dove siede il cardinale, il quale lo accoglie con volto sereno e a braccia aperte, per poi ordinare al cappellano crocifero di congedarsi ed uscire. Rimasti soli, i due uomini rimangono qualche attimo in silenzio, quasi in attesa degli eventi: l’Innominato è logorato da quella insofferenza interiore e da due sentimenti opposti, cioè il desiderio di trovare un sollievo al suo tormento ma nello stesso tempo la vergogna di essere in quel posto, a supplicare un uomo come miserabile, nonostante però guardando il cardinale prova una certa venerazione per lui, che contribuisce ad attenuare l’orgoglio del bandito. Del resto, l’aspetto del Borromeo ispira non molta superiorità, e al tempo stesso, si fa amare, in quanto il suo portamento è maestoso e composto, lo sguardo vivace, i capelli bianchi, il pallore, tutto gli conferisce una pura freschezza, grazie anche alla pace interiore e alla speranza della futura beatitudine.

La Conversione dell'Innominato

Anche il Cardinale tiene per un po' lo sguardo sull’Innominato, per rilevare qualcuno dei suoi pensieri turbanti, convincendosi alla fine che forse la sua speranza verso quell’incontro non è del tutto scomparsa. Si rivolge infine al bandito manifestando la sua gioia per quella visita inattesa, anche se giunge come un rimprovero per il prelato: l’altro ne è alquanto sorpreso, e il Borromeo spiega che sarebbe toccato a lui recarsi dal bandito da molto tempo, al che l’uomo ribatte con tutto il suo stupore ricordando al cardinale la sua identità e domandandogli se il suo nome gli sia stato riferito a dovere. In realtà, aggiunge il cardinale, la consolazione che lui prova nel vederselo davanti, non potrebbe essere fatta da uno sconosciuto, in quanto egli ha spesso pregato per l’innominato, che considera come uno dei suoi figli e che avrebbe da tempo voluto abbracciare, anche se Dio è stato più sollecito. L’Innominato si mostra sbalordito dinanzi a tali parole, e rimane in silenzio, al che il cardinale lo esorta con buona speranza di dare la “buona novella” che lo ha spinto sicuramente a recarsi lì: il bandito ribatte che ha l’inferno nel cuore e non ha buone notizie da riferire al cardinale, ma questi afferma che dio gli ha di certo toccato l’animo e vuole convertirlo. L’innominato comincia col dire che non sa dove si trova questo “Dio” di cui sente spesso parlare, ma Federigo gli ricorda che nessuno può saperlo meglio di lui, che lo avverte nel cuore, perché ne è tormentato ma al tempo stesso attratto da lui. L’innominato dichiara che, in effetti, c’è qualcosa di grande che lo opprime e lo turba, ma, posto che il Dio di cui si parla esiste realmente, si chiede cosa mai potrebbe fare di lui: il cardinale motiva la sua risposta dicendo che Dio lo ha scelto per farne un esempio della sua gloria, superiore a quella misera che gli viene dalle molte voci che nel mondo si levano contro il bandito per criticarne le sue azioni. Ma se l’Innominato comprenderebbe e riconoscesse le sue colpe di fronte al mondo, allora questa sarebbe una gloria straordinaria per Dio, e non è certo il cardinale, che possa dire cosa farà del bandito e della sua eccezionale volontà, una volta che questa sia stata convertita al bene e infiammata dal pentimento. L’innominato, prosegue il cardinal, si è illuso di compiere grandi imprese al servizio del male, ma esse sono nulla dinanzi a quelle che compirà per il bene, dopo che si avrà convertito, mentre lui stesso è pieno della carità che Dio gli infonde e che lo sprona a dare negli ultimi giorni che gli restano da vivere, pur di vedere lo spettacolo della sua conversione.

Il discorso appassionato del Borromeo, commuove profondamente l’Innominato, il quale avverte salire le lacrime agli occhi, che non sono abituati a piangere sin dalla fanciullezza: alla fine delle parole di Federigo, il bandito si copre con le mani il volto e scoppia in un pianto a dirotto, che rappresenta la risposta più eloquente alle sollecitazioni del prelato. Il borromeo alza le mani e gli occhi al cielo e ringrazia la bontà divina, facendo poi per prendere la mano del bandito, il quale lo esorta a stare lontano per non contaminarlo, e benefica con la sua macchiata del sangue di tanti innocenti; il cardinale vuole invece stringerla, essendo certo che in futuro essa guarirà i torti compiuti e solleverà gli afflitti. L’Innominato esorta ancora Federigo a non trattenersi lì con lui, lasciando il popolo che è venuto a incontrarlo, ma il cardinale ribatte di preferire invece la pecorella smarrita e afferma che forse, Dio diffonde tra la gente la gioia per la conversione che ancora lui non conosce a fondo, aprendo poi le braccia e pregando l’uomo di accettare il suo gesto. Il bandito ha un attimo di esitazione, quindi abbraccia il cardinale e appoggia il volto in lacrime sulla spalla del prelato, mentre questi stringe la casacca dell’uomo che si è macchiato di così tanti e atroci delitti.

