Gallo2004
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Concetti Chiave

  • Un ragazzo di 13 anni affetto dalla sindrome di Noonan affronta sfide fisiche e sociali nel basket, ma è determinato a migliorare.
  • Dopo un attacco cardiaco e momenti di sconforto, viene portato dai genitori in una clinica specializzata per ragazzi con la sua stessa condizione.
  • Con l'aiuto di un programma di allenamento e un preparatore atletico, inizia a sviluppare la massa muscolare necessaria per migliorare nel basket.
  • Dopo mesi di duro lavoro, il ragazzo riesce finalmente a segnare canestri durante gli allenamenti, guadagnando il rispetto e l'amicizia dei compagni di squadra.
  • Il ragazzo impara che la determinazione può superare le avversità e che l'accettazione di sé è fondamentale per sentirsi parte di un gruppo.

Bassi ma all'altezza

- Non ce la fai –
- Non ce la farai mai –
Queste erano le parole che mi rivolgeva l’allenatore della Stella Azzurra Roma, la società di basket di cui faccio parte.
Sono un ragazzino di 13 anni, abito a Roma e frequento la terza media. Ho i capelli mori, tagliati a macchinetta in casa, sono molto magro, ho le gambe piccole, le braccia corte e non possiedo neanche un muscolo. Il mio difetto più grande però rimane l’altezza. Sono alla fine delle medie ma la mia altezza fa fatica a superare il metro e 30. Soffro di una grave malattia chiamata sindrome di Noonan. Questa patologia mi è stata identificata alla nascita. Di solito è una malattia ereditaria, nel mio caso no. I miei genitori infatti sono alti, belli e muscolosi e queste mi reca molto dispiacere. La sindrome di Noonan non mi permette di essere come gli altri, infatti oltre ad essere basso, se faccio tanta fatica il mio corpo va in arresto cardiaco e inizio a sanguinare dal naso. Sono queste cose che mi portano ad essere diverso dagli altri. Pratico il basket da quando ho sei anni, anche se il medico me lo ha prettamente sconsigliato. Per giocare porto una mascherina che mi aiuta a respirare e spesso vengo preso in giro. Essendo alto come un bambino della materna faccio fatica anche a fare un passaggio, pensate a fare un tiro. Gioco da tanti anni ma il mio corpo, nonostante tutto l’impegno, non aveva messo su neanche un muscolo e non ero migliorato per niente. Oltre dall’aspetto sportivo, andavo male in squadra soprattutto dal punto di vista dell’aspetto sociale: i miei compagni mi bullizzavano e molte volte mie nascondevano la mascherina per vedere le mie reazioni ( non volontarie ) che emettevo. Quando ogni giorno dopo allenamento cerco conforto dal mio allenatore e dai miei genitori che però mi sfiduciano ancor di più, dicendo ogni volta che non riuscirò mai a beccare un canestro. Molti di voi si staranno chiedendo allora perché io continui a giocare a basket, bè la risposta è semplice, amo il basket e sono determinato nel migliorare per dimostrare la mie capacità agli altri e a me stesso.
Un giorno, dopo l’ennesima presa in giro e l’ennesimo attacco cardiaco, non c’è l’ho fatto più ha resistere e sono tornato a casa in lacrime. I miei genitori mi hanno ascoltato e per la prima volta, forse per la pena che provavano nei miei confronti, mi hanno consolato. Il giorno dopo, mio padre mi ha svegliato presto e senza dirmi niente mi ha fatto entrare in macchina diretti verso una meta misteriosa. Siamo stati in macchina circa due ore, poi mio padre mi ha detto che eravamo arrivati e così, tutto emozionato, sono uscito dalla macchina e ho visto davanti a me un grandissimo edifico con all’ingresso un grandissimo castello su cui c’era scritto: AISAC. Avevo sentito parlare di questa associazione alla radio. E’ una grandissima clinica che si occupa dei ragazzi bassi di statura aiutandoli ad affrontare la loro malattia. Appena arrivato mi hanno fatto accomodare in sala d’attesa. Mentre aspettavo mi sono guardato intorno e ho notato quante persone erano simili a me, per la prima volta nella mia vita mi sono sentito a mio agio, simile agli altri. Dopo circa mezzora il dottore ha chiamato il mio nome e cognome e io allora l’ho seguito. L’ufficio