Gerson Maceri
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Concetti Chiave

  • Maria di Francia raccoglie e mette in poesia i lais bretoni per preservarli dall'oblio, dedicando la raccolta al re.
  • Ogni lai racconta storie di amore, avventura e tradimento, spesso con elementi soprannaturali che risolvono situazioni impossibili.
  • Tra i temi ricorrenti vi sono l'amore segreto, le prove di fedeltà, e i conflitti tra sentimenti personali e doveri sociali.
  • Il commento finale sottolinea l'approccio innovativo di Maria, che si discosta dai modelli tradizionali per adottare uno stile personale e moderno.
  • Maria si distingue per uno stile narrativo paragonato a un "Decoupage", con scene brevi e intense, e un uso sapiente dei toni e delle misure.

Lais – Maria di Francia

Prologo: l’autrice dice di avere ascoltato dei lais, e di averli voluti raccogliere, rimare e mettere in poesia affinché non cadessero in oblio e si perpetuassero, com’era intenzione originaria. La raccolta è dedicata al re.

I – Guigemar: è una avventura vissuta in Bretagna Minore al tempo degli antichi. Guigemar era il bellissimo figlio del barone di Leon. Giunta l’età, il ragazzo, riccamente vestito dal re, cercò gloria nelle Fiandre. La natura nel crearlo però non gli diede alcun pensiero d’amore.
Nel fiore del prestigio, Guigemar torna a corte, indice una caccia e colpisce con l’arco una cerva. Ma la freccia tornò indietro e lo trafisse alla coscia. La cerva disse che potrà risanarlo solo colei che per lui soffrirà grandi pene d’amore e viceversa.
Fuggito lontano, Guigemar scorge una gran nave e vi sale. Si stupisce dei ricchi ornamenti e del suo abbandono, ma intanto la nave parte, e il giovane sgomento riposa in un ricchissimo letto.
Intanto, il giorno dopo, la nave attracca nella capitale di un regno ove risiedono un re e una regina la cui nobiltà è senza pari. Il re, vecchio, ne è così geloso che ha fatto costruire un recinto per la moglie, sorvegliato da una dama di compagnia e custodito da un vecchio prete.
Le due donne fanno visita alla nave, trovano il cavaliere addormentato e infine gli chiedono di alloggiare presso di loro, nonostante la gelosia del marito. Il cavaliere accetta e riceve cure e attenzioni. Cavaliere e regina sono già tormentati da Amore.
Aiutati dalla dama di compagnia, i due si ritrovarono soli e dovettero confessare l’un l’altro il loro amore: la coppia felice durò un anno e mezzo, finchè non vennero scoperti (rovescio di Fortuna) da un ciambellano.
La donna gli fece un nodo alla camicia e gli disse di non avere altra compagna se questa non lo scioglierà. Egli fece lo stesso con lei con una cintura.
Il cavaliere, attaccato, narra la sua storia ad un diffidente re, che però poi decide di farlo reimbarcare. Egli torna al porto di partenza, e nessuna dama riesce a sciogliergli il nodo.
La dama, incredibilmente, sfruttando un buco di guardia e l’assenza di lucchetti, evade dalla torre di marmo, si imbarca e giunge nel regno di Bretagna di Meriaduc. Anche qui, nessuno riesce a forzare la cintura.
Meriaduc invita a corte Guigemar per un torneo. I due amanti si riconoscono, sciolgono le rispettive camicie/cinture e paiono ricongiungersi. Meriaduc non è d’accordo, e lo sfida. Guigemar si allea con i suoi nemici, espugna e distrugge il castello e riconquista la donna.

