Concetti Chiave
- Un uomo si sveglia in una città sconosciuta, caratterizzata da una luce costante e vetrine invitanti che promettono di colmare ogni vuoto attraverso il possesso.
- Camminando tra una folla indaffarata e concentrata sulle merci, l'uomo sperimenta una gioia effimera che lo spinge a comprare ancora, sentendosi temporaneamente reale.
- Nei sotterranei del centro commerciale, l'uomo scopre il "cimitero delle cose inutili", popolato da persone che hanno confuso l'essere con l'avere, suscitando in lui paura e riconoscimento.
- Guidato dalla Coscienza, l'uomo viene invitato a lasciare la città per riscoprire la semplicità e il silenzio del mondo naturale, liberi dalla tirannia del possesso.
- Alla fine, l'uomo comprende che il vero valore risiede nel partecipare alla vita e non nel possesso, trasformando il desiderio da bisogno di avere a voglia di essere.
Indice
La città delle cose
Un uomo si risveglia in una città che non conosce, immersa in una luce costante e innaturale. Le strade sono lisce, tirate a lucido, profumano di nuovo. Non ci sono orologi, perché qui il tempo si misura solo in promozioni e aperture straordinarie. Sui muri corrono immagini che sorridono, mani che porgono, volti perfetti che invitano a possedere. L’uomo non ha memoria di essere arrivato, ma ha già in tasca una carta di credito. La Città delle Cose lo accoglie senza domande. Le vetrine lo chiamano per nome. Le luci non lo illuminano: lo seducono. Ogni insegna promette che basta un acquisto per colmare un vuoto. Ogni voce sussurra che chi possiede è qualcuno. Non sa cosa stia cercando, ma una parte di lui è certa che lo troverà in uno di quegli scaffali.
La folla delle mani tese
Cammina tra uomini e donne tutti uguali, tutti affannati, tutti con buste che luccicano. Nessuno guarda nessuno: gli occhi sono tutti rivolti alle merci. È la folla dei consumanti. C’è gioia, ma ha la consistenza dell’aria condizionata. C’è colore, ma tutto è plastificato. In ogni negozio si vendono emozioni: l’amore, in una scatola profumata; il successo, in un vestito di marca; la felicità, in un nuovo telefono. L’uomo compra. E per un istante, un istante solo, si sente reale. Ma subito dopo, tutto sfuma. Allora compra ancora, e ancora. E più accumula, più teme di non bastare.
La discesa nei magazzini dell’inutile
Una sera, stanco, si perde nei sotterranei di un centro commerciale. Scende scale mobili che non si fermano mai. Giù, giù, finché la luce si fa fredda e gli oggetti si accatastano senza ordine. Sono tutti lì: ciò che è stato comprato e dimenticato, rotto, mai usato. Televisori muti, giochi senza pile, vestiti ancora con il cartellino. È il cimitero delle cose inutili. Ma non è vuoto: è popolato da uomini e donne che si aggirano parlando da soli, accarezzando scatole vuote, abbracciando manichini. Sono i dannati del possesso, anime che hanno confuso l’avere con l’essere. Non gridano: mormorano numeri di serie, slogan pubblicitari, date di lancio. L’uomo li osserva. Riconosce in loro un riflesso. E ha paura.
L’incontro con la coscienza
Nel silenzio di quel sottosuolo, una figura si avvicina. Non ha volto, ma occhi profondi: è la Coscienza. Parla piano, con parole che non vendono nulla. “Hai scambiato i tuoi desideri con oggetti. Hai affamato il cuore e nutrito le mani. Ma nessun prezzo può comprare ciò che ti manca.” L’uomo abbassa lo sguardo. La Coscienza lo invita a salire, ma non per tornare alla superficie: per uscirne. “Fuori dalla Città c’è ancora cielo, terra, silenzio.” L’uomo non risponde, ma la segue.
La salita verso il vuoto
Escono. La città è alle spalle, e davanti si apre una pianura spoglia. Non ci sono insegne, né colori artificiali. Solo vento e luce naturale. L’uomo si sente nudo. Non ha oggetti, né voci che gli dicano cosa desiderare. All’inizio è smarrito. Poi, a poco a poco, respira. E ogni respiro è una scoperta. Il tempo non corre: scorre. Le cose non lo inseguono: aspettano. Non c’è niente da comprare, ma tutto da vedere. Un albero, una pietra, un’ombra diventano ricchezza. Qui non si possiede: si partecipa.
Il risveglio del senso
Lentamente, l’uomo riscopre il valore di ciò che non ha etichetta. Il pane condiviso, la parola sincera, il silenzio pieno. Non è contro le cose, ma non ne è più schiavo. Capisce che il consumismo è una voce che riempie per non far pensare, che offre tutto tranne ciò che conta: senso, profondità, relazione. Ora guarda le sue mani: sono vuote, ma libere. La città è ancora lì, in lontananza, ma non lo chiama più. Il desiderio non è sparito: si è trasformato. Non è più bisogno di avere, ma voglia di essere.Domande da interrogazione
- Qual è l'atmosfera della "Città delle Cose"?
- Come viene rappresentata la folla nella città?
- Cosa scopre l'uomo nei magazzini dell'inutile?
- Qual è il ruolo della Coscienza nell'incontro con l'uomo?
- Come cambia la percezione dell'uomo verso il consumismo?
La "Città delle Cose" è descritta come un luogo con una luce costante e innaturale, dove il tempo è misurato in promozioni e aperture straordinarie, e le vetrine seducono con promesse di colmare un vuoto.
La folla è composta da uomini e donne tutti uguali, affannati e concentrati sulle merci, dove le emozioni sono vendute in negozi e la gioia è superficiale come l'aria condizionata.
Nei magazzini dell'inutile, l'uomo trova oggetti comprati e dimenticati, e persone che hanno confuso l'avere con l'essere, riconoscendo in loro un riflesso di sé stesso.
La Coscienza avvicina l'uomo nel sottosuolo, parlando con parole che non vendono nulla, e lo invita a uscire dalla città per riscoprire il cielo, la terra e il silenzio.
L'uomo riscopre il valore di ciò che non ha etichetta, comprendendo che il consumismo riempie per non far pensare, e il suo desiderio si trasforma da bisogno di avere a voglia di essere.