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Concetti Chiave

  • Gli errori di laboratorio possono avere gravi conseguenze cliniche, influenzando il 26-30% dei percorsi dei pazienti e causando potenzialmente danni nel 6,4-12% dei casi.
  • La fase pre-analitica è critica, essendo responsabile di circa il 75% degli errori, spesso avvenuti al di fuori del laboratorio.
  • Un sistema informatico può rilevare discrepanze nei risultati, come variazioni non giustificate nei parametri ematici, indicando possibili errori di identificazione.
  • Identificare correttamente i pazienti è essenziale, usando domande aperte per evitare malintesi, specialmente con pazienti poco collaborativi o con omonimie.
  • Etichettare i campioni prima del prelievo è cruciale per evitare scambi di provette, minimizzando il rischio di errori di misidentificazione.

Conseguenze degli errori di laboratorio

Un errore in qualsiasi fase del ciclo di Lundberg può portare a delle conseguenze gravissime. È stato infatti stimato che il 26-30% degli errori ha ricadute sul percorso clinico del paziente, e comporta ulteriori indagini inappropriate e talora invasive; mentre tra il 6,4-12% ha effetti potenzialmente dannosi, come trasfusioni inappropriate, modificazioni erronee di infusioni epariniche od elettrolitiche e di regimi terapeutici.
Viene considerato errore di laboratorio un qualsiasi errore compiuto all’interno o all’esterno di esso, in una delle fasi del ciclo di Lundberg. L’obiettivo, quindi, è chiaramente quello di limitare il più possibile tali errori, partendo dalla fase pre-analitica. È stato calcolato, infatti, che circa il 75% degli errori sono commessi in fase pre-analitica e, gli stessi, sono compiuti soprattutto al di fuori dal laboratorio.

Di solito è il laboratorio ad accorgersi dell’errore, mettendo a confronto i risultati delle analisi dei giorni precedenti degli stessi pazienti, tramite un sistema informatico automatico; tuttavia, se il paziente arriva per la prima volta, non è possibile avvalersi di alcun confronto. Nell’immagine sottostante è riportato l’esempio di un confronto tra gli esami emocromo citometrici di un paziente a tre giorni di distanza: il sistema informatico evidenzia dei delta nel valore dell’emoglobina, dell’MCV e delle piastrine. L’MCV (volume corpuscolare medio) può essere considerato come “l’impronta digitale” del sangue di un individuo, poiché nel giro di giorni o mesi non può avere una variazione consistente, a meno che non siano insorte in poco tempo delle condizioni patologiche croniche gravi; di conseguenza, il delta tra 88 del primo prelievo e 120 del secondo non è giustificato e indica proprio un errore di identificazione del paziente. È impossibile che un’anemia macrocitica possa insorgere in tre giorni, quindi con lo studio e le conoscenze mediche è possibile trovare l’errore. Se non si fosse individuato l’errore, il clinico avrebbe potuto non accorgersi e prestare invece attenzione al calo di emoglobina, iniziando esami ecografici per individuare un’eventuale perdita ematica. In reparto, per evitare questi errori, ci si dovrebbe recare al letto del paziente e chiedergli il nome con una domanda aperta, e non chiedendo di rispondere sì o no alla domanda “Lei è il signor X?”. Il paziente, infatti, spesso è poco attento, stanco e dolorante, e quindi più portato a rispondere senza ascoltare. Questa procedura, per quanto sembri inutile, dovrebbe essere eseguita anche con pazienti che si conoscono bene in quanto ricoverati da mesi. È fondamentale che tutti i campioni siano etichettati prima del prelievo, per evitare il rischio che le provette di due pazienti di una stessa stanza si mischino. Si deve prestare inoltre particolare attenzione a pazienti stranieri con più di un cognome, ai pazienti non collaboranti e ai pazienti che presentino omonimi in reparto.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le conseguenze degli errori di laboratorio sul percorso clinico del paziente?
  2. Gli errori di laboratorio possono avere conseguenze gravi, con il 26-30% che influisce sul percorso clinico del paziente, portando a indagini inappropriate e talvolta invasive, e il 6,4-12% che ha effetti potenzialmente dannosi come trasfusioni inappropriate e modificazioni errate di terapie.

  3. In quale fase del ciclo di Lundberg si verificano più frequentemente gli errori di laboratorio?
  4. Circa il 75% degli errori di laboratorio si verificano nella fase pre-analitica, e la maggior parte di questi errori avviene al di fuori del laboratorio.

  5. Come può il laboratorio individuare un errore nei risultati delle analisi?
  6. Il laboratorio può individuare un errore confrontando i risultati delle analisi dei giorni precedenti dello stesso paziente tramite un sistema informatico automatico, che evidenzia eventuali delta nei valori che non sono giustificati.

  7. Quali misure possono essere adottate per evitare errori di identificazione del paziente?
  8. Per evitare errori di identificazione, è importante chiedere al paziente il nome con una domanda aperta, etichettare i campioni prima del prelievo, e prestare attenzione a pazienti stranieri con più cognomi, pazienti non collaboranti e omonimi in reparto.

Domande e risposte