II – Equitan: Equitan, signore dei Nantesi, era giudice e re, a cui piacevano divertimento e donne. Capitò che, senza averla vista, si innamorò della moglie del suo siniscalco, per ella si dolse finchè non la vide e anche dopo, poiché nonostante la saggezza e la ragione, Amore lo aveva ormai soggiogato.
Il re decise così di confessare alla dama il suo amore. Lei titubante sulle prime (“L’Amore non è conveniente se non è pari”), gli concede il suo amore; si giurarono fede a vicenda e si amarono molto.
Successe che un giorno, la dama, rattristata, confesso al re di aver paura di essere lasciata e abbandonata: così girava voce in paese. Egli le garantì la sua fedeltà e disse che se suo marito fosse morto, lui l’avrebbe fatta regina. Ella così studiò un piano affinché il marito siniscalco morisse: fece preparare due letti e due vasche vicine, destinate al re e al siniscalco che avrebbero dovuto fare un bagno insieme. Ma la vasca del marito era piena di acqua bollente che gli avrebbe provocato ustioni mortali.
Quel giorno, il re e la dama si sdraiarono sul letto approfittando di un ritardo del siniscalco, che però infine entrò nella stanza e li vide amoreggiare. Il re, per coprire l’onta, senza avvedersene, scese dal letto e si trovò immerso nella vasca “sbagliata”, quella bollente; così morì. Il siniscalco, irato, immerse nella stessa anche la moglie. La morale è questa: “Chi cerca di far male agli altri, poi tutto il male ricade su di lui”.

III – Il frassino: vi erano due agiati cavalieri in Bretagna, vicini. La moglie di uno di essi diede alla luce due gemelli, e decise di affidarne uno all’altro cavaliere. Ma la moglie di questo, sprezzante, insultò la donna dicendo che avere due figli in un parto significava che vi erano due padri. La voce si sparse e tutti odiarono la donna, un tempo rispettabile.
Ma la donna infamante rimase incinta ben presto e anche lei partorì due gemelle. Se ne dolse e pensò che era meglio ucciderne una e rendere conto a Dio piuttosto che subire l’onta delle sue stesse parole. Una dama del suo seguito però la liberò dall’impiccio, prendendo una delle piccole e conducendola lontano. La lasciò sotto un frassino, con un anello nobile, in attesa che dalla vicina abbazia qualcuno la salvasse.
Il portiere ben presto la notò e la affidò alla figlia vedova perché l’allattasse. Poi la custodia passò alla badessa, che la battezzò col nome di “Frassino” e la tenne come una nipote, proibendo al portiere di divulgare la storia.
Cresciuta, fu di splendore senza pari. Un signore, Guron, senza pari anch’egli, se ne innamorò, e donò terre all’abbazia pur di poterla vedere ancora. Infine se la portò via col suo consenso, ricambiato del suo amore.
Ma i suoi feudatari presto gli mossero il rimprovero di non avere eredi a causa dell’amante, e si ingegnarono a trovargli moglie. La moglie fu il Nocciolo, sorella del Frassino. Presto si sposarono, e il Frassino non diede segni di sofferenza, anzi servì lietamente alla festa.
La donna infamante, presente alla cerimonia, riconosce però il drappo e l’anello che diede alla figlia abbandonata in fasce, se ne rallegra, svela la storia al Frassino e al marito e tutti sono lieti dello scioglimento. Quindi, il matrimonio fu annullato; Frassino tornò con Guron, mentre Nocciolo venne ricondotta nel suo paese e fu maritata anch’essa.

IV – Il lupo mannaro: in Bretagna viveva un signore molto amato che però ogni settimana, per tre giorni si allontanava inspiegabilmente dalla moglie. Questa, intimorita da un possibile adulterio, chiede spiegazioni, e assillato, il marito le rivela il doloroso segreto. Egli si trasforma in lupo mannaro e vaga nudo per la foresta e lascia i vestiti presso una pietra cava affinché possa tornare umano. Lei, spaventata, non vuole più giacere al suo fianco.
Vi era a corte un cavaliere che spesso invano la corteggiò. Ma ora lei donava spontaneamente con grande piacere di lui. Per evitare problemi, la donna svelò il luogo ove lasciava i vestiti il marito affinché il nuovo amante li prendesse, evitandone così il ritorno. Il lupo (Bisclavret) fu inseguito in caccia e per salvarsi diventò mansueto e affettuoso ai piedi del re, che lo salvò, lo fece portare a corte come un prodigio.
Durante una festa, il lupo sempre mansueto, si slanciò contro il cavaliere che giaceva ora con sua moglie. Tutti si stupirono. Poco più tardi, il lupo si slanciò anche contro la ormai ex moglie e le strappò il naso. Il re allora costrinse la donna a raccontare la verità e a ridare quindi i vestiti dell’ex marito.
Il lupo mannaro tornò dunque uomo, la donna e il cavaliere furono espulsi dal regno e nacquero molti figli snasati.

