
Da trent’anni in prima linea, nel vero senso della parola. Marco Petruzzelli ha iniziato la sua carriera di tv reporter poco più che ventenne e nel giro di pochi anni è diventato un inviato di guerra.
Tra i più quotati. Oggi, a 50 anni, eccolo su Youtube a collezionare visualizzazioni. Una valanga di visualizzazioni. “Oltre 45 milioni” assicura con orgoglio, presentando il suo lavoro. Ed ha ragione da vendere.
Ma allora, a tutti i ragazzi che vorrebbero intraprendere questo mestiere, che cosa consigliare?
“Ci vuole tanta professionalità. Oggi il mondo dell’informazione è un campo minato: la soluzione, almeno per quello che mi riguarda, sta nel sapersi autoprodurre. Ed io ho trovato la mia strada in rete: provengo da 23 anni sui tg nazionali ma, credetemi, oggi su Youtube supero di gran lunga la visibilità della tv ”.
Che cosa deve fare un giovane alle prime armi?
“Innanzitutto voglio dire che non basta avere dimestichezza con una telecamera o, peggio, con un telefonino per ritenersi un tv reporter. C’è molto di più. Io non ho fatto scuole particolari ma oggi il mondo dell’informazione è cambiato: so che ne esistono di buone, eviterei quelle costosissime che promettono di insegnare un mestiere in due settimane. Non credeteci”.
Che scelte fare?
“Scegliere una scuola in base alle proprie attitudini e peculiarità, dotarsi di un’adeguata strumentazione e di tanta creatività. Saper riconoscere le notizie è fondamentale tanto quanto conoscere l’etica del mestiere: le immagini hanno un impatto fortissimo, bisogna saperle trattare. Inutile cercare lo scoop con foto o video che potrebbero turbare la sensibilità di chi le osserva. Senza contare poi gli aspetti professionali”.
Cioè?
“Mi riferisco al rispetto del diritto d’autore: un tv reporter deve conoscere i propri diritti per evitare che gli vengano rubate foto o immagini. Oggi su internet è troppo facile scaricare un video e caricarlo sul proprio sito: attenzione al legittimo proprietario, va rispettato nel suo lavoro. Così come i brani musicali utilizzati: anche lì esiste una normativa e va rispettata anche per non incorrere in gravi violazioni”.
Che cosa fa di un video un bel video?
“Lo ripeto, le immagini. Contano solo quelle. Personalmente limito al massimo la sigla: se chi ti segue online si annoia, lo perdi e non ti cercherà mai più. Bastano 3 secondi, per dare il tempo al video di caricarsi e ottimizzare la visione. Per quanto riguarda la scelta delle immagini, va detto, è un’attitudine che devi avere nel dna”.
Che vuol dire?
“Le immagini che presento sono l’unico messaggio che posso mandare. Non hanno bisogno di parole né di tanti filtri. Parlano loro per me. E le persone apprezzano questo modo di fare cronaca: pura e diretta”.
Che immagini sono?
“In due anni ho fatto oltre 450 turni da 7 ore a bordo della volante del 113: con il massimo rispetto delle persone con cui sono a bordo e del loro lavoro. Un cameraman non deve influenzare mai la scena che gli sta attorno, né deve mettersi in primo piano: deve solo raccontare, attraverso l’obiettivo”.
Sei stato anche inviato di guerra?
“Certo, nei Balcani così come in Iraq. Poi ho smesso, dopo un brutto episodio in Afghanistan in cui sono morte tre persone. Eravamo in 4 ed io, praticamente, mi sono salvato per miracolo”.
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Lorena Loiacono