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Pirandello, Luigi - Il Fu Mattia Pascal, sintesi Pag. 1
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Sintesi

Il Fu Mattia Pascal



“Il Fu Mattia Pascal” è un celebre romanzo di Luigi Pirandello, che apparve dapprima a puntate sulla rivista “La Nuova Antologia” nel 1904 e che fu poi pubblicato in un unico volume nello stesso anno.
Il romanzo si apre con due premesse :
• Nella prima, il protagonista enuncia la sua unica certezza : “Io mi chiamo Mattia Pascal” , che fa chiaramente riferimento al tema dell’identità e a quello del relativismo assoluto delle conoscenze umane.
• Nella seconda, Pirandello sottolinea l’irrilevanza del concentrarsi sui fatti, considerando l’ “infinita piccolezza” del genere umano, in opposizione alla tradizione romanzesca, che si soffermava invece su ogni minima azione dei personaggi.
Egli si propone come uno scrittore “filosofo”, di idee e non di storie.
La funzione narrativa viene svalutata da Pirandello, il quale considera gli uomini come semplici e sciocche marionette.
Lo scopo della scrittura diventa, piuttosto, il luogo per dimostrare e svelare all’uomo la sua alienazione e la sua insignificanza e il romanzo si trasforma in una veicolo di idee.
È considerato il capolavoro narrativo di Pirandello, che lo scrive come il libro delle memorie autobiografiche del protagonista, che narra le proprie esperienze in prima persona, a differenza dei romanzi precedenti raccontati in terza persona.
Rifiutando la narrazione in terza persona oggettiva, tipica del romanzo naturalista, Pirandello opta per il narratore autodiegetico (interno alla storia) che racconta in forma retrospettiva la strana vicenda a lui capitata.
Tramite la voce di Mattia Pascal e uno stile dialettico, Pirandello esprime la propria visione del mondo.
La Morale
“Il Fu Mattia Pascal” è un romanzo a tesi.
La morale della favola viene enunciata, al termine dell’opera, da don Eligio Pellegrinotto, il sacerdote che ha assunto le funzioni di bibliotecario al posto di Mattia Pascal.
“Fuori dalla legge e fuori di quelle particolarità, lieti o tristi che sieno, per cui siamo noi, [...] non è possibile vivere”.
In effetti, tutto il romanzo ruota intorno a questo assunto : quando il protagonista viene riconosciuto morto suicida, assapora l’ebbrezza di una libertà sconfinata, trovandosi nelle condizioni migliori per dare inizio a una “vita nuova”, senza più l’assillo dei debiti, della moglie e della suocera.
Ben presto però deve confrontarsi con le innumerevoli complicazioni che la cancellazione della sua vita precedente e l’assenza di una vera e propria identità comportano : trovarsi un nome, inventarsi un passato per rispondere alla curiosità degli interlocutori, riuscire a rapportarsi ad amici e donne, compiere azioni burocratiche etc.
Il protagonista verifica che la libertà assoluta, non soggetta ad alcun condizionamento, è solo un miraggio.
Il suo tentativo di fuga dalla prigione dei ruoli riconosciuti e pubblicamente sanciti si rivela velleitario, infrangendosi contro gli ostacoli posti sulla sua strada dalla legge e dalle mille circostanze quotidiane della vita.
Adriano Meis è solo un fantasma, non può calarsi realmente nella vita, perché non possiede un’identità anagrafica.
Oltre a ciò, la pseudo-esistenza di Adriano si fonda sulla Menzogna.
Se egli vuole entrare in relazione con qualcuno, deve inventarsi un passato, e questo passato si rivela un fardello ancora più pesante e condizionante, in quanto non gli appartiene. Egli è infatti costretto a recitare una parte, non potendo essere se stesso neanche per un istante.
Per Pirandello, vivere è spontaneità, mentre Adriano è condannato in partenza alla falsificazione e al camuffamento continuo.
La metafora riassuntiva della sua condizione di inesistenza è l’Ombra : egli si sente non una persona viva, ma l’”ombra d’un morto”.
Non gli resta, perciò, che riprendersi l’identità precedente, cercando di reintegrarsi nel mondo in cui viveva prima e di riprendersi il posto vacante che aveva lasciato.
“Il Fu Mattia Pascal” non rievoca una vicenda tipica, rappresentativa di un’epoca e di un ambiente sociale, secondo il modello della letteratura realista, bensì un “caso strano e diverso” , paradossale fino all’assurdo.
Pirandello trovava insulso il canone artistico della verosimiglianza : le opere d’arte, se devono rispecchiare realmente la vita, devono anche poter prescindere da questo vincolo, in quanto le vicende romanzesche “per parer vere” non hanno “bisogno d’esser verosimili”.
Lo scrittore ha il compito di render conto degli uomini “veri”, dell’”infinita varietà” di individui “di cui nessuno è uguale all’altro e che possono anche avere per disgrazia una gamba di legno o un occhio di vetro”, attributi singolari non consoni al genere umano.
Per Pirandello non esiste vicenda tanto bizzarra che non possa includersi nell’infinita varietà dei casi della vita.
Ed è proprio il caso l’unico motore della storia, che procede in modo imprevedibile, al di fuori di ogni logica, di ogni disegno preordinato e di ogni legge statistica.
La stessa vita è in balia del caso, che spiazza sempre, perché devia “altrove” il corso degli eventi, spingendoli in una direzione diversa se non addirittura opposta rispetto alle attese.
La vicenda perciò procede non in maniera lineare, concatenata verso il proprio sbocco naturale, fatale o scontato, bensì a tentoni, per esperimenti, con bruschi cambiamenti di rotta.
Il procedere per tentativi/esperimenti è ripreso da Pirandello dai Romantici tedeschi, soprattutto da Kleist.
“Il fu Mattia Pascal”: la vicenda narrata nel romanzo
Il protagonista del romanzo, Mattia Pascal, bibliotecario del comune di Miragno, un paesino ligure, conduce un’esistenza grigia e pesante, tra libri polverosi e di nessuna attrattiva per i suoi concittadini e una suocera bisbetica e insopportabile, che vive in casa con lui e la moglie.
Per sfuggire al senso di nausea e di vuoto che lo opprime, decide, all’insaputa di tutti, di emigrare in America, ponendo un oceano tra sé e quel mondo.
Sulla via di Marsiglia, però, dove conta di imbarcarsi, fa tappa a Montecarlo, dove si lascia sedurre dall’idea di tentare la sorte al casinò.
La fortuna lo assiste in maniera addirittura sfacciata: infilando, una dietro l’altra, per alcuni giorni, parecchie puntate vincenti alla roulette, riesce in poco tempo a mettere da parte una somma più che ragguardevole.
A questo punto pensa di tornare a Miragno, ma durante il viaggio legge su un giornale locale una luttuosa notizia di cronaca che lo fa trasecolare : nella gora di un mulino del suo paese, proprio quello che egli aveva ipotizzato di acquistare con i soldi guadagnati alla roulette, è stato rinvenuto il cadavere, in stato di avanzata decomposizione, di un uomo morto per annegamento.
Identificato da sua moglie come Mattia Pascal, tutto il paese ne ha pianto – per la verità, senza spargere troppe lacrime – la tragica fine.
Dopo il primo sbalordimento, Mattia, più vivo che mai, comincia a pensare che due circostanza tanto fortunate, come l’ingente somma vinta al casinò e la sua morte supposta, gli offrono l’opportunità di intraprendere una nuova vita, senza problemi economici e senza più legami con il passato.
Così, cambia treno, andando incontro al miraggio di una libertà sconfinata.
Decide di chiamarsi Adriano Meis, si sottopone a un intervento di chirurgia plastica per correggere un vistoso strabismo all’occhio, viaggia molto, in Italia e anche all’estero.
A Roma, dove ha preso in affitto una stanza presso un certo Anselmo Paleari, stravagante figura di teosofo occultista appassionato di sedute spiritiche, il non più Mattia Pascal si accorge che Andriano Meis è soltanto un’ombra, un personaggio fittizio, perché privo di una storia alle spalle e soprattutto di un’identità anagrafica.
Preso atto della propria attuale inconsistenza, delibera di porle termine inscenando un altro finto suicidio: sul parapetto di un ponte abbandona bastone, cappello e un biglietto con le proprie generalità fasulle, e si dilegua, lasciando immaginare di essersi tolto la vita gettandosi nelle acque del Tevere.
Dopo un po' di tempo ricompare a Miragno, rassegnato a riprendere l’esistenza di una volta, ma ha la sgradita sorpresa di constatare che il suo posto, sia in quanto marito sia in quanto bibliotecario, nel frattempo è stato occupato da altri.
Non gli resta perciò che scrivere le memorie del suo caso singolare e portare fiori sulla tomba del fu Mattia Pascal.
Estratto del documento