La Rivelazione del Rapimento di Lucia

L’innominato si stacca dall’abbraccio del Cardinale e ringrazia Dio per la grazia ricevuta, affermando di comprendere pienamente la cattiveria delle malefatte commesse, e di provare una gioia e un sollievo indicibili, cosa che Federigo attribuisce alla volontà divina di favorire la sua conversione e a riparare il male compiuto. Il bandito dichiara che potrà rimpiangere molti delitti compiuti, ma purtroppo, c’è un’impresa sciagurata che ha appena intrapreso e che si ritiene ancora in tempo per annullare: egli rivela al cardinale del rapimento di Lucia, descrivendo con parole di orrore tutti i tormenti che ha subito la giovane e aggiungendo che si trova ancora prigioniera nel suo castello. Il Borromeo osserva che questo è un segno del favore divino, poiché il bandito è in grado di fare subito una buona azione, perciò chiede all’uomo quale sia il paese da cui proviene la giovane. L’innominato glielo indica, e Federigo si affretta a chiamare con un campanello il cappellano crocifero, che rientra con non molta fretta e si stupisce vedendo l’Innominato in volto con gli occhi rossi di pianto, mentre sul volto del cardinale c’è un’espressione che esprime premura e contentezza. Borromeo domanda se tra i parroci riuniti nella sala accanto, vi sia anche quello del paese di Lucia, e il cappellano risponde di sì, al che il prelato ordina subito di farlo venire da loro insieme al curato del paese in cui si trovano attualmente.

L'Organizzazione del Salvataggio di Lucia

Il cappellano esce e raggiunge i curati radunati nella sala contigua, dove tutti lo osservano stupiti: egli alza le mani al cielo e afferma che c’è stato un miracolo reso possibile dall’intervento divino, quindi, dopo alcuni minuti di silenzio, chiede che si facciano avanti il curato di quella parrocchia, e quello del paese di Lucia, ovvero Don Abbondio. Il primo si fa avanti senza mostrare esitazioni, mentre il secondo si limita a chiedere, stupito, se è stato chiamato proprio lui, al che il cappellano ribadisce che il cardinale vuole parlargli subito. Don Abbondio avanza con passo incerto e con il volto stupito e indispettito; quindi, segue insieme all’altro sacerdote il cappellano che mostra una certa impazienza di fronte a tante resistenze. I tre rientrano nella sala dove si trovano l’Innominato e il Borromeo, il quale si rivolge al parroco della chiesa indicandogli di trovare una donna perché vada al castello con una lettiga a prendere Lucia, per consolarla e tranquillizzarla. Il curato, dopo aver riflettuto un momento, si congeda e si avvia ad eseguire quanto ordinato, dicendo di aver trovato la persona adatta per svolgere questa mansione, dunque il cardinale impone al cappellano di allestire una lettiga per il trasporto di Lucia, al che a sua volta esce anche l’uomo.

