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Concetti Chiave

  • Il tema della nobiltà è esplorato come un valore effimero che richiede un costante rinnovamento attraverso la virtù, altrimenti perde significato col tempo.
  • Il dialogo con Cacciaguida affronta il legame familiare e l'eredità spirituale, esprimendo la gioia e l'orgoglio di appartenenza a una stirpe nobile.
  • Firenze è rappresentata con un passato glorioso, dominata da antiche famiglie che hanno visto il loro potere declinare a causa di divisioni interne e mescolanze di stirpi.
  • Le divisioni e i conflitti interni sono descritti come fattori di rovina, con famiglie fiorentine che perdono il loro antico prestigio.
  • Nonostante le lotte interne, il comune fiorentino era considerato giusto e glorioso, con il suo simbolo del giglio che un tempo univa il popolo senza divisioni di partito.

Indice

  1. Riflessioni sulla nobiltà e virtù
  2. Dialogo con Cacciaguida
  3. Origini e storia di Firenze
  4. Decadenza delle famiglie fiorentine
  5. Antiche famiglie fiorentine
  6. Conflitti e divisioni a Firenze
  7. Pace e gloria di Firenze
  8. Il comune fiorentino e le sue insegne

Riflessioni sulla nobiltà e virtù

O nostra nobiltà di sangue, che sei cosa di si poco conto, se induci gli uomini a gloriarsi di te quaggiù sulla terra, dove il nostro amore (verso Dio) ha scarsa forza (poiché si lascia attrarre dai beni mondani),

Per me ormai non sarai più causa di meraviglia, perché lassù, voglio dire in cielo, dove il nostro desiderio non può mai essere deviato dalla retta via, io pure mi gloriai di te.

Certo tu sei come un mantello che presto diventa corto, così che, se non si aggiunge ogni giorno qualcosa ad esso (cioè alla virtù degli antenati), il tempo accorcia questo mantello girandovi intorno con le forbici.

Dialogo con Cacciaguida

Io ripresi il mio discorso (con Cacciaguida) usando il “voi” che Roma per prima permise, uso nel quale (ora) la sua popolazione persevera meno delle altre.

Perciò Beatrice, che stava un poco discosta da me, sorridendo, parve fare come la dama di Malehaut, quella che tossì in occasione del primo colloquio d’amore di Ginevra raccontato nei romanzi francesi.

Io cominciai: “Voi siete il padre mio; voi mi date un confidente ardire nel parlarvi; voi mi elevate così in alto, che io mi sento più di quello che sono in realtà.

(Ascoltandovi) il mio animo si riempie di gioia per così tante vie, che si rallegra con se stesso perché può sostenerla senza esserne sopraffatto.

Origini e storia di Firenze

Ditemi, dunque, amato capostipite della mia famiglia, chi furono i vostri antenati, e in quali anni si svolse la vostra fanciullezza (letteralmente: quali furono gli anni che si segnarono nei calendari durante la vostra fanciullezza:

ditemi quanti erano allora gli abitanti di Firenze (ovil di San Giovanni, in quanto San Giovanni Battista è il patrono della città), e quali in essa le famiglie degne di salire alle più alte dignità”.

Decadenza delle famiglie fiorentine

Come per lo spirare del vento si ravviva un carbone acceso, così vidi la luce di Cacciaguida risplendere più intensamente alle mie parole affettuose; e come essa si fece più bella ai miei occhi, così con voce più dolce e soave ( di prima ), ma non nella lingua che usiamo ora, Mi disse: “ Dal giorno in cui l’arcangelo disse “Ave” alla Vergine Maria fino al momento del parto con il quale mia madre, che ora è beata in cielo, si sgravò di me di cui era incinta,

Il rosso pianeta Marte venne 580 volte ad attingere nuovo calore sotto il piede del Leone, la costellazione che ha la sua stessa natura.

I miei avi ed io nascemmo in quel punto di Firenze dove per chi corre il vostro palio annuale incomincia l’ultimo sestiere.

Dei miei antenati ti basti sapere questo: chi essi fossero e da dove siano venuti qui a Firenze, è più opportuno tacere che dire.

Tutti coloro che in quel tempo erano atti alle armi a Firenze nella zona compresa tra la statua di Marte (sul Ponte Vecchio) e il Battistero, erano la quinta parte di quelli che ora sono nella città.

Ma la popolazione, che ora è mescolata con famiglie del contado venute da Campi, da Certaldo e da Figline, appariva di puro sangue fiorentino fino al più umile artigiano.

