Perduto l’appoggio del più forte degli eroi a causa della contesa fra Achille e Agamennone, inizia per l’ esercito acheo un periodo di grandi difficoltà, nonostante che, per breve tempo, una proposta di Ettore sembri far balenare la speranza di una rapida fine del conflitto. Mentre l’esercito degli Achei e quello dei Troiani stanno per affrontarsi in battaglia campale, nella pianura prossima alle mura della città e le due schiere sono romai vicine, dalle file dei Troiani si fa avanti il bellissimo Paride, completamente armato, sfidando uno qualunque dei campioni achei a duellare con lui.
Non appena lo vede, Menelao, salta giu dal carro, pronto alla lotta, ma Paride, quando scorge chi è il suo avversario, torna subito a nascondersi in mezzo ai compagni, pieno di paura. Il suo vile comportamento non sfugge all’attenzione di Ettore , che assale il fratello, con una tempesta di rimproveri, allora Paride, riconoscendo di essersi pienamente meritato gli insulti dell’eroe, si dichiara pronto ad affrontare in duello Menelao. Chi dei due sarà vincitore, otterrà Elena con i suoi beni e la guerra avrà fine. Lieto che Paride dimostri finalmente un po di coraggio, Ettore avanza in mezzo agli eserciti opposti, mostrando di voler parlare. La proposta del duello viene immediatamente accettata, a patto però che lo stesso Priamo si rechi sul campo, per sancire solennemente il patto giurato con la sua autorevole presenza. Ettore invia allora due araldi in città, perché invitino il re e portino gli agnelli da immolare per consacrare l’accordo, lo stesso fa Agamennone, mandando i suoi araldi alle navi a prendere la vittima destinata al sacrificio. Nel frattempo, Iride, la messaggera degli dei, assunte le sembianze di Laodice, una delle figlie di Priamo, si reca da Elena, invitandola a salire sulle mura, per assistere al duello con il quale si deciderà la sua sorte. Accompagnata da due ancelle, la bellissima donna si reca subito alle porte Scee, dove si trovano anche il re Priamo e i suoi consiglieri, che, ormai troppo anziani per combattere, assistono dall’alto delle mura a tutto quanto accade.
“οἳ δ' ὡς οὖν εἴδονθ' Ἑλένην ἐπὶ πύργον ἰοῦσαν,
ἦκα πρὸς ἀλλήλους ἔπεα πτερόεντ' ἀγόρευον·
οὐ νέμεσις Τρῶας καὶ ἐϋκνήμιδας Ἀχαιοὺς
τοιῇδ' ἀμφὶ γυναικὶ πολὺν χρόνον ἄλγεα πάσχειν·
αἰνῶς ἀθανάτῃσι θεῇς εἰς ὦπα ἔοικεν·
ἀλλὰ καὶ ὧς τοίη περ ἐοῦσ' ἐν νηυσὶ νεέσθω,
μηδ' ἡμῖν τεκέεσσί τ' ὀπίσσω πῆμα λίποιτο.”