era immenso, pieno di cartelloni con delle parti del corpo piene di didascalia. Al centro della stanza si trovavano un lettino, tre sedie e un tavola circolare. Rimasi tanto a parlare con il dottore che mi disse che, il giorno prima mio padre lo aveva chiamato e gli aveva parlato del mio problema. Il medico continuò dicendo che, con un programma di allenamenti rigide e di diete create da lui stesso, avrebbe aumentato la massa muscolare e quindi sarebbe stato più facile andare a canestro. Quel giorno mi vennero elencati tutti i rischi che questa attività poteva portare, ma io, ormai, ero deciso a partire per questa avventura.
La settimana dopo ero subito nella palestra del paese, pronto a iniziare gli allenamenti. Gli addestramenti consistevano nel: riscaldamento ( flessioni, addominale, planch, tapirullan…), rinforzamento dei muscoli superiori, rinforzamento muscoli inferiori, pesi con l’aiuto del bilanciere e infine tapirullan. Colui che mi seguì durante tutti i due mesi di intenso lavoro in palestra fu Marco, un giovane preparatore atletico abitante di Ostia, mandato a me dal dottore. Durante quei due mesi di duro lavoro, mi presentavo sempre stanco all’esercitazioni di basket e ottenevo sempre scarsi risultati, non dicendo a nessuno del percorso che stavo seguendo con il mio personal trainer. Con l’arrivo dell’inverno, conclusi il lavoro in palestra e notai, almeno dal punto di vista ginnico, l’impressionante miglioramento, ora però era arrivato il momento di dimostrare a tutti ciò che sapevo fare sul campo.
Il giorno decisivo fù il penultimo allenamento dell’anno, visto che si stava avvicinando il Natale. Feci subito qualche tiro e, anche se gli altri non mi videro, riuscì finalmente a fare qualche canestro. Mi dissi che forse quello era il mio momento per dimostrare a tutti ciò che sapevo fare. Feci un allenamento abbastanza in sordina, fino alla partitella finale, dove mise a segno due canestri, pochi dal punti di vista sportiva, ma tanti dal mio punto di vista. Il tempo passò, smisi di essere preso in giro dai miei compagni, anzi diventai loro amico. Mi accorsi che il problema non erano loro che non mi accettavano, ma io che non mi facevo accettare e mi nascondevo nelle mie difficoltà. Il mio problemi mi rese difficile giocare le partite, i medici dissero che era troppo rischioso per la mia incolumità. Ma non mi interessava, ormai la cosa importante è che mi sentissi al centro di un progetto sportivo e accolto dai miei compagni. La cosa che ho capito in questo lungo cammino è che con la determinazione si può sconfiggere qualunque cosa, anche una malattia.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la sfida principale che il protagonista deve affrontare?
  2. La sfida principale del protagonista è la sua bassa statura dovuta alla sindrome di Noonan, che lo rende diverso dagli altri e gli causa problemi fisici durante l'attività sportiva.

  3. Come reagiscono i genitori del protagonista alle sue difficoltà?
  4. Inizialmente, i genitori del protagonista non lo supportano molto, ma dopo un episodio di sconforto, lo ascoltano e lo consolano, portandolo poi in una clinica specializzata per aiutarlo.

  5. Qual è il ruolo dell'associazione AISAC nella storia del protagonista?
  6. L'associazione AISAC aiuta il protagonista a sentirsi a suo agio e simile agli altri, offrendogli un programma di allenamenti e diete per migliorare la sua massa muscolare e le sue capacità sportive.

  7. Quali cambiamenti avvengono nel protagonista dopo il programma di allenamento?
  8. Dopo il programma di allenamento, il protagonista nota un miglioramento fisico e riesce finalmente a fare canestri, guadagnando fiducia in sé stesso e accettazione da parte dei compagni di squadra.

  9. Qual è la lezione principale che il protagonista impara alla fine della storia?
  10. La lezione principale che il protagonista impara è che con determinazione si può superare qualsiasi ostacolo, anche una malattia, e che l'accettazione di sé stessi è fondamentale per essere accettati dagli altri.

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