V – Lanval: Lanval, vassallo assai nobile, fu privato (per dimenticanza) dal Re Artù di varie regalie, concesse invece agli altri cavalieri della Tavola Rotonda, cosicché ne fu molto addolorato e impoverito nonostante il suo inarrivabile valore.
Uscito da corte e giunto su un prato, è avvicinato da due damigelle che gli chiedono di seguirle per giungere alla tenda della loro signora. Lanval acconsente, giunge alla tenda, scopre l’amore di lei per lui, lui lo ricambia e si promettono reciprocamente ogni sorta di bene richiesto. Ma Lanval dovrà tenere il tutto segreto, pena la fine della storia d’amore. Lanval, scosso e stordito, torna a casa vestito di nuovo.
Lanval può ora condurre una vita sfarzosa: ospita cavalieri, veste giullari…tutto va a meraviglia, e può vedere la sua dama quando vuole. Un giorno, con alcuni cavalieri, egli giunge in un prato. La regina ordina alle sue damigelle di fare compagnia ai giovani, che ben lieti accettano. Tutti tranne uno: Lanval.
La regina gli si avvicina e gli chiede il suo amore. Lanval, sdegnato, rifiuta. La regina incollerita lo attacca e lui per difendersi parla della sua valorosa dama. Rompe quindi il segreto!
Lanval, afflitto, non trova quindi più la sua dama, ed è accusato di aver offeso la regina. Il re lo vuole processare a corte e, se necessario, mandarlo a morte.
Il processo stabilisce che se Lanval non mostrerà le prove della superiorità della sua dama rispetto alla regina, non verrà discolpato. Lui è disperato: sa che l’amica non si farà vedere.
A sorpresa invece, a pochi istanti dall’emissione del verdetto, giunge la dama che scagiona Lanval. Egli sale su un palafreno con la sua donna e fugge ad Avalon, un’isola bellissima, senza che di lui successivamente nulla si sappia.

VI – I due innamorati: nel regno di Pistres, su un monte vivevano due giovani, mentre nella città il re si accompagnava alla figlia dopo la morte della sua regina. Molti gliene facevano una colpa, cosicché lui decise di indire un “concorso”: avrebbe concesso la figlia a chi l’avesse accompagnata in braccio sulla cima del monte. Nessuno ci riuscì.
Un giovane del paese, molto stimato, riuscì ad amare, ricambiato in segreto, la figlia del re, ma fu presto angosciato da questo senso di provvisorietà, cosicché le chiede di scappare via con lui. Lei se ne dolse: non poteva far sì grande torto al padre. Allora lo consigliò di andare a Salerno presso una sua zia, esperta di arte medica, affinché gli desse un filtro in grado di rinvigorirlo per portare a termine la prova che il re richiedeva.
Il giovane, tornato al paese, chiese la mano della figlia al re, che come da copione gli chiede di compiere l’impresa di portarla in braccio in cima al monte. I due si avviano, dotati di filtro, ma il giovane baldanzoso e felice se ne scorda, sale sale e sale ancora, e nonostante il consiglio dell’amata, non vuole abbeverarsi. I due giungono in cima così senza aiuti, ma qui il giovane muore. E l’amata, col cuore spezzato, giace vicina a lui. Il filtro, distrutto e sparso sul monte, fa fiorire molte erbe. E il re, svenuto, li fa onorare di una bara di marmo.

