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La natura elettrica della natura
Gli atomi della materia hanno parti dotate di una proprietà detta carica elettrica, la quale è trasferibile da un oggetto a un altro attraverso lo strofinio. Esistono due tipi di carica elettrica, quella positiva e quella negativa, per cui si utilizzano i simboli + e - . Ogni tipo di carica
elettrica è in grado di neutralizzare l'altra, e solo le cariche negative possono trasferirsi tramite strofinio. Le cariche dello stesso segno si respingono, quelle di segno opposto si attraggono.
Nel 1897 il fisico Joseph Thomson utilizzò i tubi di Crookes per separare le parti positive da quelle negative degli atomi. L'esperimento comprendeva un tubo di vetro sotto vuoto contenente due placche metalliche collegate a un generatore elettrico; la placca collegata al polo negativo è detta catodo, quella collegata al polo positivo è detta anodo. L'esito fu una
luminosità dal colore verde che si spostava dal polo negativo a quello positivo, prodotta dalle radiazioni provenienti dal catodo, che vennero chiamate raggi catodici, i quali sono formati da particelle cariche negativamente, gli elettroni, i cui fasci erano ottenuti anche cambiando il
metallo del catodo. Con altri esperimenti simili furono scoperte le parti positive degli atomi. Si ricorda l'esperimento di Eugen Goldstein, il quale identificò, in tubi di vetro contenenti gas a bassissima pressione, altre particelle che si muovevano dal polo positivo a quello negativo,
formando un fascio di raggi anodici, le cui particelle provenivano dal gas rarefatto e non dalla placca metallica. Si scoprì che:
→ le masse delle particelle cambiavano a seconda del gas nel tubo;
→ che la massa della particella più piccola era rilevata quando il tubo conteneva idrogeno;
→ e che le masse delle altre particelle erano multiple della massa dell'idrogeno.
Si pensò quindi che i gas perdessero elettroni e si trasformassero in frammenti positivi dell'atomo, e siccome le particelle positive avevano masse multiple dell'idrogeno, gli atomi sono costituiti da questa particella fondamentale di carica uguale a quella dell'elettrone, ma con massa molto maggiore. Tale particella è il protone.
Le parti neutre dell'atomo furono scoperte da James Chadwick, il quale, nel 1932, bombardò con particelle alfa emesse da un elemento radioattivo una sottile lamina di berillio e registrò l'emissione di particelle, le quali non venivano deviate da campi elettrici o magnetici. Queste particelle dovevano quindi essere prive di carica elettrica, e Chadwick le chiamò neutroni, e
siccome risiedono nel nucleo come i protoni, entrambi sono detti nucleoni.
Le particelle fondamentali
Gli atomi sono formati da elettroni, protoni e neutroni. L'elettrone fu scoperto da Joseph Thomson nel 1897 e le sue proprietà furono scoperte da Robert Millikan nel 1911 attraverso gli studi sui raggi catodici. Questa particella e- ha massa 9,1x10-31 kg e una carica elettrica pari a
-1,6x10-19 coulomb. Il protone fu scoperto da Eugen Goldstein nel 1886 e Wilhelm Wien nel1911 ne scoprì le proprietà grazie ad altri esperimenti sui tubi di Crookes. La massa delprotone p+ è 1837 volte maggiore a quella dell'elettrone, e quindi equivale a 1,673x10-27 kg, edha una carica opposta a quella dell'elettrone, quindi +1,6x10-19 coulomb. Il neutrone, la cui
esistenza fu postulata da Ernest Rutherford nel 1920 ma scoperta da James Chadwick nel 1932, è privo di carica elettrica e ha una massa 1839 volte maggiore a quella dell'elettrone, quindi 1,675x10-27 kg, leggermente maggiore a quella del protone.
I modelli atomici
La scoperta dell'elettrone pose il problema della definizione di un nuovo modello atomico. Thomson propose un modello continuo in cui la carica positiva occupava tutto il volume dell'atomo e gli elettroni erano disposti in posizioni regolari. Rutherford nel 1909 condusse un esperimento in cui si servì di una sorgente di particelle alfa, ovvero nuclei positivi di He2+, per
bombardare una sottile foglia d'oro spessa 0,01mm. Egli vedette che la maggior parte delle particelle attraversava il foglio senza deviazioni, e solo alcune rimbalzavano indietro violentemente o venivano deviate. Così propose un modello atomico secondo il quale l'atomo è composto da un nucleo centrale in cui si concentrano la carica + e la massa dell'atomo, mentre gli elettroni occupavano lo spazio vuoto intorno al nucleo, il cui diametro è 100mila volte minore del diametro dell'atomo (10-15m, 10-10m). Infine gli elettroni ruotano
attorno al nucleo, e sono in numero tale da bilanciare la carica positiva del nucleo. Questo modello descrive correttamente la struttura dell'atomo, la quale essenzialmente è vuota, ma non fornisce dettagli sulla disposizione degli elettroni attorno al nucleo.
