Concetti Chiave
- Luigi Capuana, esponente del Verismo, racconta una tragica vicenda nel suo romanzo "Il Marchese di Roccaverdina" attraverso una narrazione onnisciente.
- Il protagonista, Antonio Schirardi, è un nobile siciliano la cui passione per Agrippina Solmo lo conduce a compiere atti immorali, culminando nella follia.
- La struttura del romanzo è divisa in sei sequenze che seguono l'evoluzione psicologica e morale del Marchese, dalla condanna di un innocente fino alla sua completa degenerazione mentale.
- Ambientato nella Sicilia dell'Ottocento, il romanzo riflette la società dell'epoca, evidenziando il contrasto tra aristocrazia e mondo contadino.
- Capuana utilizza una scrittura paratattica e figure retoriche per analizzare minuziosamente la psicologia dei personaggi e documentare la realtà siciliana del tempo.
Indice
Luigi Capuana e il verismo
Fonte: edizione elettronica di “Il Marchese di Roccaverdina del dieci gennaio duemiladue di www.liberliber.it
Luigi Capuana (Mineo milleottocentotrentanove- Catania millenovecentoquindici) fu uno dei massimi esponenti del Verismo italiano, del quale è considerato il teorico. Migrato da Mineo, si trasferisce a Firenze, poi a Milano e poi a Roma, dove svolge le professioni di giornalista e critico d’arte, per poi diventare anche professore di Letteratura Italiana, prima all’Istituto superiore di Magistero a Roma e poi all’Università di Catania. Il suo capolavoro, nell’ambito del Verismo, è sicuramente il suo romanzo “Il Marchese di Roccaverdina” (millenovecentouno), ma anche “Giacinta”.
Trama e struttura del romanzo
La voce narrante, nell’opera, è quella dell’autore; esterno e omnisciente. Questi narra i fatti a focalizzazione zero, raccontando una vicenda tragica, poiché il protagonista, a seguito delle azioni immorali che commette, giungerà alla pazzia, ma allo stesso tempo d’amore; sono infatti la passione e il desiderio nei confronti di Agrippina Solmo che lo costringono a compiere il delitto del quale si macchia e, a catena, tutti gli altri terribili gesti che da lì scaturiscono.
La confessione e la conversione
La narrazione può essere suddivisa in sei sequenze di tipo narrativo. La prima coincide con i primi sei capitoli (da pagina quattro a ventitre) e potrebbe essere titolata “La condanna di Neli” poiché focalizzata sulle dinamiche del processo per l’omicidio di Rocco Criscione, factotum del protagonista, dove il Marchese, reale colpevole, in seguito alla condanna di Neli Casaccio, gioisce, lasciando scontare la propria pena ad un innocente. La seconda, invece, è costituita dai capitoli da sette a undici (da pagina ventitre a quarantuno), ed un potenziale titolo potrebbe essere “La confessione e successiva conversione”; infatti qui si consuma la confessione a don Silvio, parroco del paese, il quale, però, si rifiuta di assolverlo visto il suo mancato pentimento. Qui il Marchese ammette la sua colpevolezza e confessa di aver ucciso Rocco perché, dopo averlo costretto a sposare Agrippina senza avere rapporti con lei, per averla tutta per sé, aveva sospettato dei due. Subito dopo, poi, il Marchese si riavvicina al cugino, il Cavalier Pergola, che gli propone dei libri proibiti dalla Chiesa, i quali suggellano la sua conversione, nell’illusione di allontanare dal suo animo il peso delle ingiustizie commesse.
Il matrimonio e la pazzia
Nella terza, composta dai capitoli da dodici a diciotto (da pagine quarantuno a sessantasei), per la quale un potenziale titolo è “Benvenuta Zòsima, addio Agrippina”, il protagonista, sotto pressione della zia, baronessa di Lago Morto, e alla luce della nuova dottrina abbracciata, chiede a Zòsima di sposarlo. La proposta è accettata dalla donna che, d’altro canto, ha fatto il voto di non sposare prima dell’arrivo della pioggia; così egli accetta di aspettare. Nello stesso tempo due forestieri giungono da Modica per chiedere la mano di Agrippina, la richiesta viene assecondata, frenando però la gelosia. Finalmente nella quarta sequenza, dal probabile titolo “Un triste matrimonio” (da capitolo diciannove, pagina sessantasei, a ventisette, pagina novantanove), arriva la pioggia, e, dopo qualche indugio da parte del Marchese, causato anche dal conflitto interiore tra scienza e religione in seguito alla repentina conversione del cugino in punto di morte e successiva riconversione una volta scampato il pericolo, si fa il matrimonio, ma questo non risulta felice, perché costantemente influenzato dal pensiero di entrambi, l’una per gelosia, l’altro per la sua mancanza, di Agrippina. Nel frattempo inoltre Neli Casaccio muore in prigione. Un titolo per la quinta sequenza (da capitolo ventotto, pagina novantanove, a trentuno, pagina centododici) può essere, invece, “La completa degenerazione della morale del Marchese”, in quanto egli, impassibile, lascia impiccare Santi Dimauro, che fa tale gesto in seguito ad un suo sopruso. Così, in seguito a questa serie di gesti riprovevoli, ecco che arriva la pazzia nella sesta ed ultima sequenza intitolabile “La pazzia: addio Zòsima, bentornata Agrippina”, a partire dal trentatreesimo capitolo (pagina centoquattordici), nel quale egli dà i primi segni di vacillamento, per poi degenerare assalito dalla vera e propria demenza, in occasione della quale Zòsima si tira subito indietro, abbandonandolo, mentre Agrippina, dimostrando la sua totale fedeltà, scappa addirittura da Modica per accudire l’amato in un momento così critico, nonostante egli, nel delirio, avesse svelato la propria colpevolezza dell’omicidio.