Oh quanto sarebbe meglio che quelle genti di cui ho parlato fossero solo vostre confinanti, e che voi aveste il confine della vostra città a Galluzzo e a Trespiano.

Anziché averle dentro le mura e sostenere il tanfo contadinesco di Baldo d’Aguglione, di Fazio da Signa, che certo ha l’occhio pronto a cogliere ogni occasione di baratteria!

Se la gente di Chiesa, che oggi nel mondo è quella che più devia dal retto cammino, non fosse stata avversa all’imperatore (a Cesare) come una matrigna, ma si fosse comportata (nei suoi confronti)

Come una madre piena d’amore verso il figlio, taluni che sono diventati fiorentini ed esercitano l’arte del cambio e della mercatura, avrebbero invece continuato a vivere nel contado di Semifonte, là dove i loro antenati facevano la ronda di notte (attorno alle mura):

Il castello di Montemurlo sarebbe ancora dei conti Guidi; i Cerchi sarebbero ancora nella pieve di Acone, e forse i Buondelmonti ancora in Val di Greve.

La mescolanza di stirpi diverse fu sempre causa di rovina per lo stato, come (è causa di malattia) per il vostro corpo il cibo che si sovrappone (nello stomaco ad un altro non ancora digerito); e un toro cieco cade più presto di un agnello cieco; e spesso una spada sola ferisce più e meglio che non cinque spade.

Se tu consideri come sono andate in rovina Luni e Urbisaglia, e come si stanno spegnendo sulle loro orme Chiusi e Sinigaglia, non ti sembrerà cosa strana né difficile a capirsi che si spengono (anche) le famiglie, dal momento che la vita delle città è soggetta alla rovina.

Le cose terrene, così come (avviene per) voi uomini, sono tutte soggette alla morte, ma essa sembra non manifestarsi in alcune cose che durano a lungo (come le città o le schiatte); d’altra parte la vita umana è cosi breve (che non permette di vedere la loro fine).

E come il girare del cielo della Luna (generando i flussi e i riflussi della marea) copre e lascia scoperte alternativamente le spiagge del mare, così la Fortuna ora innalza, ora abbassa le sorti di Firenze: per questo motivo non deve stupire ciò che io dirò dei Fiorentini di antica nobiltà, la fama dei quali è coperta dall’oblio del tempo.

Antiche famiglie fiorentine

Io vidi gli Ughi, e vidi i Catellini, i Filippi, i Greci, gli Ormanni e gli Alberichi, già in decadenza e in via di estinzione, sebbene ancora illustri cittadini;

E vidi famiglie la cui potenza era pari all’antichità, con gli appartenenti alla famiglia dei della Sannella, dei dell’Arce, e i Soldanieri e gli Ardinghi e i Bostichi.

Presso porta San Piero, che ora è piena di felloneria portata da gente appena arrivata, felloneria così grave che presto causerà la rovina della città che l’accoglie,

Abitavano i Ravignani, dai quali sono discesi il conte Guido e tutti coloro che hanno poi preso il nome dal nobile Bellincione.

Gli appartenenti alla famiglia della Pressa avevano già esperienza di governo, e i Galigai erano già stati insigniti della dignità di cavalieri.

Erano già grandi la famiglia dei Pigli, quella dei Sacchetti. Canto   16 Paradiso - Parafrasi articolodei Giuochi. dei Fifanti e dei Barucci e dei Galli e dei Chiaramontesi, coloro che arrossiscono di vergogna per la frode dello staio di sale.

La schiatta da cui discese la famiglia dei Calfucci era già grande, e già erano stati chiamati alle più alte cariche pubbliche i Sizii e gli Arrigucci.

Oh quanto potenti io vidi gli Uberti, che (ora) sono caduti in rovina per la loro superbia! e l’insegna dei Lamberti dava lustro a Firenze in tutte le sue grandi imprese.

Allo stesso modo (dei Lamberti) onoravano Firenze gli antenati dei Visdomini e dei Tosinghi, i quali, quando la vostra sede vescovile è vacante, ne approfittano per arricchirsi allorché si riuniscono insieme per amministrarla.

Conflitti e divisioni a Firenze

La prepotente schiatta (degli Adimari) che infierisce (s’indraca: si fa feroce come drago) su chi fugge, e diventa umile come un agnello davanti a chi le mostra i denti o le offre la borsa, già iniziava l’ascesa, ma modesta era la sua origine tanto che a Ubertino Donati non piacque che il suocero (Bellincione Berti) lo facesse poi diventare loro parente.