Numero atomico, numero di massa e isotopi
Le conoscenze della struttura dell'atomo possono essere sfruttate per identificare un elemento chimico grazie al numero atomico. Il numero dei protoni presenti nel nucleo di un atomo è chiamato numero atomico Z, e in caso l'atomo sia neutro Z è uguale al numero di elettroni. Questo numero identifica ogni elemento e viene scritto in basso a sinistra del simbolo chimico: 7N.
In natura gli elementi non hanno lo stesso numero di particelle, per esempio l'idrogeno può essere trovato con uno o due neutroni, oltre che a un protone e un elettrone.
Queste varianti sono gli isotopi, ovvero atomi dello stesso elemento aventi le stesse proprietà chimiche, ma masse diverse perché contengono un diverso numero di neutroni. La maggior parte degli elementi chimici è costituita da più isotopi naturali che formano una miscela isotopica. Solo gli isotopi dell'idrogeno hanno nomi e simboli specifici, in massima parte si trova con un
protone e un elettrone, ed è detto prozio, ed è presente in natura per il 99,985%, se ha un neutrone in più è detto deuterio, e si trova per lo 0,015%, invece se ha due neutroni in più è detto trizio, il trizio è un isotopo radioattivo non presente in natura. Ciò che abbiamo indicato ora, è l'abbondanza isotopica, ed è la percentuale di un isotopo presente in un campione di un elemento chimico.
Consideriamo l'isotopo del carbonio 6
12C carbonio 12. Notiamo che in alto a sinistra è indicato il numero di massa A, ovvero la somma del numero di protoni Z, e quello dei neutroni nel nucleo. A=Z+n n=A-Z Z=A-n
Ogni elemento ha un numero definito di isotopi, e la massa atomica è la media della massa dei suoi isotopi: si moltiplica la massa di ciascun isotopo per la sua percentuale nell'elemento naturale e si sommano i prodotti.
Isotopi abbondanze masse
massa del boro?
B-10 19,77% 10,01294u 10,01294x(19,77/100) + 11,00931x(80,23/100) =
B-11 80,23% 11,00931u = 1,98 + 8,83 = 10,81u
La massa degli isotopi si misura attraverso lo spettometro di massa. Il campione dell'elemento viene introdotto nello strumento e i suoi atomi sono sottoposti a una scarica elettrica per cui perdono elettroni e diventano ioni positivi (cationi). La macchina riesce a separare i vari isotopi e a determinare la massa e la percentuale di ciascun isotopo presente nell'elemento naturale. Le cariche elettriche degli ioni sono dovute al fatto che hanno acquistato o ceduto uno o più elettroni. Lo ione Cl- ha acquistato un elettrone, lo ione Ca2+ ha ceduto due elettroni.
L'atomo di Bohr e la luce
Nonostante Rutherford avesse introdotto il concetto di nucleo, il suo modello è insoddisfacente sotto diversi punti di vista, per esempio non giustifica la stabilità degli atomi, infatti una carica elettrica con moto circolare tende a perdere energia e attratta dalla carica positiva tende a cedere sul nucleo emettendo radiazioni continue, l'atomo invece è stabile ed emette solamente alcune lunghezze d'onda. Bohr quindi ripartì con l'analizzare la luce emessa e assorbita dalle sostanze, in particolare dall'idrogeno.
La luce è un particolare tipo di onda elettromagnetica che si crea grazie alla rapida oscillazione di cariche elettrice, e l'insieme di queste onde elettromagnetiche forma lo spettro elettromagnetico, a cui fanno parte per esempio i raggi X, i raggi ultravioletti e quelli infrarosso.
Le grandezze che caratterizzano il fenomeni ondulatori sono la velocità, la lunghezza d'onda, detta lambda, e la frequenza, che si misura in Hz. Queste grandezze sono collegate tramite la seguente relazione: c= lambda x ni ovvero
velocità della luce= lunghezza d'onda x frequenza, la velocità della luce equivale a 300mila km/s.
La prova più evidente della natura ondulatoria della luce è legata al fenomeno della diffrazione. Esso si verifica quando un fascio di luce giunge su una fenditura, che rappresenta un ostacolo. Il fascio di luce non si propaga più in linea retta, ma dopo l'ostacolo si allarga formando zone chiare e scure, chiamate frange di interferenza. Le frange chiare sono dovute
alla somma di più onde durante l'interferenza, le frange scure sono dovute alla loro differenza. Si può notare che le onde scure si trovano anche dietro all'ostacolo, dove particelle che viaggiano in linea retta non potrebbero mai giungere.
