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Concetti Chiave

  • Il Canto 23 dell'Inferno descrive la sesta bolgia, quella degli ipocriti, dove i dannati indossano cappe di piombo dorate e alcuni sono crocifissi al suolo.
  • Dante e Virgilio fuggono dai diavoli scivolando rapidamente lungo il pendio, sfuggendo così alla loro minaccia.
  • I poeti incontrano i frati godenti Catalano e Loderingo, noti per la loro ipocrisia e vita mondana, che furono podestà a Firenze.
  • Caifas è punito per l'ipocrisia nella condanna di Cristo, crocifisso a terra e calpestato dagli altri ipocriti.
  • Catalano indica ai poeti la via d'uscita dalla bolgia, mostrando come Virgilio fosse stato ingannato da Malacoda.

Indice

  1. Introduzione al Canto 23 dell'Inferno
  2. Fuga dei due poeti verso la bolgia
  3. Due frati godenti: Catalano e Loderingo
  4. La pena di Caifas e del suocero Anna

Introduzione al Canto 23 dell'Inferno

Il canto XXIII contiene la descrizione della sesta bolgia, ovvero quella degli ipocriti. Singolare in questa bolgia la duplicità della pena e conseguentemente del contrappasso. La grande maggioranza dei dannati cammina lentissimamente, piangendo, gravata da cappe di piombo esternamente dorate, con cappucci che scendono sugli occhi. Alcuni ipocriti sono invece crocifissi al suolo, e gli altri dannati passano loro sopra. Questi ultimi sono il sommo sacerdote ebreo Caifas, che aveva giustificato con ragioni nobili una cosa supremamente ingiusta come la condanna di Cristo, e con lui il suocero Anna e gli altri membri del sinedrio di sacerdoti e di farisei che fecero crocifiggere Gesù.

Dante conosceva, o poteva conoscere, parecchie etimologie della parola ipocrita. Una, quella esatta, era stata affacciata da Isidoro, ribadita da S. Agostino, accettata da S. Tommaso: testi tutti assai noti al poeta. Tuttavia egli preferisce un delle tre etimologie che gli offriva il vocabolario di Uguccione, ipocrita è dunque colui che nasconde qualcosa sotto un'aurea apparenza. Dante non poteva preferire l'etimologia di Isidoro per ragioni filologiche, giacché egli il greco non lo conosceva, e dall'altra parte è assai dubbio che ragioni di tal genere potessero al suo tempo influire su una scelta artistico-morale; e quindi preferì l'etimologia di Uguccione che gli offriva uno spunto figurativo concreto d'immediatezza evidenza.

Fuga dei due poeti verso la bolgia

i due poeti camminano silenziosi e senza scorta, uno dietro l'altro. Dante ripensa a quanto è accaduto e teme che i diavoli, beffati per causa loro, vogliano vendicarsi e fa partecipe Virgilio della sua paura. Anche Virgilio ci aveva pensato, ma ha appena cominciato a parlare che si accorge che i diavoli stanno correndo al loro inseguimento.

Rapido afferra il discepolo e tenendolo stretto a sé si lascia scivolare lungo il pendio dell'argine fino al fondo della bolgia sottostante. Ne hanno appena toccato il suolo che i demoni giungono all'argine, ma sono costretti ad arrestarsi perché non possono allontanarsi dalla bolgia loro assegnata.

Nella nuova bolgia in cui sono finito i poeti con la drammatica fuga dai diavoli, essi trovano i peccatori, gli ipocriti, che camminano lentamente, piangendo, rivestiti di pesanti cappe di piombo dorate all'esterno, con il cappuccio che scende loro davanti agli occhi. L'andatura è così lenta che i due poeti, che vanno a fianco di loro, ad ogni passo hanno a lato una nuova coppia di peccatori.

Due frati godenti: Catalano e Loderingo

Dante prega Virgilio di trovare tra quei dannati qualche persona nota, e uno di essi, udendolo, lo invita a fermarsi. Dante osserva che due, dal sembiante, mostrano una gran fretta, ma sono impacciati dal peso del manto. Accortisi costoro che Dante è vivo, ne mostrano meraviglia e gli chiedono chi sia. Dante risponde con generiche parole e a sua volta domanda chi siano essi. Costoro si rivelano come due frati godenti, Catalano de' Malavolti e Loderingo degli Andalò, che ipocritamente agirono nel loro incarico podestarile a Firenze, tanto che di ciò è ancora ricordo visibile nella zona del Gardingo.

