Concetti Chiave
- Seneca, nella lettera 47 delle Epistolae ad Lucilium, sostiene l'uguaglianza tra uomini liberi e schiavi secondo il diritto naturale.
- La società del tempo è criticata per la sua dipendenza dalla manodopera schiavile, evidenziando una schiavitù delle passioni anche nei liberi.
- Si promuove un comportamento verso i sottoposti basato sul trattamento che si desidera ricevere dai superiori.
- Seneca apprezza l'umanità di Lucilio nel trattare gli schiavi con familiarità, come amici e compagni.
- Il filosofo difende l'amico contro le critiche, affermando che gli schiavi sono anche uomini e soggetti ai capricci della sorte.
La modernità della riflessione di Seneca , già osservata a proposito dell’analisi della società a lui contemporanea e del comportamento umano, emerge con chiarezza dalla lettera 47 delle Epistolae ad Lucilium. Vi si sostiene infatti, in linea con i dettami della filosofia stoica, l’uguaglianza tra uomini liberi e schiavi dal punto di vista del diritto naturale, in cui una società che delegava tutto il lavoro alla manodopera schiavile; si ravvisa una forma di schiavitù in ogni individuo giuridicamente libero ma dipendente dalle passioni; si suggerisce di comportarsi verso i sottoposti nel modo in cui si vorrebbe essere trattati dai superiori.
Seneca apprende con compiacimento che l’amico Lucilio, da lui accompagnato nel percorso di crescita morale attraverso le epistole, tratta con familiarità gli schiavi, dando prova di humanitas. Con una serie di brevi ed efficaci affermazioni, il filosofo sostiene quindi l’amico contro chi reputa inadeguato e disdicevole un comportamento di tal genere: sono schiavi , ma anche uomini, compagni di abitazione, umili amici e , come tutti, schiavi dei capricci della sorte.“Libenter ex iis qui a te veniunt cognovifamiliariter te cum servis tuis vivere: hocprudentiam tuam, hoc eruditionem decet. 'Servi sunt.' Immo homines. 'Servi sunt.' Immocontubernales. 'Servi sunt.' Immo humilesamici. 'Servi sunt.' Immo conservi, sicogitaveris tantundem in utrosque licerefortunae.”