Nonostante ciò si può dimostrare che la luce ha anche una natura corpuscolare attraverso l'osservazione dell'effetto fotoelettrico. Proiettando un fascio di luce su una lastra metallica, si può provocare l'espulsione di elettroni dalla superficie del metallo. Non appena la luce interagisce con la materia, emerge la sua natura corpuscolare. Infatti si può considerare un insieme di particelle dette fotoni, che trasportano energia e sono responsabili dell'espulsione
degli elettroni dalle superfici metalliche colpite.
La superficie metallica però, emette elettroni solamente se la frequenza della luce è superiore a una frequenza minima detta soglia, infatti, il numero di elettroni emessi dipende solo dall'intensità della luce e non dalla distanza tra la sorgente e la lamina, quando la luce è al di sopra della frequenza soglia, la velocità con cui sono emessi elettroni, è proporzionale alla frequenza. Siccome l'energia collegata ad un'onda dovrebbe diminuire con l'aumentare della distanza, la luce in questo caso non è un'onda ma un corpuscolo al quale è associata un'energia che dipende dalla frequenza con cui la luce è emessa. Quando non si supera la frequenza soglia si creano degli spettri, i quali possono essere di assorbimento o di emissione. Notiamo uno spettro di assorbimento quando un gas freddo e rarefatto viene interposto tra una luce bianca e un prisma ottico, possiamo notare che il gas assorbe parte dei colori creando uno spettro di assorbimento discontinuo. Al contrario notiamo uno spettro di emissione quando un atomo viene portato all'incandescenza, questo emette colori separate da bande nere creando spettri di emissione discontinui. Lo spettro di emissione e di assorbimento di uno stesso atomo sono sovrapponibili, cioè i colori che un atomo emette in incandescenza sono gli stessi che lo stesso atomo riesce ad assorbire. Gli
spettri di assorbimento sono quindi il negativo di quelli di emissione. Ciò si spiega solamente alla luce dell'effetto fotoelettrico, infatti quando la luce ha frequenza inferiore alla soglia, questa non ha sufficiente energia per fare sfuggire l'elettrone al nucleo. L'energia però può essere assorbita dall'elettrone che si allontana dal nucleo, facendo mancare una radiazione nello spettro di assorbimento. Al contrario quando l'elettrone ritorna ad essere attratto dal nucleo riemette l'energia che aveva assorbito sotto forma di radiazione luminosa e quindi crea lo spettro di emissione.
Ogni atomo emette un caratteristico spettro formato da una serie di righe separate da spazi neri, perciò si possono usare gli spettri per riconoscere gli elementi.
Questo fatto convinse Niels Bohr, nel 1913, della necessità di perfezionare il modello atomico di Rutherford. Egli infatti si rese conto che l'emissione di luce da parte degli atomi doveva avere a che fare con gli elettroni, che ruotano attorno al nucleo. Il modello atomico di Bohr prevede che:
→ l'elettrone percorre solo determinate orbite circolari dette orbite stazionarie;
→ all'elettrone sono permesse solo certe orbite, a cui corrispondono determinati valori di energia, infatti le orbite sono quantizzate, ovvero possono assumere solo certi valori di energia;
→ per passare da un'orbita a un'altra con
livello energetico più elevato l'elettrone deve assorbire energia;
→ per passare da un'orbita a un'altra a contenuto energetico minore, l'elettrone deve emettere un fotone di opportuna frequenza;
→ l'energia del fotone emesso o assorbito corrisponde alla differenza tra le due orbite.
Ogni orbita appartiene a un livello di energia, e i suoi livelli dipendono dal numero quantico principale n, il quale assume solo valori interi. Il livello di energia più basso è lo stato fondamentale. I livelli di energia superiore sono detti stati eccitati, perché l'elettrone li può
raggiungere solo ricevendo una sufficiente quantità di energia. Ogni volta che l'elettrone passa da un'orbita a un'altra si ha una transizione energetica, ovvero un'emissione di energia sotto forma di fotone.
