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Indice

  1. Introduzione
  2. Fatalità dell'amore

Introduzione

Dante del Purgatorio sottopone dunque a critica radicale addirittura il concetto base della poesia stilnovistica: quello dell'amore come ' signore ", cui è vano resistere.

Nel Purgatorio, questo concetto della fatalità d'amore è negato dalla base: se è vero che, essendo la potenza d'amore innata nell'animo, per natura questo è volto verso ciò che piace (e che è fuori di esso, e quindi non controllabile), non è vero che ogni specifico amore sia necessità e che quindi l'uomo non ne sia responsabile.

Innata è l'inclinazione ad amare, ma innata è anche la «virtù che consiglia», cioè la ragione; ed è questa ultima che tiene la soglia dell'assenso, che scevera i « buoni» dai « rei amori » (66): è insomma negata la concezione cavalcantiana dell'amore come «oscuramento della ragione».

Come nel canto XVI Dante aveva salvato l'essenziale principio della responsabilità personale dal determinismo astrologico, così ora lo salva da questo determinismo psicologico. Su quel principio si basa la moralità: non solo la cristiana, ma anche quella di cui elaborarono il concetto i filosofi pagani: «Color che ragionando andaro al fondo. / s'accorser d'esta innata libertate: / però moralità lasciaro al mondo» (67-69).

Fatalità dell'amore

Il problema era già stato implicitamente impostato dal poeta sin dal canto di Francesca (Intr. a If V): questa stilnovisticamente invoca la fatalità d'amore: ma il poeta, pur con tutta la sua comprensione per la debolezza umana. l'aveva condannata all'Inferno. All'amore «ch'al cor gentil ratto s'apprende» (eco testuale, che il Nardi crede intenzionale del verso guinizzelliano «Foco d'amore in gentil cor s'aprende »), «ch'a nullo amato amar perdona» (If V 100, 103), si oppone qui esplicitamente che anche il cor gentile deve ubbidire alla ragione: che l'uomo deve resistere alle inclinazioni d'amore. scegliere tra esse.

Ritornano nel canto che stiamo leggendo, diversamente interpretate, parole tipiche di Francesca e di tutta la tradizione cortese: oltre a «piacer» nel senso di «bella persona», di bellezza (/V 101. 104; Pg XVI 27). Il «disire» («dubbiosi disiri», If V 120: Pg XVIII 31).
La necessità d'amore è nel Purgatorio categericamente negata: «Onde, poniam che di necessitate / surga ogne amor che dentro a voi s'accende, / di ritenerlo è in voi la podestate» (Pg XVIII 70-72). Quanto all'«a nullo amato...». il poeta ne correggerà radicalmente l'assolutezza tra non molto: «Amore / acceso di virtù, sempre altro accese...» (Pg XXII 10-12).

L'amore travolgente esiste di fatto, e chi ne è trascinato può anche essere oggetto di pietà: ma alle sue radici non c'è squisitezza d'animo nobile, «gentile», ma solo debolezza. Il Padoan trae da questo canto, legittimamente, nuovi argomenti per ribadire, contro l'interpretazione romantica, che il poeta condanna Francesca: ma non è ciò il più importante, giacché tale condanna era implicita nella stessa collocazione infernale di lei: assai più importante è la revisione dello stilnovo, messa in luce già dal Nardi, anche se con ragionamenti e conclusioni alquanto diverse da questi nostri.

Questa revisione stava a cuore al poeta, di là da ogni costruzione filosofica; da ciò anche la durezza della polemica contro i ciechi che si fanno duci, cioè contro i suoi maestri di poetica, e in definitiva contro sé stesso giovane.

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