Concetti Chiave
- I geni A e B sul genoma HLA-Dq2 o Hla-D1q codificano un eterodimero che lega l’antigene delle cellule APC ai linfociti T, contribuendo alla risposta immune contro la gliadina.
- La predisposizione genetica alla malattia celiaca è comune nella popolazione caucasica, ma non è sufficiente per sviluppare la malattia; serve a escludere piuttosto che confermare la condizione.
- Soggetti predisposti mostrano un legame ad alta affinità tra peptidi deamidati della gliadina e HLA, portando a una risposta T prolungata e attivazione pro-infiammatoria.
- C'è una correlazione tra la predisposizione genetica alla malattia celiaca e il diabete di tipo 1, sottolineando l'importanza della dieta priva di glutine nei modelli animali per prevenire il diabete.
- La deamidazione dei peptidi del glutine tramite transglutaminasi tissutale aumenta l'affinità per l'eterodimero αβ, rendendo il peptide immunodominante e potenzialmente contribuendo a ulteriori malattie autoimmuni.
Indice
Predisposizione genetica e test
La predisposizione genetica per l’innesco di una risposta
immunitaria nei confronti dei peptidi della gliadina è data dai geni A e B presenti sul genoma HLA-
Dq2 o Hla-D1q.
I due geni codificano per due monomeri α e β, che una volta sintetizzati si uniscono a formare un eterodimero che lega l’antigene nelle cellule APC e lo presenta ai linfociti T.
Questi aplotipi sono presenti nel 30-33% della popolazione caucasica, quindi la predisposizione genetica è una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della malattia.
Pertanto, il test genetico non va fatto per confermare la malattia celiaca, ma per escluderne la presenza:
se un soggetto non ha la predisposizione genetica, non potrà sviluppare la malattia. Viceversa, se un soggetto è predisposto, non significa che abbia la malattia.
Legame tra peptidi e HLA
I soggetti con la predisposizione genetica, quindi, sono caratterizzati da un
legame ad alta affinità tra i peptidi deamidati della gliadina e l’HLA, e di conseguenza c’è una presentazione dell’antigene molto più efficiente i linfociti T, che proliferano e si attivano, producendo citochine pro-infiammatore.
Connessione con il diabete di tipo 1
Questa predisposizione genetica è condivisa anche con il diabete di tipo 1, infatti nei modelli animali di diabete di tipo 1 la dieta priva di glutine previene l’insorgenza di diabete di tipo 1. Questo è importante perché se ho un paziente, soprattutto un bambino, con malattia celiaca devo stare attento che non sviluppi diabete di tipo 1 e viceversa.
Ruolo del microbiota e peptidi
Da una parte si ha quindi un microbiota disbiotico che innesca l’immunità innata delle cellule epiteliali, dall’altra parte i peptidi lunghi del glutine attraversano la barriera e arrivano nella lamina propria dove subiscono una trasformazione post-traslazionale, una deamidazione, tramite l’enzima transglutaminasi tissutale.
Processo di deamidazione e risposta immunitaria
Questo processo aumenta l’affinità del legame tra i peptidi immunogenici della gliadina e l’eterodimero αβ, codificato dai geni predisponenti la malattia celiaca, che si trova sulle cellule dendritiche. Per tanto, la presentazione dell’antigene diventa particolarmente efficiente e duratura nel tempo: il peptide deamidato della gliadina diventa, oltre che immunogenico, anche immunodominante perché capace di stimolare una risposta T molto più duratura nel tempo rispetto allo stesso peptide non-deamidato. Si noti che l’attivazione della tTG-2 conseguente alla flogosi fa sì che l’enzima possa modificare anche altre proteine self, creando nuovi antigeni (neo-epitopi): questo potrebbe spiegare la maggiore predisposizione dei soggetti con malattia celiaca a sviluppare altre malattie autoimmuni.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo dei geni A e B nel contesto della risposta immunitaria alla gliadina?
- Perché il test genetico non è sufficiente per confermare la malattia celiaca?
- Come la predisposizione genetica alla malattia celiaca è collegata al diabete di tipo 1?
I geni A e B presenti sul genoma HLA-Dq2 o Hla-D1q codificano per monomeri che formano un eterodimero, il quale lega l'antigene nelle cellule APC e lo presenta ai linfociti T, innescando una risposta immunitaria.
La predisposizione genetica è necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della malattia celiaca; un test genetico può escludere la malattia se la predisposizione non è presente, ma non confermarla se è presente.
La predisposizione genetica alla malattia celiaca è condivisa con il diabete di tipo 1, e una dieta priva di glutine nei modelli animali può prevenire l'insorgenza del diabete di tipo 1, suggerendo un legame tra le due condizioni.