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Introduzione
Le attività umane hanno sempre inciso sull’ambiente. Ma è solo da poco più di due secoli, dall’inizio della rivoluzione industriale, che esse hanno cominciato a modificare la biosfera: quella sottile pellicola che avvolge il globo racchiudendo il 95% degli organismi viventi in uno spessore di appena quattro kilometri ( 3000 m sopra il livello del mare e 1000 al di sotto).
Due secoli sono un periodo brevissimo se rapportato ai milioni di anni dell’evoluzione umana, eppure in questo lasso di tempo un radicale cambiamento si è verificato sul pianeta Terra: la specie umana è divenuta il fattore primario nella modifica della biosfera.
Le emissioni inquinanti, dovute all’uso su vasta scala dei combustibili fossili, hanno alterato in misura crescente l’atmosfera con gravi ripercussioni sia sulla salute che sull’ambiente.
Hanno allo stesso tempo prodotto una intensificazione dell’effetto-serra che, facendo aumentare la temperatura media su scala globale, può provocare un cambiamento degli equilibri climatici.
Gravi conseguenze per l’atmosfera e il clima sono state provocate contemporaneamente dalla deforestazione, in particolare dalla distruzione delle foreste tropicali: dal 1980 al 1995 ne è andata perduta una superficie equivalente a quasi sei volte quella dell’Italia. Causa fondamentale della crescente scomparsa delle foreste tropicali è il modello economico dello sfruttamento intensivo e distruttivo delle risorse naturali. La salvaguardia delle foreste è resa ancora più urgente dal fatto che la loro distruzione provoca danni irreparabili agli ecosistemi, riducendo la diversità biologica che è alla base della vita sulla Terra. La deforestazione provoca inoltre, insieme ad altri fattori, la degradazione del suolo che, superata la soglia critica, si trasforma in desertificazione. Particolarmente critica è la situazione in Africa, dove negli ultimi cinquant’anni si è trasformata in deserto una superficie equivalente a oltre il doppio di quella dell’Italia.
Un altro problema che si sta aggravando è quello della carenza idrica: a causa di vari fattori – siccità, inefficiente uso delle risorse idriche, crescita demografica – la disponibilità pro capite sta calando in tutte le regioni e decine di paesi sono ormai vicini alla soglia della scarsità cronica di acqua o l’hanno già oltrepassata. Al problema della scarsità si aggiunge quella della contaminazione dell’acqua, che nell’ultimo mezzo secolo è venuto assumendo una rilevanza sempre maggiore. Gli inquinanti più pericolosi sono le sostanze chimiche organiche sintetiche: dalle industrie, le città e i campi finiscono nei fiumi, nei laghi e nelle falde acquifere, mentre quelle immesse nell’atmosfera ricadono sul terreno con la pioggia andando anch’esse a contaminare le risorse idriche. Di fronte ai crescenti danni ambientali e sanitari provocati dalla contaminazione delle risorse idriche, nelle regioni economicamente più sviluppate si sono cominciate ad adottare legislazioni più rigide e misure anti-inquinamento; non è così nelle regioni meno sviluppate, dove nella stragrande maggioranza dei casi le acque di superficie e sotterranee sono sempre più contaminate dai rifiuti urbani che non vengono smaltiti, dagli scarichi di industrie privi di impianti di depurazione, dai fertilizzanti e pesticidi impiegati senza alcun controllo né precauzione. Tutto ciò, unito alla pressione demografica e alla modifica degli equilibri ambientali a causa delle attività umane, provoca un crescente inquinamento delle acque fluviali e lacustri con danni agli ecosistemi.
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
L’aria che respiriamo può essere contaminata da sostanze inquinanti provenienti da industrie, veicoli, centrali elettriche e molte altre fonti. Questi inquinanti rappresentano un grosso problema per gli effetti dannosi che possono avere nei confronti della salute o dell’ambiente in cui viviamo. Il loro impatto dipende da vari fattori, come ad esempio la quantità di inquinante dell’aria al quale si è esposti, la durata dell’esposizione e la pericolosità dell'inquinante stesso. Si può definire l’inquinamento atmosferico come la presenza nell'atmosfera di sostanze che causano un effetto misurabile sull’essere umano, sugli animali, sulla vegetazione o sui diversi materiali; queste sostanze di solito non sono presenti nella normale composizione dell’aria, oppure lo sono ad un livello di concentrazione inferiore.