La Missione di Don Abbondio

Il Borromeo si rivolge pertanto a Don Abbondio, il quale si avvicina con devozione e per timore dell’Innominato, manifestando il suo stupore per essere stato convocato. Il cardinale lo informa che una sua parrocchiana, Lucia Mondella, si trova al castello del bandito e incarica il curato di recarsi in quel luogo insieme alla donna che il parroco del paese è andato a reperire, per liberare la giovane e portarla in salvo. Don Abbondio cerca, in un primo momento, di mascherare il suo disappunto per quell’incarico, ma si inchina profondamente subito dopo a entrambi i presenti, quindi il Borromeo gli chiede se Lucia abbia dei parenti, e il curato risponde che ha solo la madre Agnese, che si trova al loro paese. Il cardinale incarica perciò Don Abbondio di provvedere a far portare subito lì la donna con un calesse, e il curato ne approfitta per proporre di andare lui stesso al paese, usando come pretesto la sensibilità di Agnese, dicendo che potrebbe impressionarsi con un estraneo. Il cardinale ribatte che Don Abbondio è più utile altrove, ovvero al castello dove potrà andare per consolare la giovane, anche se non scende nei dettagli per urtare l’animo dell’Innominato lì presente: il prelato intuisce facilmente il curato è spaventato all’idea di viaggiare da solo con il bandito, e per evitare di parlargli in disparte, si rivolge all’Innominato per mostrare l’avvenuta conversione, chiedendogli di tornare a trovarlo presto in compagnia dello stesso curato, al che l’altro promette che lo farà senz’altro. Don Abbondio osserva come uno che guardi un cane famoso per la sua ferocia, che il padrone mostra come una bestia e al quale non si osa avvicinarsi, mentre rimpiange di non essere a casa propria. Il cardinale si appresta perciò a uscire insieme al bandito, e si rivolge a Don Abbondio temendo che si senta trascurato, sottolineando la straordinaria conversione avvenuta da parte del bandito: il curato ostenta la sua approvazione e fa un profondo inchino rivolto a entrambi, quindi il cardinale esce e tutti gli sguardi si concentrano verso quell’incredibile coppia, con il prelato che esprime compostezza e il bandito che mostra il suo pentimento. Don Abbondio segue invece i due senza far notare la propria presenza.

Il Viaggio verso il Castello

Il primo servitore del cardinale gli si avvicina per informarlo che la lettiga e le mule son pronte, mentre il curato è in arrivo con la donna che dovrà recarsi al castello con Don Abbondio e l’Innominato. Il prelato si congeda dal bandito con una stretta di mano, facendogli sapere che lo aspetterà da lì a poco, ed esce dunque per recarsi in chiesa accompagnato da tutti gli altri parroci presenti. Don Abbondio rimane solo l’Innominato, che ha il volto risentito al solo pensiero che presto potrà liberare Lucia, anche se questa sua espressione spaventa non di poco il curato: questi si limita, infatti, a guardarlo ed a domandarsi cosa mai possa dirgli senza apparire sgarbato. Don Abbondio pensa tra sé e sé che avrebbe potuto evitare di recarsi in quel posto per omaggiare il cardinale, e se la prende con Perpetua che quella mattina lo ha incoraggiato ad andare, mentre ora poteva essere al sicuro nella sua casa. Finalmente giungono il curato del paese e il servitore del cardinale, annunciando che tutto è pronto per la partenza, al che Don Abbondio incarica il parroco di provvedere di far venire lì Agnese, e poi di procurargli una mula più quieta, dal momento che il curato è un cavaliere inesperto (e gli viene detto che si tratta della mula del segretario del cardinale, anche lui poco propenso a cavalcare). Don Abbondio segue così a malincuore l’innominato nel cortiletto, dove il bandito riprende la sua carabina: questo gesto scatena abbastanza paura e terrore nell’animo del curato, anche se egli è abile a mascherare questi timori. I due raggiungono le due mule e la lettiga, e montano allora in sella: la lettiga si inizia a muovere portata da due mule e da un conducente, e la comitiva inizia ad attraversare il paese.

I Pensieri di Don Abbondio

Don Abbondio, l’Innominato e la lettiga passando dinanzi alla chiesa gremita di folla e attraversano una piazzetta anch’essa riempita di gente, che si fa largo al solo passaggio del famoso bandito, la cui conversione si è nel frattempo fatta sentire in paese. L’innominato si toglie il cappello e si inchina di fronte al popolo, imitato da Don Abbondio che si raccomanda al cielo e che si commuove sentendo gli altri parroci che cantano in chiesa. Poco dopo la comitiva abbandona l’abitato ed entra nell’aperta campagna, dove il curato è preso da cupi pensieri, e mantiene lo sguardo solo verso il conducente della lettiga, speranzoso che si tratti di un uomo onesto. Vorrebbe parlare con l’Innominato, anche per sincerarsi dell’avvenuto, ma lo vede talmente preso dai suoi pensieri che non osa aprir bocca, ed inizia a pensare tra sé riguardo gli avvenimenti a cui è protagonista. Se la prende coi santi e con i malfattori, che vogliono sempre coinvolgere nelle loro imprese le persone quiete come loro; maledice Don Rodrigo, che essendo ricco e potente potrebbe vivere senza pensieri e invece cerca solo di molestare donne e commettere crimini. Guarda furtivamente l’Innominato, domandandosi se si sia davvero convertito, accusandolo in cuor suo di aver commesso in passato ogni genere di delitto invece di vivere quietamente. Don Abbondio accusa addirittura il cardinale di aver subito accolto il bandito a braccia aperte, credendoci fin troppo circa il suo pentimento, al punto di affidargli la vita di un povero curato senza nemmeno qualche garanzia: sospetta allora che sia tutto un inganno e non riesce a immaginare in quale modo sia coinvolta la povera Lucia, lamentando il fatto che per tutto questo tempo lo abbiamo tenuto all’oscuro dei fatti. Il curato prova pensa per la ragazza e si rallegra che possa esser finalmente liberata, ma accusa di nuovo in cuor suo di essere l’origine di tutti i suoi guai e desidererebbe poter leggere in cuore all’Innominato per comprendere come stanno realmente le cose, raccomandandosi nuovamente al cielo.