Frati godenti: venivano così chiamati i Cavalieri si Santa Maria, cioè gli appartenenti ad un ordine religioso, formato di chierici e di laici, che avevano il compito, almeno in un primo tempo, di difendere gli ideali cristiani specialmente contro l'eresia, di sedare i tumulti e mettere pace tra le fazioni. Per questo potevano girare armati, come gli appartenenti ad ordini militari; vestivano con abiti di foggia e colori speciali.

L'ordine fu fondato in Bologna da Loderingo degli Andalò e da altri verso il 1260, e approvato da papa Urbano IV il 23 dicembre 1261. La tendenza dell'ordine di venire a compromessi con la realtà, e la vita comoda e mondana dei suoi membri, determinano forse l'uso del nome di frati godenti; ma l'appellativo era comune e non dispregiativo, tanto che appare in contratti di compra-vendita.

L'esercizio podestarile a Firenze assunto dai due frati che qui Dante incontra mentre era vietata agli appartenenti all'Ordine l'accettazione di qualsiasi carica politica, è forse uno dei primi motivi della taccia d'ipocrisia che Dante sembra estendere a tutto l'Ordine.

Catalano della famiglia guelfa dei Malavolti, nacque a Bologna intorno al 1210 e tenne la podesteria di parecchie città, oltre che il comando di una parte della fanteria bolognese alla battaglia di Fossalta. Fu tra i promotori dell'Ordine dei frati godenti e collega di Loderingo degli Andalò per ben tre volte come reggitore di Bologna e di Firenze.

Loderingo degli Andalò, di nobile famiglia ghibellina, nacque a Bologna intorno al 1210 e nel 1239 cadde prigioniero nelle mani di Federico II. Tenne la podesteria di parecchie città e fu collega di Catalano nel reggimento di Bologna e Firenze. Fu tra i fondatori dell'ordine e dopo la podesteria di Bologna, nel 1267, si ritirò nel monastero di Ronzano, dove ebbe compagno Guittone d'Arezzo che gli diresse una canzone in cui esaltò la serena pazienza di lui nel sopportare i dolori. Morì in quel convento nel 1293.

La pena di Caifas e del suocero Anna

Dante sta per rispondere, ma il discorso s'interrompe perché la sua attenzione viene attratta da un peccatore confitto in terra con tre pali. Loderingo spiega trattarsi di Caifas, il sommo sacerdote che ipocritamente favorì l'uccisione di Cristo. Ora, crocifisso a terra, viene calpestato da tutta la schiera degli ipocriti; alla stessa pena sono condannati il suocero di costui, Anna, e tutti i farisei ed i sacerdoti del Sinedrio di Gerusalemme.

Da Catalano i due poeti vengono a sapere che lì presso c'è la rovina di uno dei ponti, per mezzo della quale potranno salire e uscire dalla bolgia. Virgilio si accorge allora d'esser stato ingannato dal demonio Malacoda e si allontana crucciato anche per le parole ironiche del frate.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale del Canto 23 dell'Inferno?
  2. Il tema principale del Canto 23 è la punizione degli ipocriti nella sesta bolgia, dove i dannati camminano lentamente sotto il peso di cappe di piombo dorate e alcuni, come Caifas, sono crocifissi al suolo.

  3. Come reagiscono Dante e Virgilio alla minaccia dei diavoli?
  4. Dante e Virgilio fuggono rapidamente dai diavoli, scivolando lungo il pendio dell'argine fino al fondo della bolgia, riuscendo a sfuggire poiché i demoni non possono allontanarsi dalla loro bolgia assegnata.

  5. Chi sono i due frati godenti incontrati da Dante e Virgilio, e qual è la loro storia?
  6. I due frati godenti sono Catalano de' Malavolti e Loderingo degli Andalò, che furono podestà a Firenze e fondatori dell'Ordine dei Cavalieri di Santa Maria, noti per la loro ipocrisia e vita mondana.

  7. Qual è la pena inflitta a Caifas e agli altri membri del sinedrio?
  8. Caifas e gli altri membri del sinedrio sono crocifissi a terra e calpestati dagli ipocriti, come punizione per aver ipocritamente favorito la condanna di Cristo.

  9. Come riescono Dante e Virgilio a trovare una via d'uscita dalla bolgia?
  10. Catalano informa i poeti che c'è una rovina di un ponte vicino, attraverso la quale possono salire e uscire dalla bolgia, rivelando che Virgilio era stato ingannato dal demonio Malacoda.

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