1. I Principali Inquinanti
• Gli ossidi di azoto: Nel mondo vengono emesse annualmente circa 50 milioni di tonnellate di NOX e più del 90% è prodotto da processi di combustione (in impianti fissi, civili o industriali, e in sistemi di trasporto). In zone ad alta intensità abitativa o industriale la concentrazione media giornaliera può superare di 400-500 volte i valori medi di un’aria non inquinata.
• Il monossido di carbonio : Le concentrazioni di monossido di carbonio, così come quelle di idrocarburi incombusti sono direttamente correlabili ai volumi di traffico, infatti circa il 90% di CO immesso in atmosfera è dovuto ad attività umana e deriva dal settore dei trasporti. Vi sono comunque anche altre fonti che contribuiscono alla sua produzione: incendi boschivi, processi di incenerimento di rifiuti, combustioni agricole (ad esempio di sterpaglia) ed alcune attività industriali specifiche (industria petrolifera, fonderie).
• Anidride carbonica: anche questo gas è emesso principalmente dai processi di combustione, particolarmente dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi, escluso il metano. La concentrazione dell'anidride carbonica al di la di lievi variazioni stagionali si valuta che abbia subito un aumento, dal 1750 del 31%. È il gas serra maggiormente responsabile del riscaldamento globale dovuto ad attività antropiche.
• Gli idrocarburi: Gli idrocarburi (composti formati da idrogeno e carbonio) vengono bruciati per ricavare energia dalle combustioni. Oltre che come combustibili essi vengono anche utilizzati come prodotti di partenza nell’industria chimica per ottenere medicinali, cosmetici e materie plastiche. Anche alcune attività legate all’agricoltura e l’incenerimento dei rifiuti solidi sono altre sorgenti dell’inquinamento da idrocarburi. I veicoli a benzina contribuiscono più degli altri alle emissioni di idrocarburi, essendo la benzina una miscela di idrocarburi semplici e molto volatili. Complessivamente gli idrocarburi di origine umana immessi nell’atmosfera annualmente ammontano nel mondo ad un centinaio di milioni di tonnellate e solitamente la loro concentrazione nei centri urbani è mille volte superiore a quella misurabile nei boschi.
• L’anidride solforosa : Una quantità significativa di questo inquinante è immessa in atmosfera da fenomeni naturali (es. esplosioni vulcaniche). Lo zolfo è presente anche negli oceani e si libera in atmosfera attraverso la schiuma marina; precipita poi con le piogge depositandosi direttamente e venendo poi assorbito dalla vegetazione. Nelle città, escludendo le emissioni industriali, la maggior sorgente di anidride solforosa è il riscaldamento domestico (perciò la concentrazione di SO2 nell’aria dipende molto dalla stagione e dalla rigidità del clima). Circa il 70% dei quasi 130 milioni di tonnellate di SO2 immersi annualmente nell’aria proviene da combustioni in impianti fissi, mentre appare trascurabile l’apporto dato dai mezzi di trasporto. A parte gli effetti sulla salute dell’uomo, l’SO2 provoca l’ingiallimento delle foglie delle piante poiché interferisce con la formazione ed il funzionamento della clorofilla. L’anidride solforosa provoca danni anche su alcuni materiali, aumentandone, ad esempio, la velocità di corrosione. Inoltre il biossido di zolfo, combinandosi con il vapore acqueo, origina acido solforico, uno dei maggiori responsabili delle piogge acide.
2. Le Piogge Acide
L’anidride solforosa, gli ossidi di azoto e l’anidride carbonica, una volta nell’aria, reagiscono con l’acqua formando acido solforico, nitrico e carbonico che provocano l’aumento dell’acidità della pioggia. La ricaduta, con le piogge, di tali composti chimici può verificarsi anche a notevole distanza dai luoghi dove sono avvenuti i processi di combustione e si ripercuote pesantemente su tutto l'ambiente. In Europa, le piogge acide hanno danneggiato un’area forestale che ammonta a circa 50 milioni di ettari, corrispondente al 35% di quella totale. Le piogge acide non solo danneggiano l’intero patrimonio vegetale del pianeta, ma hanno ripercussioni anche sull’uomo e sui materiali: esse attaccano quotidianamente le strutture edili, dai ponti di acciaio ai monumenti antichi migliaia di anni, arrecando danni anche enormi al patrimonio culturale del paese. L’azione corrosiva si esercita su molti materiali diversi e i suoi effetti si possono facilmente individuare col passare degli anni.
L'azione delle piogge acide risulta particolarmente evidente su questa statua, la foto a sinistra è stata scattata nel 1908, mentre la foto a destra è del 1968: sono trascorsi solo 60 anni!