Secondo il modello atomico di Bohr gli elettroni sono distribuiti in strati sferici concentrici situate a varie distanze dal nucleo, attorno al quale sono distribuiti. Questi strati sono le orbite o i livelli energetici e rappresentano l'energia degli elettroni, poiché maggiore è la loro distanza, maggiore è la loro energia. I livelli energetici sono definiti dal numero quantico principale n, espresso da numeri interi progressivi, iniziando dal livello di energia più basso cioè quello più vicino al nucleo. Esistono teoricamente infiniti livelli, ma ne sono stati individuati 7 per gli elementi noti. Niels Bohr scoprì anche che ogni orbita poteva contenere un numero massimo di elettroni secondo la relazione 2n2. A seconda del numero quantico principale sono previsti i sottolivelli s,p,d,f. Il modello atomico di Bohr non riuscì a spiegare alcune anomalie dello spettro dell'idrogeno e di atomi con più elettroni quindi venne modificato. De Broglie ipotizzò nel 1923 che la doppia natura della luce fosse una proprietà universale della materia, e associò ad ogni particella in movimento un'onda. Le onde associate all'elettrone sono chiamate onde di materia. Il tedesco Heisenberg verificò che gli elettroni non si muovono su orbite fisse, ma si allontanano e avvicinano al nucleo con una velocità elevatissima tale da non poter stabilire dove l'elettrone si trovi e a quale velocità viaggi. Ciò è chiamato il principio di indeterminazione di Heisenberg. Schrödinger formulò l'equazione d'onda, che teneva conto del comportamento ondulatorio dell'elettrone, portando allo sviluppo della teoria degli orbitali: di ogni elettrone si può definire solamente lo spazio tridimensionale intorno al nucleo
all'interno del quale si ha una grande probabilità di trovare l'elettrone, questo spazio tridimensionale è l'orbitale, che presenta energia, forma e orientamento nello spazio propri.
L'orbitale è la porzione di spazio tridimensionale disposta intorno al nucleo, all'intero della quale la probabilità di trovare l'elettrone è massima, è una funzione d'onda elettronica caratterizzata da una particolare terna di valori n,l,m, che ne descrivono energia, forma, e orientamento nello spazio. Questi tre valori definiscono lo stato quantico dell'elettrone.
Il numero quantico principale n definisce il livello energetico dell'elettrone, ed è proporzionale alla distanza dal nucleo. Al crescere di n crescono le dimensioni dell'orbitale, e al suo aumentare aumenta l'energia dell'orbitale. Il numero quantico secondario l, determina le caratteristiche geometriche dell'orbitale, ovvero il suo sottolivello energetico. 0 S, 1 P, 2 D, 3 F. l=0;n-1. Il numero quantico magnetico m, indica l'orientamento dell'orbitale nello spazio. m=-l;+l. l=0,m=0: per ogni livello energetico n, esiste un solo orbitale s. l=1, m=-1,0,1: gli orbitali p di ogni livello sono tre, orientati diversamente nello spazio, rispetto alle tre coordinate x,y,z. L=2, m=-2,-1,0,1,2 esistono cinque diversi orbitali d. l=3, m=-3,-2,-1,0,1,2,3:
esistono sette orbitali f diversi. Il numero quantico di spin ms può assumere solo due valori: -½ o +½. Lo spin indica il senso di rotazione dell'elettrone sul proprio asse, in senso orario o in senso antiorario. Due elettroni che hanno la stessa serie di numeri quantici, ovvero occupano lo stesso orbitale, non possono avere lo stesso numero quantico di spin, secondo il principio di esclusione di Pauli. Ogni orbitale quindi deve essere occupato al massimo da due elettroni, i quali devono avere spin opposto.
Lo spazio intorno al nucleo entro il quale si ha una certa probabilità di trovare l'elettrone si chiama superficie contorno, la cui forma è descritta dal numero quantico secondario, e il cui volume dipende dal numero quantico principale. La superificie degli orbitali s è una sfera, quella degli orbitali p è un doppio lobo che si estende lungo gli assi x, y, z, quella degli orbitali d è a quattro lobi e quella degli orbitali f invece è ancora più complessa.
La rappresentazione completa degli orbitali occupati da tutti gli elettroni in un atomo in ordine crescente di energia si chiama configurazione elettronica. Per scriverla occorre sapere il numero atomico Z, indicato nella tavola periodica. La successione degli orbitali è:
1S,2S,2P,3S,3P,4S,3D,4P,5S,4D,5P,6S,4F,5D,6P,7S,5F,6D,7P
Ogni orbitale è rappresentato da un quadratino e gli elettroni si indicano con frecce.
• Ogni orbitale può contenere massimo due elettroni di spin opposto (principio di Pauli)
• si occupano prima gli orbitali a più bassa energia e poi quelli a più elevata (principio
della costruzione progressiva o di Aufbau)
• se ci sono orbitali della stessa energia, prima si colloca un elettrone su ciascun orbitale
vuoto e poi si completano gli orbitali semipieni (regola di Hund)
• la somma degli esponenti che compaiono nella configurazione elettronica deve
corrispondere al numero Z.