In virtù di quanto affermato, perciò, la rottura dell’equilibrio si ha durante la confessione a don Silvio, mentre il momento di massima tensione è durante i primi segni di follia del marchese, quando si inizia a percepire l’imminente degenerazione. Il racconto presenta un rapporto tra fabula e intreccio alterato, per il ricorrente utilizzo di flash-back con i quali si ricordano l’omicidio o l’amore consumatosi tra la Solmo e il Marchese.
Personaggi e introspezione psicologica
Il protagonista è, come suggerito dal titolo stesso, Antonio Schirardi Marchese di Roccaverdina, un nobile della Sicilia della seconda metà dell’ottocento. Questi è un personaggio sicuramente dinamico, la sua evoluzione tuttavia avviene in peggio; tanto è vero che, da una condizione iniziale di normalità, passa ad una, finale, di pazzia e delirio, a causa delle immorali azioni commesse, senza però pentirsi di ciò che ha fatto, quindi migliorare sotto questo profilo. Egli viene presentato “a tutto tondo”; infatti l’autore lo ritrae in tutti i suoi aspetti, soffermandosi principalmente su quello psicologico ed ideologico, che fungono da vero soggetto dell’opera, dove emerge una fortissima introspezione psicologica. La figura del Marchese e la relativa personalità appaiono molto complesse, anche a causa della passione per Agrippina, ardente in lui che deve combattere con il peso del misfatto commesso per gelosia di lei, il quale deve però d’altro canto essere tenuto nascosto. Ad aggravare il tutto vi è poi l’influenza del cugino Pergola, che lo avvicina a libri proibiti dalla Chiesa, leggendo i quali Antonio diventa ateo, per poi finire col perdere qualsiasi certezza, in mezzo alle mille domande che, alla luce di tutte le nuove letture fatte e della repentina conversione del cugino in punto di morte, con relativa riconversione dopo la guarigione, inizia a porsi; ad esempio da pagina settantanove, riga quarantanove “E pensava che il mondo era un inesplicabile enimma.” a ottanta, riga due “…presagio di sinistri avvenimenti.” si interroga sul senso della vita, mentre a pagine ottantatre ottantaquattro, da riga tredici “Parlava e aveva paura della sua voce” a trentotto “… O continuava a sognare ad occhi aperti?” oggetto dei suoi pensieri è il dilemma scienza-religione.
Ruoli simbolici e relazioni
All’ interno del romanzo rilevanti sono anche altri personaggi; il cavalier Pergola e don Aquilante assumono ruoli simbolici, poiché uno rappresenta la “scienza” (pagina trentotto righe ventinove e trenta “In quanto alla religione… No! No! Il cugino Pergola, con quei libri proibiti, aveva dato l’anima al diavolo. Era protestante, frammassone, ateo; bestemmiava peggio di un turco…”), l’altro la “misticità” (pagina quattro, da riga trentacinque “> dicevano tutti” a quaranta “…accrescevano l’effetto della solita e invincibile impressione” ), che sono i due elementi che dividono il protagonista, gettandolo nello scompiglio. Tuttavia l’importanza maggiore è assunta da due donne: Agrippina Solmo e Zòsima Mugnos, rispettivamente la ex-amata e la neomoglie del protagonista. Nello svolgimento della vicenda la prima si configura come il ritratto della fedeltà; ella è colei che nonostante tutte le malvagità commesse dal Marchese, anche nei suoi confronti, continua ad amarlo, nonostante la sua pazzia e la rivelazione della sua colpevolezza. È proprio la fedeltà ciò che conquista Antonio, il quale al momento della sua confessione a don Silvio rivela: “Per quasi dieci anni l’avevo vista davanti a me umile, ubbidiente come una schiava, senza ambizioni di sorta alcuna. Questo formava il suo potere sul mio cuore.” (pagina trentadue, riga trentuno). In contrapposizione ad essa, la seconda, Zòsima, è colei che sposa il Marchese in un matrimonio che è per entrambi di convenienza; infatti la donna, essendo caduta in povertà, ha la necessità di risollevare la propria sorte, mentre per lui questo costituisce un buon mezzo per celare il suo vero amore. Tuttavia il matrimonio non è dei più felici (pagina novantatre da riga otto “Così tra la marchesa e lui sin dai prime settimane della loro vita in comune, si era interposto qualcosa” a diciassette “…non le sembrava un buon segno”); lui la trascura e lei non si sente amata e vive nell’ invidia dell’“altra” (pagina centoundici riga trentasette “ La sua gran nemica ella l’aveva subito ritrovata, invisibile, ma presente in quella casa dove si era lusingata di regnare sola e senza contrasti.”), subito pronta ad abbandonare il marito nel momento della pazzia ed assolutamente non disposta a perdonargli l’omicidio commesso.