Anche i corpi idrici sono soggetti ai fenomeni di acidificazione, soprattutto nelle aree dove sono presenti suoli che non sono in grado di tamponare l’azione degli inquinanti acidi. Il fenomeno si è manifestato soprattutto nei laghi della Scandinavia, degli Stati Uniti nordorientali e del Canada sudorientale. Le conseguenze sugli organismi acquatici possono essere sia dirette, cioè dovute alla tossicità delle acque, che indirette, cioè dovute alla scomparsa dei vegetali o delle prede più sensibili all’acidificazione e che costituivano parte della catena alimentare. L’acidità dei laghi può infatti modificare le popolazioni di diatomee e di alghe brune e può alterare sia la distribuzione che la varietà della fauna ittica: lo sviluppo embrionale di alcuni pesci viene bloccato già a valori di pH minori di 6 mentre ad un pH inferiore a 5 cessa la riproduzione della maggior parte dei pesci e cominciano a scomparire alcune specie, prime fra tutte i salmoni e le trote.
Come si più chiaramente vedere dal grafico, al diminuire del pH scompaiono diverse specie presenti nei corpi idrici.
3. Il Buco nell’Ozono
La stratosfera terrestre contiene una concentrazione relativamente alta di ozono, un gas costituito da tre atomi di ossigeno (O3) e che rappresenta un vero e proprio schermo nei confronti delle pericolose radiazioni ultraviolette (raggi UV) provenienti dal sole. Ogni anno, durante la primavera dell’emisfero australe, la concentrazione dell’ozono stratosferico nell’area situata in prossimità del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni naturali. Purtroppo, a causa degli inquinanti rilasciati in atmosfera, sin dalla metà degli anni settanta questa periodica diminuzione è diventata sempre più grande, tanto da indurre a parlare del fenomeno come del “buco dell’ozono” (Le prime avvisaglie dell'assottigliamento della fascia di ozono risalgono al 1974. Furono due scienziati nordamericani a lanciare il primo grido d'allarme contro i gas serra). Recentemente si è comunque individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona al polo Nord, sopra il Mare Artico.
Il problema è estremamente importante in quanto una riduzione dell’effetto schermante dell’ozono comporta un conseguente aumento dei raggi UV che giungono sulla superficie della Terra. Nell’uomo l’eccessiva esposizione a questi raggi è correlata ad un aumento del rischio di cancro della pelle. I raggi ultravioletti possono causare inoltre una inibizione parziale della fotosintesi delle piante, causandone un rallentamento della crescita e, nel caso si tratti di piante coltivate, una diminuzione dei raccolti. I raggi UV possono anche diminuire l’attività fotosintetica del fitoplancton che si trova alla base della catena alimentare marina, causando di conseguenza uno scompenso notevole a carico degli ecosistemi oceanici.
La quantità dell’ozono stratosferico può variare anche di molto, sia per cause naturali (cicliche od occasionali) che per l’azione degli inquinanti prodotti dall’uomo. L’azione degli inquinanti originati dalle attività umane è stata chiaramente documentata: a prescindere dalla naturali variazioni cicliche, questi inquinanti stanno causando in tutto il globo una graduale diminuzione dell’ozono stratosferico. A partire dal 1979, alle latitudini più popolate del globo si è osservata una diminuzione annuale dell’ozono colonnare pari al 5% ogni 10 anni. Nel periodo inverno-primavera nella fascia dell’emisfero settentrionale fra i 60° e gli 80° di latitudine la diminuzione è stata superiore del 7,5% ogni dieci anni. Il cosiddetto “buco dell’ozono” situato sopra l’Antartide si ripresenta periodicamente all’inizio della primavera, nel periodo settembre-ottobre, e consiste in un brusco assottigliamento (anche del 60%) che dura per un paio di mesi; purtroppo dopo questo periodo il buco non si richiude totalmente ed in genere ogni anno si ripresenta di dimensioni ancora maggiori.