I Caponsacchi erano già scesi da Fiesole ed abitavano nei pressi del Mercato Vecchio, ed eran già diventati cittadini ragguardevoli i Giudi e gli Infangati.

Dirò una cosa incredibile eppure vera nella cerchia antica si entrava per una porta che prendeva nome dalla famiglia dei della Pera.

Tutte le famiglie che portano (nel loro stemma) la bella insegna di Ugo il Grande, la cui fama e le cui opere sono commemorate nel giorno festivo di San Tommaso,

Ricevettero da lui la dignità cavalleresca e il privilegio (di portare il suo stemma), sebbene oggi uno che adorna quell’insegna col fregio (di una fascia d’oro) si sia schierato dalla parte del popolo.

Fiorivano già le famiglie dei Gualterotti e degli Importuni; e il quartiere di Borgo Santi Apostoli sarebbe ancor oggi più tranquillo, se esse non avessero avuto i nuovi vicini.

La casa (degli Amidei) da cui nacque il pianto di Firenze, a causa del loro legittimo sdegno che (però) vi ha portati alla rovina, e ha posto fine alla vostra vita serena e pacifica,

era tenuta in onore, essa e la sua consorteria (i Gherardini e gli Uccellini): o Buondelmonte, quanto facesti male a venir meno alla promessa di nozze con una donna di quella famiglia per istigazione altrui!

Molti, che ora sono tristi (per i lutti causati dalla divisione della città), sarebbero invece lieti, se Dio ti avesse fatto annegare nel fiume Ema la prima volta che venisti a Firenze.

Ma era necessario che Firenze, giunta alla fine del suo periodo di pace interna, immolasse una vittima alla statua mutila di Marte che è in capo al Ponte Vecchio.

Pace e gloria di Firenze

Con queste famiglie e con altre insieme a loro, vidi Firenze in una pace cosiì profonda, che non c’era nulla da cui ricevesse motivo di sofferenza:

Con queste famiglie io vidi il suo popolo così glorioso e concorde, che l’insegna del giglio non era mai stata capovolta in cima all’asta, né il giglio bianco era mai stato sostituito con quello rosso per le lotte di partito ”.

Il comune fiorentino e le sue insegne

Il comune fiorentino, tra tutti i comuni toscani, fu, al tempo di Cacciaguida, il più glorioso (la sua insegna, infatti, non venne mai trascinata capovolta per dileggio dal nemico vincitore, secondo l'uso del tempo ) e il più giusto (nessun cittadino ebbe necessità per distinguere il suo partito da quello avverso, di cambiare in rosso il giglio bianco di Firenze, come invece avvenne nel 1251, dopo la guerra contro Pistoia). Infatti, cacciati i Ghibellini, "il popolo e li Guelfi, che dimorarono alla signoria di Firenze... dove anticamente si portava il campo rosso e 'l giglio bianco, si feciono per contrario il campo bianco e '1 giglio rosso" (Villani - Cronaca IV, 43), mentre i Ghibellini mantennero l'antica insegna.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la riflessione principale sulla nobiltà e virtù nel testo?
  2. Il testo riflette sulla nobiltà di sangue come qualcosa di poco conto se non accompagnata dalla virtù, paragonandola a un mantello che si accorcia se non viene arricchito quotidianamente.

  3. Come viene descritto il dialogo con Cacciaguida?
  4. Il dialogo con Cacciaguida è descritto come un momento di elevazione e confidenza per l'autore, che si sente incoraggiato e gioioso nel conversare con il suo antenato.

  5. Quali sono le origini e la storia di Firenze menzionate nel testo?
  6. Il testo menziona le origini di Firenze, la sua popolazione e le famiglie nobili, sottolineando la purezza del sangue fiorentino prima dell'arrivo di famiglie dal contado.

  7. Cosa si dice sulla decadenza delle famiglie fiorentine?
  8. Si afferma che la mescolanza di stirpi diverse ha portato alla rovina delle famiglie fiorentine, paragonando la loro decadenza a quella delle città come Luni e Urbisaglia.

  9. Qual è la visione del comune fiorentino e delle sue insegne?
  10. Il comune fiorentino è descritto come il più glorioso e giusto tra i comuni toscani, con un'insegna che non è mai stata capovolta per dileggio, simbolo di un tempo di pace e gloria.

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