VII – Yonec: il vecchio governatore di Caerwent, prese in moglie una dama di bellezza e saggezza senza pari affinché potesse avere un erede. Ma egli, gelosissimo, la fece rinchiudere e controllare per sette anni dalla sorella in una torre, cosicché la donna ne fu molto afflitta e ne pianse molto.
Conscia della tradizione del paese, sognò di trovare un amante, del quale non avrebbe potuto essere biasimata perché visibile solo a lei. L’amante arrivò, sotto forma di uccello (astore) trasformatosi in cavaliere.
Ella gli concede le sue grazie, mai coppia più bella e lieta si era vista prima. Ma il cavaliere ebbe ben presto da tornare al suo paese: ma la dama lo avrebbe riavuto ogniqualvolta l’avesse desiderato. Il cavaliere però la mise in guardia dalla vecchia guardiana, che li avrebbe spiati e traditi.
La donna intanto però aveva ripreso a stare bene e a curare e a far rilucere la sua bellezza.
Il re, stupito da tali cure, indaga anche la vecchia sorella di guardia, e intima di fare più attenzione quando la lascia sola. La vecchia così si accosta alla porta fingendo di andarsene e la becca con l’amante pochi giorni dopo, stupendosi che questi se ne andasse sotto forma di astore.
Il re quindi fece mettere delle trappole per uccello sulla grata della finestra della stanza della moglie. Il giorno dopo il cavaliere/astore ne rimase vittima e stramazzò in un lago di sangue sul letto dell’amante. Lei si dolse per avere, col suo comportamento, svelato ai nemici il segreto (come il cavaliere le predisse), ma egli la rassicurò: era rimasta incinta, e il figlio, Yonec, avrebbe riscattato e vendicato i due dai nemici.
L’astore insanguinato volò via; lei lo seguì grazie alle tracce di sangue fino ad un pertugio, uscito dal quale vide uno splendido regno argentato. In una stanza del castello trovò l’amante, che le diede un anello dal potere magico di annullare i ricordi del marito e una spada da dare al futuro figlio. Poi la invita a scappare perché la sua fine era vicina.
Intanto il re, con la moglie e il figlio, si recarono alla festa di Sant’Aronne. Fermatisi ad un monastero, si soffermarono davanti ad una grande tomba chiedendo chi vi fosse seppellito. Il prete disse che vi era un grande cavaliere, ucciso per l’amore di una donna.
A questo punto la donna svela a Yonec la storia, e muore di infarto dandogli la spada del vero padre. Egli taglia la testa al patrigno e assicura sepoltura degna alla madre con il padre, diventando il nuovo signore di quella terra.

VIII – L’usignolo: in una città della regione di Saint Malo vivevano due splendidi e virtuosi cavalieri, uno sposato con una donna saggia, cortese ed elegante e l’altro giovane e amante del fasto. Accadde che quest’ultimo si innamorò della donna, e ricambiato, si pose con sempre maggiore frequenza alla sua finestra per poter vedere e parlare con la sua “amante”, vicina di casa.
Così accadde anche la notte, cosicché il marito irato chiese alla donna dove andasse e lei rispose che nessuno al mondo poteva dirsi felice se non sentiva il canto dell’usignolo. Per quello si alzava e andava sempre alla finestra. Il marito geloso fece rapire tale uccello e lo uccise davanti alla moglie, che a quel punto non ebbe più giustificazioni. La donna spedì al cavaliere amato allora il corpo della bestiola, e questi, non irato dalla storia, gli fece preparare un cofanetto d’oro in cui riporlo e lo portò sempre con sé.
IX – Milon: Milon, giovane e ardito cavaliere del Galles del Sud, imbattibile, è amato segretamente dalla figlia del signore. Questi ricambia, e le promette il suo amore sotto forma di anello mandatole da un suo valletto. Dopo diversi incontri nel di lei giardino, la ragazza rimase incinta, temendo il supplizio della spada o di essere venduta in un altro paese: questo era l’uso.
Decise così che il figlio venisse portato alla sorella e da questa venisse accudito. Al collo del piccolo fu messo l’anello del loro amore e una lettera che recava la storia della madre, affinché divenuto grande il bambino sapesse le sue origini.
Intanto la donna fu data in moglie ad un cavaliere nobile e potente e lei se ne disperò, in quanto non più vergine e ancora innamorata di Milon. Questi, intanto, allontanatosi per motivi bellici, si riavvicina a lei e quindi le fa recapitare una lettera tramite un cigno.
Così andarono avanti per 20 anni: bastava lasciare a digiuno il cigno per tre giorni per far sì che questo tornasse da dov’era venuto.
Intanto, il figlio era divenuto valente cavaliere, ed era andato in Bretagna ad acquisire valore, lo chiamavano “Senza pari” per generosità e forza.
Milon, turbato da queste voci, viaggiò perché voleva incontrarlo e batterlo. Ad una giostra quindi lo vide e ne rimase ammirato. In un duello, Milon sembra avere la peggio, ma il figlio molto generoso lo aiuta a rialzarsi e gli svela le sue origini. Milon trasale: è suo figlio! Molta gioia li strinse e la commozione di tutti attorniava loro. Il figlio fece voto di uccidere il signore della madre, ma non ce ne fu bisogno: questi morì da solo, e i due amanti poterono dunque riabbracciarsi e unirsi con la benedizione del figlio.