sta calando in tutte le regioni e decine di paesi sono ormai vicini alla soglia della scarsità cronica
di acqua o l’hanno già oltrepassata. Al problema della scarsità si aggiunge quella della
contaminazione dell’acqua, che nell’ultimo mezzo secolo è venuto assumendo una rilevanza
sempre maggiore. Gli inquinanti più pericolosi sono le sostanze chimiche organiche sintetiche:
dalle industrie, le città e i campi finiscono nei fiumi, nei laghi e nelle falde acquifere, mentre
quelle immesse nell’atmosfera ricadono sul terreno con la pioggia andando anch’esse a
contaminare le risorse idriche. Di fronte ai crescenti danni ambientali e sanitari provocati dalla
contaminazione delle risorse idriche, nelle regioni economicamente più sviluppate si sono
cominciate ad adottare legislazioni più rigide e misure anti-inquinamento; non è così nelle
regioni meno sviluppate, dove nella stragrande maggioranza dei casi le acque di superficie e
sotterranee sono sempre più contaminate dai rifiuti urbani che non vengono smaltiti, dagli
scarichi di industrie privi di impianti di depurazione, dai fertilizzanti e pesticidi impiegati senza
alcun controllo né precauzione. Tutto ciò, unito alla pressione demografica e alla modifica degli
equilibri ambientali a causa delle attività umane, provoca un crescente inquinamento delle
acque fluviali e lacustri con danni agli ecosistemi.
L’INQUINAMENTO
ATMOSFERICO
L’aria che respiriamo può essere contaminata da sostanze inquinanti provenienti da industrie,
veicoli, centrali elettriche e molte altre fonti. Questi inquinanti rappresentano un grosso problema per
gli effetti dannosi che possono avere nei confronti della salute o dell’ambiente in cui viviamo. Il loro
impatto dipende da vari fattori, come ad esempio la quantità di inquinante dell’aria al quale si è
esposti, la durata dell’esposizione e la pericolosità dell'inquinante stesso. Si può definire
l’inquinamento atmosferico come la presenza nell'atmosfera di sostanze che causano un effetto
misurabile sull’essere umano, sugli animali, sulla vegetazione o sui diversi materiali; queste sostanze
di solito non sono presenti nella normale composizione dell’aria, oppure lo sono ad un livello di
concentrazione inferiore.
1. I Principali Inquinanti
Gli ossidi di azoto: Nel mondo vengono emesse annualmente circa 50 milioni di
tonnellate di NOX e più del 90% è prodotto da processi di combustione (in impianti fissi,
civili o industriali, e in sistemi di trasporto). In zone ad alta intensità abitativa o
industriale la concentrazione media giornaliera può superare di 400-500 volte i valori
medi di un’aria non inquinata.
Il monossido di carbonio : Le concentrazioni di monossido di carbonio, così come quelle
di idrocarburi incombusti sono direttamente correlabili ai volumi di traffico, infatti circa
il 90% di CO immesso in atmosfera è dovuto ad attività umana e deriva dal settore dei
trasporti. Vi sono comunque anche altre fonti che contribuiscono alla sua produzione:
incendi boschivi, processi di incenerimento di rifiuti, combustioni agricole (ad esempio di
sterpaglia) ed alcune attività industriali specifiche (industria petrolifera, fonderie).
Anidride carbonica: anche questo gas è emesso principalmente dai processi di
combustione, particolarmente dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi, escluso il
metano. La concentrazione dell'anidride carbonica al di la di lievi variazioni stagionali si
valuta che abbia subito un aumento, dal 1750 del 31%. È il gas serra maggiormente
responsabile del riscaldamento globale dovuto ad attività antropiche.
Gli idrocarburi: Gli idrocarburi (composti formati da idrogeno e carbonio) vengono
bruciati per ricavare energia dalle combustioni. Oltre che come combustibili essi vengono
anche utilizzati come prodotti di partenza nell’industria chimica per ottenere medicinali,
cosmetici e materie plastiche. Anche alcune attività legate all’agricoltura e
l’incenerimento dei rifiuti solidi sono altre sorgenti dell’inquinamento da idrocarburi. I
veicoli a benzina contribuiscono più degli altri alle emissioni di idrocarburi, essendo la
benzina una miscela di idrocarburi semplici e molto volatili. Complessivamente gli
idrocarburi di origine umana immessi nell’atmosfera annualmente ammontano nel mondo
ad un centinaio di milioni di tonnellate e solitamente la loro concentrazione nei centri
urbani è mille volte superiore a quella misurabile nei boschi.
L’anidride solforosa : Una quantità significativa di questo inquinante è immessa in
atmosfera da fenomeni naturali (es. esplosioni vulcaniche). Lo zolfo è presente anche
negli oceani e si libera in atmosfera attraverso la schiuma marina; precipita poi con le
piogge depositandosi direttamente e venendo poi assorbito dalla vegetazione. Nelle città,
escludendo le emissioni industriali, la maggior sorgente di anidride solforosa è il
riscaldamento domestico (perciò la concentrazione di SO2 nell’aria dipende molto dalla
stagione e dalla rigidità del clima). Circa il 70% dei quasi 130 milioni di tonnellate di
SO2 immersi annualmente nell’aria proviene da combustioni in impianti fissi, mentre
appare trascurabile l’apporto dato dai mezzi di trasporto. A parte gli effetti sulla salute
dell’uomo, l’SO2 provoca l’ingiallimento delle foglie delle piante poiché interferisce con
la formazione ed il funzionamento della clorofilla. L’anidride solforosa provoca danni
anche su alcuni materiali, aumentandone, ad esempio, la velocità di corrosione. Inoltre il
biossido di zolfo, combinandosi con il vapore acqueo, origina acido solforico, uno dei
maggiori responsabili delle piogge acide.