Ambientazione e contesto storico
La storia si svolge in Sicilia, nella zone di cui Antonio Schirardi è marchese, dunque in particolare a Ràbbato e Margitello. Tutti i luoghi sono reali e l’autore li descrive in diversi occasioni, soprattutto per sottolineare la siccità che li vessava in quel periodo, ad esempio a pagina trentacinque, riga cinquantuno, e cinquantadue, fino a riga due “Essi se ne andavano a uno a uno, a due, voltandosi indietro per dare un ultima occhiata a quel cielo limpidissimo, a quelle campagne riarse, a quei monti lontani che non erano coperti di neve e dietro i quali non si affacciava da mesi uno straccio di nuvoletta”. L’ambiente sociale del protagonista è sicuramente quello aristocratico, ma esso si presenta come una macchia all’interno dell’altro polo della società: il popolo; infatti la realtà contadina riveste un ruolo importante nel corso della storia. È proprio un contadino, Santi Dimauro, ad essere una delle vittime, seppur indiretta, del Marchese, che lo costringe a vendergli il suo fondo per settanta onze, togliendogli tutto ciò che possedeva e per cui aveva lavorato una vita. Gli spazi descritti sono tanto aperti quanto chiusi. Le scene della vita matrimoniale del protagonista, a riprova di ciò, sono tutte all’interno di abitazioni, o anche quelle che descrivono i momenti da lui passati in “società”, che hanno luogo nel Casino. Tuttavia non mancano scene all’aperto, come quando si ritira con i suoi pensieri nella collina sopra Margitello. Spesso lo spazio si carica di significati affettivi, ne è un esempio la stanza dove è custodito il crocifisso, fonte di tanta angoscia per il protagonista, poiché aveva avuto con esso un inquietante episodio da bambino, descritto a pagina ventotto, da riga quarantatrè “E si arrestò con un senso di puerile paura” e ventinove, fino a riga dieci “…sembrava piangesse anch’essa”. Oltre a ciò figurano inoltre paesaggi antropocentrici; infatti, il giorno della confessione a don Silvio, il cielo sembra voler preannunciare in ogni modo una simile rivelazione; è in pieno svolgimento una tremenda tempesta, descritta, a tratti, durante l’intero corso della confessione, da pagina ventinove a trentaquattro (ad esempio a pagina ventinove, riga ventisei “quella sera sembrava che i venti di levante e di tramontana si fossero dati la posta a Ràbbato per una sfida di gara; e soffiavano fischiavano, stridevano, urlavano, …”), con immagini tanto più forti, quanto più la confessione si fa interessante.