X – L’infelice: a Nantes viveva una dama di gran bellezza, educazione e raffinatezza, a cui nessun cavaliere poteva sottrarsi dal farle la corte. Ella non riteneva giusto prenderne uno e scontentare tutti gli altri, cosicché si poneva con gentilezza a tutti. Fra tutti, si distinguevano in quattro, avvenenti e tutti pronti ad eccellere per lei. La dama li amò tutti e quattro ma non voleva prenderne uno e perdere gli altri tre.
A Pasqua fu organizzato un torneo davanti a Nantes, al quale presero parte i quattro e molti altri giunti da ognidove per misurarsi con loro. I quattro diedero prova di grande forza e coraggio e vinsero…ma giunta la sera, dovettero ritirarsi. Incautamente però lo fecero senza il loro seguito, cosicché furono accidentalmente colpiti: tre morirono e uno fu gravemente ferito. La dama molto se ne dolse, fece seppellire i tre e si prese cura del sopravvissuto, pur fra mille lamenti per i cavalieri persi.
La dama così confesso al cavaliere di voler scrivere un lai intitolato “I quattro dolori”, con chiaro riferimento ai quattro cavalieri. Il cavaliere invece propose di intitolarlo “L’infelice”, in quanto mentre gli altri tre cavalieri morti avevano ormai consumato la loro vita di pene d’amore, lui era invece ancora lì a dolersi di poter solo parlare con la dama amata e di non poterla baciare e abbracciare.

XI – Il caprifoglio: il re Marco fece bandire dal regno il nipote Tristano, reo di amare la regina. Questi, in esilio, se ne dolse molto, ma alla fine decise di rivedere segretamente la regina. Quindi si appostò nella foresta, intagliò su un bastone di nocciolo il suo messaggio per lei e aspetto che la corte vi passasse come gli aveva suggerito un contadino.
Quando la regina passò di lì, se ne accorse e vi si fermò. I due si videro e ne furono molto felici. Poi la regina spiegò come anche al re spiacque molto di averlo allontanato e che lo fece solo per le accuse altrui. Quindi i due si separarono versando lacrime amare, finchè re Marco non lo richiamò.
Nel frattempo Tristano aveva composto il caprifoglio, pianta che si avvinghia al nocciolo, ma separati, muoiono entrambi.

XII – Eliduc: in Bretagna vive un fiero cavaliere, Eliduc, che ha una moglie nobile e saggia, Guildeluec. Accadde però che egli andò a combattere lontano e si innamorò di una figlia di re senza pari, Guilliadon.
Essendo Eliduc il cavaliere preferito dal re e di gran lunga il migliore, avvenne che gli altri lo calunniarono variamente per invidia, e il re lo esiliò così senza indugi e spiegazioni. Questi lasciò regno e moglie per dirigersi verso Logres.
Vicino Exeter, andò in aiuto di un signore, che non voleva dare la figlia in sposa ai suoi pari e per questo era attaccato e devastato. Il signore accetto l’aiuto e accolse Eliduc a corte con ogni onore e servizio.
Un primo assalto venne vanificato da Eliduc e i suoi uomini, che trassero come prigionieri 30 nemici e fecero gran bottino sfruttando una imboscata. Il re, sospettoso di infedeltà sulle prime, infine vide con i suoi occhi la vittoria e tributò al cavaliere grande onore. La figlia del re chiese di incontrarlo e Eliduc acconsentì. Entrambi erano ormai preda di Amore, anche se Eliduc era tormentato dalla promessa di fedeltà fatta alla moglie.
Guilliadon donò ad Eliduc un anello e una cintura. Egli ne fu grato, e si impegnò a restare ancora un anno alla corte del re suo padre e quindi in sua compagnia. La donna lo ringraziò molto, ma non seppe che l’amato era già sposato.
Una lettera proveniente dal vecchio regno però interruppe l’idillio: il vecchio re ne richiedeva l’aiuto da aggressioni esterne, chiedeva scusa per l’esilio e aveva allontanato i cavalieri maldicenti. Eliduc si risolse a tornare. Il suo signore provò a trattenerlo ma invano. Eliduc salutò l’amata, la baciò e promise di tornare in caso di bisogno.
Tornato al suo regno Eliduc fu molto pensieroso. Infine tornò dall’amante, si videro di segreto una sera e attraccarono sulla sua nave. Ma una tempesta gli fece quasi fare naufragio. Un marinaio disse che era colpa della donna, che avrebbe infranto la legge di Dio (il matrimonio). Eliduc uccide il compagno iratissimo e lo getta in mare. Ma l’amante sviene quasi morta, e credendola tale, Eliduc vuole seppellirla degnamente presso un monastero o una cappella. Si procura perché così avvenga e si allontana.
Ma spesso torna lì. La moglie allora lo fa pedinare dal valletto, scopre la realtà, la va a scorgere in prima persona e tanto se ne duole. Ma l’amante si risveglia grazie ad un fiore magico, e la moglie è lieta di poterla ricondurla dall’amico, suo marito. Il ricongiungimento è colmo di gioia e di amore e di baci.
La moglie decide quindi di diventare suora e di ritirarsi in un monastero, lasciando il marito e l’amante felici. Ma ben presto anche essi si votarono a Dio e vissero della sua luce. Moglie e amante furono come sorelle e tutti vissero di fede e preghiera.