L'Arrivo al Castello

Intanto sul volto del bandito si alternano espressioni opposte, che passano dal pensiero della misericordia alla terribile memoria del passato, che lo spinge a pensare quali imprese iniziate sia ancora in tempo di interrompere, cosa fare dei suoi complici, come riparare i mali commessi. È impaziente di liberare Lucia, anche se ha ripugnanza pensando che la giovane soffre a causa sua, per cui sollecita il conducente della lettiga ad affrettare il passo indicandogli la strada da percorrere. Da lì a poco entrano nella valle che conduce al castello, e Don Abbondio è preso dalla paura al solo ricordo delle terribili storie ascoltate su quel famigerato luogo, specialmente quando iniziano a farsi vedere i primi bravi che si inchinano rispettosi al bandito. Il povero curato rimpiange di non aver fatto sposare Renzo e Lucia; quindi, la comitiva percorre un sentiero sconnesso e passa ben presto di fronte alla Malanotte, sotto gli sguardi sorpresi dei bravi che non riescono a spiegarsi cosa mai possa essere avvenuto. Il gruppo raggiunge brevemente la cima della salita, e dietro l’Innominato, che fa da guida, la lettiga e don Abbondio entrano nel castello tramite due cortili interni, finché arrivano ad un’entrata e il bandito scende dalla mula. L’uomo la lega ad un’inferriata e comanda un bravo di non far passare nessun’altro; dunque, si rivolge alla donna dentro la lettiga esortandola a consolare subito Lucia, facendole capire che sta per essere liberata e consegnata in mano a delle persone fidate. L’Innominato si rivolge poi a Don Abbondio con sguardo sereno e lo rassicura accennando all’opera di misericordia che sta per compiere, aiutandolo poi a smontare dalla mula: il curato torna finalmente a respirare di sollievo, e si affretta a complimentarsi con il bandito, per poi seguirlo dentro il castello insieme alla donna.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema centrale del colloquio tra il Cardinale Borromeo e l'Innominato?
  2. Il tema centrale del colloquio è la conversione dell'Innominato, che avviene attraverso un confronto interiore e il dialogo con il Cardinale Borromeo, il quale lo guida verso il pentimento e la redenzione.

  3. Come reagisce il Cardinale Borromeo alla richiesta di incontro dell'Innominato?
  4. Il Cardinale Borromeo accoglie con entusiasmo la richiesta di incontro dell'Innominato, nonostante i timori del cappellano, e lo riceve con serenità e apertura, dimostrando fiducia nella possibilità di redenzione del bandito.

  5. Quali sentimenti prova l'Innominato durante il colloquio con il Cardinale?
  6. L'Innominato prova un conflitto interiore tra il desiderio di sollievo e la vergogna per la sua condizione, ma anche una crescente venerazione per il Cardinale, che lo aiuta a superare il suo orgoglio e a commuoversi fino alle lacrime.

  7. Qual è la reazione dell'Innominato alla proposta di conversione del Cardinale?
  8. L'Innominato è inizialmente scettico e tormentato, ma le parole del Cardinale lo toccano profondamente, portandolo a piangere e a riconoscere la bontà divina, accettando infine l'abbraccio del Cardinale come segno di conversione.

  9. Quali azioni vengono intraprese per liberare Lucia dopo la rivelazione del suo rapimento?
  10. Dopo la rivelazione del rapimento di Lucia, il Cardinale Borromeo organizza il suo salvataggio incaricando Don Abbondio di recarsi al castello dell'Innominato con una donna e una lettiga per liberare e confortare la giovane prigioniera.

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