2. Le Piogge Acide
L’anidride solforosa, gli ossidi di azoto e l’anidride carbonica, una volta nell’aria,
reagiscono con l’acqua formando acido solforico, nitrico e carbonico che provocano l’aumento
dell’acidità della pioggia. La ricaduta, con le piogge, di tali composti chimici può verificarsi
anche a notevole distanza dai luoghi dove sono avvenuti i processi di combustione e si ripercuote
pesantemente su tutto l'ambiente. In Europa, le piogge acide hanno danneggiato un’area forestale
che ammonta a circa 50 milioni di ettari, corrispondente al 35% di quella totale. Le piogge acide
non solo danneggiano l’intero patrimonio vegetale del pianeta, ma hanno ripercussioni anche
sull’uomo e sui materiali: esse attaccano quotidianamente le strutture edili, dai ponti di acciaio ai
monumenti antichi migliaia di anni, arrecando danni anche enormi al patrimonio culturale del
paese. L’azione corrosiva si esercita su molti materiali diversi e i suoi effetti si possono
facilmente individuare col passare degli anni.
L'azione delle piogge acide risulta particolarmente evidente su questa statua, la foto a
sinistra è stata scattata nel 1908, mentre la foto a destra è del 1968: sono trascorsi solo 60 anni!
Anche i corpi idrici sono soggetti ai fenomeni di acidificazione, soprattutto nelle aree dove
sono presenti suoli che non sono in grado di tamponare l’azione degli inquinanti acidi. Il
fenomeno si è manifestato soprattutto nei laghi della Scandinavia, degli Stati Uniti nordorientali
e del Canada sudorientale. Le conseguenze sugli organismi acquatici possono essere sia dirette,
cioè dovute alla tossicità delle acque, che indirette, cioè dovute alla scomparsa dei vegetali o
delle prede più sensibili all’acidificazione e che costituivano parte della catena alimentare.
L’acidità dei laghi può infatti modificare le popolazioni di diatomee e di alghe brune e può
alterare sia la distribuzione che la varietà della fauna ittica: lo sviluppo embrionale di alcuni
pesci viene bloccato già a valori di pH minori di 6 mentre ad un pH inferiore a 5 cessa la
riproduzione della maggior parte dei pesci e cominciano a scomparire alcune specie, prime fra
tutte i salmoni e le trote. Come si più
chiaramente
vedere dal
grafico, al
diminuire del pH
scompaiono
diverse specie
presenti nei
corpi idrici.
3. Il Buco nell’Ozono
La stratosfera terrestre contiene una concentrazione relativamente alta di ozono, un gas
costituito da tre atomi di ossigeno (O3) e che rappresenta un vero e proprio schermo nei confronti
delle pericolose radiazioni ultraviolette (raggi UV) provenienti dal sole. Ogni anno, durante la
primavera dell’emisfero australe, la concentrazione dell’ozono stratosferico nell’area situata in
prossimità del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni naturali. Purtroppo, a causa degli inquinanti
rilasciati in atmosfera, sin dalla metà degli anni settanta questa periodica diminuzione è diventata
sempre più grande, tanto da indurre a parlare del fenomeno come del “buco dell’ozono” (Le prime
avvisaglie dell'assottigliamento della fascia di ozono risalgono al 1974. Furono due scienziati
nordamericani a lanciare il primo grido d'allarme contro i gas serra). Recentemente si è comunque
individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona al polo Nord, sopra il
Mare Artico.
Il problema è estremamente importante in quanto una riduzione dell’effetto schermante
dell’ozono comporta un conseguente aumento dei raggi UV che giungono sulla superficie della Terra.
Nell’uomo l’eccessiva esposizione a questi raggi è correlata ad un aumento del rischio di cancro della
pelle. I raggi ultravioletti possono causare inoltre una inibizione parziale della fotosintesi delle piante,
causandone un rallentamento della crescita e, nel caso si tratti di piante coltivate, una diminuzione dei