Commento: la materia, le citazioni di località bretoni, la lingua e la conoscenza dell’inglese fanno pensare che Maria di Francia abbia frequentato la cerchia letteraria della corte di Enrico II Plantageneto. Nel prologo, Maria, pur elogiando l’operato dei predecessori, annuncia l’intenzione di far cosa diversa e abbandonare sia auctoritates che modelli consacrati per dedicarsi a modelli moderni.
Importante è la scelta dei titoli, che nella loro brevità sono capaci di generare la materia narrativa per la loro intrinseca forza evocatrice.
Dal punto di vista stilistico, Maria si rifugia nelle misure piccole e non a torto la troviamo spesso paragonata ad una miniaturista discreta, amante delle mezze tinte e dei toni pacati, è capace più di tutti di equilibrare il dosaggio fra sfondo e soggetti.
Uno dei modelli più evidenti pare essere l’Eneas: su Lanval pende il dubbio dell’omosessualità come su Enea, e Guigemar e la sua dama vivono le stesse pene di Enea e Lavinia, etc.
In ogni caso Maria ha una sua personalissima tecnica che possiamo definire del “Decoupage”: ci sono scene brevissime laddove ci aspetteremmo un maggiore respiro e scene dilatate con funzione rappresentativa più che descrittiva.
Nei suoi Lais, l’errance è il mezzo di gran lunga più frequente per l’espletamento dei singoli destini.
La funzione dell’elemento soprannaturale è la stessa che ritroviamo nelle fiabe: soddisfa l’esigenza utopistica dell’uomo di vedere trionfare giustizia e verità.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'intento dell'autrice nel raccogliere e rimare i lais?
  2. L'autrice, Maria di Francia, intende raccogliere, rimare e mettere in poesia i lais affinché non cadano in oblio e si perpetuino, come era l'intenzione originaria.

  3. Qual è la morale del lai "Equitan"?
  4. La morale del lai "Equitan" è che chi cerca di far male agli altri, poi tutto il male ricade su di lui.

  5. Come viene rappresentato l'elemento soprannaturale nei lais di Maria di Francia?
  6. L'elemento soprannaturale nei lais di Maria di Francia soddisfa l'esigenza utopistica dell'uomo di vedere trionfare giustizia e verità, simile alla funzione che ha nelle fiabe.

  7. Qual è il tema centrale del lai "Il lupo mannaro"?
  8. Il tema centrale del lai "Il lupo mannaro" è la trasformazione e la fedeltà, con il protagonista che si trasforma in lupo mannaro e la moglie che tradisce il suo segreto.

  9. Come viene descritta la tecnica narrativa di Maria di Francia nei suoi lais?
  10. La tecnica narrativa di Maria di Francia nei suoi lais è descritta come un "Decoupage", con scene brevissime laddove ci si aspetterebbe un maggiore respiro e scene dilatate con funzione rappresentativa più che descrittiva.

Domande e risposte