Tempo e stile narrativo
L’opera è ambientata nell’ottocento, cosa che Capuana lascia dedurre facendo riferimento ad alcuni fatti storici; a tal proposito si parla dei moti rivoluzionari del quarantotto (pagina novantanove, riga trentasei “Ma nel quarantotto, la rivoluzione rimise in libertà tutti i galeotti”), ai quali il padre del protagonista aveva partecipato (pagina settantaquattro, riga undici “ e suo padre nel quarantotto? Capitano della guardia nazionale…”), si fa poi riferimento anche ad alcuni re che avevano governato in quel periodo (pagina settantaquattro, righe tredici e quattordici “Almeno con Ferdinando Secondo e Francischiello si stava tranquilli!”). Questi elementi permettono dunque di dedurre che il tempo è reale. L’arco temporale coperto dalla storia, dai riferimenti dati nella narrazione, potrebbe essere di due o più anni, tuttavia non è specificato; a pagina sessantatre è passato un anno dall’omicidio, a riga undici si dice infatti “…da più di un anno, la sua vita era una continua ipocrisia”, e a pagina novantacinque sono passati sei mesi dal matrimonio. Il tempo del racconto è rallentato da numerose pause che si soffermano sull’introspezione psicologica dei personaggi (ad esempio a pagina novantadue e novantatre, da riga quarantadue “egli però non poteva fare a meno di rammendare, di paragonare…” a riga sette “…legandola inconsideratamente alla sua minaccia”, si dà spazio alla descrizione dei sentimenti del Marchese sia per Zòsima che per Agrippina, mettendoli a paragone) o sulle rappresentazioni dei paesaggi rurali dei luoghi che fanno da sfondo all’opera, ponendo in rilievo la siccità estenuante di quei mesi (pagina ventisei, da riga dieci “
Sintassi e stile letterario
La sintassi utilizzata è prevalentemente paratattica con periodi piuttosto lineari e semplici. La lingua si presenta al contempo formale e realistica; l’autore introduce difatti delle espressioni in latino, utilizzate in qualità di modi di dire (pagina sei, riga cinquanta “errare humanum est”), dei termini (pagina settantaquattro riga dieci “carbonaro”) ed espressioni dialettali (pagina centoquattro, riga trentacinque “>”), oltre a sporadici modi di dire (pagina settantasei, riga cinquantadue “bisognava battere il ferro mentre era caldo”).
Sul piano stilistico, l’uso di figure retoriche conferisce maggiore efficacia alle immagini proposte. Molteplici sono le metafore (come a pagina ottantasei, riga venticinque “Siamo fragili steli che il vento fa piegare di qua e di là secondo la parte da cui soffia”) e le similitudini (ad esempio a pagina quaranta riga trentatre “tutte le cose lette e rilette gli crollavano nella mente come un giuoco di carte”), ma non mancano anche litoti (pagina quarantatre, riga ventuno “non meno grande il timore”) e ossimori (pagina sessantanove, riga trenta “sordo impeto” o pagina centododici, riga quarantatre “dolorosa ironia”), oltre ad un esempio di sineddoche (pagina quarantacinque, riga cinque “senza pronunciare un monosillabo”, dove monosillabo sta per parola) ed alcuni termini onomatopeici (pagina quarantasei, riga cinquantuno “tintinnio” per indicare il suono dei sonagli delle mule). Tutto ciò assieme alla punteggiatura, frequenti sono infatti i punti di sospensione, rende il ritmo piuttosto lento.
Obiettivi dell'autore
L’autore con quest’opera vuole probabilmente far soffermare il lettore sulla psicologia dei personaggi, analizzandoli in maniera attenta e minuziosa e, allo stesso tempo, documentare in modo oggettivo la realtà della Sicilia del tempo. Questi elementi fanno sì, perciò, che l’opera risulti un misto tra la eco del Naturalismo francese, per la scrupolosa analisi della psicologia dei personaggi, ed il Regionalismo italiano, teorizzato ed iniziato da Capuana stesso, dando spunto poi ad altri autori, quali Verga, che, con risultati addirittura maggiori, si dedicò anch’egli all’analisi del panorama siciliano ottocentesco.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del romanzo "Il Marchese di Roccaverdina"?
- Come è strutturata la narrazione del romanzo?
- Quali sono i personaggi principali e il loro ruolo nel romanzo?
- In quale contesto storico e geografico è ambientato il romanzo?
- Quali sono le caratteristiche stilistiche e linguistiche del romanzo?
Il tema principale del romanzo è la degenerazione morale e psicologica del protagonista, il Marchese di Roccaverdina, a causa delle sue azioni immorali e della passione per Agrippina Solmo, che lo portano alla pazzia.
La narrazione è suddivisa in sei sequenze narrative, ognuna con un focus specifico, che seguono l'evoluzione del protagonista dalla condanna di Neli Casaccio fino alla sua pazzia finale.
I personaggi principali includono il Marchese di Roccaverdina, Agrippina Solmo, Zòsima Mugnos, il cavalier Pergola e don Aquilante. Ognuno di loro rappresenta diversi aspetti della vita del Marchese, come la passione, la fedeltà, la scienza e la misticità.
Il romanzo è ambientato nella Sicilia della seconda metà dell'Ottocento, in particolare nelle zone di Ràbbato e Margitello, e fa riferimento a eventi storici come i moti rivoluzionari del 1848.
Il romanzo utilizza una sintassi paratattica con un linguaggio formale e realistico, arricchito da espressioni in latino, termini dialettali e figure retoriche come metafore e similitudini, che conferiscono un ritmo lento alla narrazione.