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Concetti Chiave

  • Hannah Arendt analizza la normalità di Eichmann, rappresentante del male banale, che eseguiva ordini senza riflettere sulle implicazioni morali.
  • Il concetto di "banalità del male" sottolinea come individui "normali" possano compiere atrocità per mancanza di coscienza critica.
  • Arendt sostiene che solo il pensiero critico e la riflessione personale possono prevenire l'obbedienza cieca e il male.
  • L'autrice mette in dubbio che una morale tradizionale possa evitare il male, visto il ribaltamento dei valori durante il nazismo.
  • Arendt esalta l'importanza del dialogo interiore, ispirato da Socrate, come strumento per sviluppare una coscienza critica.

Indice

  1. Il processo di Eichmann
  2. La banalità del male
  3. Riflessioni sulla morale
  4. Il pensiero socratico

Il processo di Eichmann

Nel 1961 la Arendt segue il processo del criminale nazista Eichmann (aveva coordinato la deportazione degli ebrei, fu rintracciato in argentina da agenti israeliani e condannato a morte nel 31 maggio del 1962) e ne riportò resoconto e diverse considerazioni nel libro uscito nel 1963 "La banalità del male".

La banalità del male

La Arendt, colpita dalla normalità di Eichmann che viene visto come una persona come le altre, semplice e mediocre e non come un demone capace di tali atrocità, afferma nel suo libro che il semplice pensare, riflettere sulle cose, la capacità di giudizio sulle implicazioni morali può evitare le azioni malvagie di chi invece si limita ad obbedire ciecamente agli ordini.

La banalità del male sta nel fatto che i burocrati del Reich erano in realtà tutte persone "terribilmente normali" che erano però capaci di mostruose atrocità per il semplice fatto che non si fermavano a riflettere sugli ordini a loro dati e che il loro pensiero restava limitato alle leggi di Hitler che venivano rispettate incondizionatamente. La banalità del male di Hannah ArendtIn particolare, questo tipo di criminali commette i suoi crimini in circostanze che quasi impediscono di accorgersi che agisce male. Per cui la Arendt ne La banalità del male si chiede se il male deve necessariamente essere radicato in qualcosa di più profondo.

Riflessioni sulla morale

Alla luce di ciò l'autrice afferma che una ben radicata morale e un sistema di valori etico non bastino a fermare il male poichè con il nazismo si è visto empiricamente che la morale e i propri valori possono essere facilmente ribaltati dalla società contemporanea. Tuttavia ci sono delle persone che hanno rifiutato l'ideologia nazista e non perché avevano avuto un forte senso della bene e del male, ma perchè si chiesero fino a che punto la loro coscienza avrebbe sopportato tutto quel male e si sarebbero sentiti in pace con se stessi.

Il pensiero socratico

La Arendt associa questo tipo di dubbio interiore alla facoltà di pensare. La Arendt con il termine pensare si rifà a Socrate e al suo processo di dialogo interiore tra io ed io, questo processo, secondo l'autrice, può evitare il male. Con quest'analisi la Arendt si pone lo scopo di evitare che gli uomini adottino una morale e dei valori standard senza prima riflettere.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il concetto centrale del libro "La banalità del male" di Hannah Arendt?
  2. Il concetto centrale è che il male può essere commesso da persone "terribilmente normali" che non riflettono sugli ordini ricevuti, come dimostrato dal caso di Eichmann, e che il semplice pensare e riflettere può prevenire tali azioni malvagie.

  3. Come descrive Hannah Arendt la figura di Eichmann nel suo libro?
  4. Arendt descrive Eichmann come una persona semplice e mediocre, non un demone, ma un individuo che ha commesso atrocità per mancanza di riflessione e cieca obbedienza agli ordini.

  5. Qual è la soluzione proposta da Arendt per prevenire il male?
  6. Arendt propone che il pensare, inteso come dialogo interiore e riflessione sulle implicazioni morali delle proprie azioni, possa prevenire il male, evitando l'adozione acritica di una morale e valori standard.

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