
Ad oggi, solo il 10% delle nostre scuole primarie, e il 23% delle nostre scuole secondarie, è connesso ad Internet con rete veloce. Le altre sono collegate a velocità medio-bassa, ma con situazioni molto differenziate, e spesso sufficienti a mettere in rete solo l’ufficio di segreteria, o il laboratorio tecnologico; quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può abilitare.
Più della metà delle classi del nostro Paese, quindi, non può applicare forme di didattica digitale. Un digital divide che non possiamo permetterci, se abbiamo a cuore la nostra scuola.
Il processo di digitalizzazione della scuola è stato troppo lento, non solo per mancanza di risorse pubbliche. Abbiamo anche investito in tecnologie troppo “pesanti”, come le Lavagne Interattive Multi- mediali (le famose “LIM”), che hanno da una parte ipotecato l’uso delle nostre risorse per innovare la didattica, dall’altra parzialmente “ingombrato” le nostre classi, spaventando alcuni docenti.
La tecnologia non deve spaventare, ammonisce il governo dalle pagine del report sulla Buona scuola. Deve invece essere leggera e flessibile, adattandosi alle esigenze di chi la usa, allo stile dei nostri docenti, alla creatività dei nostri ragazzi.
Non deve essere costrittiva e catalizzare l’attenzione, ma deve essere abilitante, diffusa, personale, discreta. Rispettosa del valore umano dell’educazione, del valore sociale della didattica, e infine il più possibile sostenibile per le nostre risorse pubbliche.
"Questa è la visione su cui vogliamo investire - dichiara il Governo - per far sì che nessuna scuola sia isolata o lasciata indietro, e per completare, con urgenza, la digitalizzazione degli istituti scolastici di ogni ciclo".