l’”ombra d’un morto”.

persona viva, ma

Non gli resta, perciò, che riprendersi l’identità precedente, cercando di reintegrarsi nel mondo

in cui viveva prima e di riprendersi il posto vacante che aveva lasciato.

“Il Fu Mattia Pascal” non rievoca una vicenda tipica, rappresentativa di un’epoca e di un

“caso strano e diverso”

ambiente sociale, secondo il modello della letteratura realista, bensì un

, paradossale fino all’assurdo.

Pirandello trovava insulso il canone artistico della verosimiglianza : le opere d’arte, se devono

rispecchiare realmente la vita, devono anche poter prescindere da questo vincolo, in quanto le

“per parer vere” “bisogno d’esser verosimili”.

vicende romanzesche non hanno

Lo scrittore ha il compito di render conto degli uomini “veri”, dell’”infinita varietà” di individui

“di cui nessuno è uguale all’altro e che possono anche avere per disgrazia una gamba di legno

o un occhio di vetro”, attributi singolari non consoni al genere umano.

Per Pirandello non esiste vicenda tanto bizzarra che non possa includersi nell’infinita varietà dei

casi della vita.

Ed è proprio il caso l’unico motore della storia, che procede in modo imprevedibile, al di fuori di

ogni logica, di ogni disegno preordinato e di ogni legge statistica.

La stessa vita è in balia del caso, che spiazza sempre, perché devia “altrove” il corso degli

eventi, spingendoli in una direzione diversa se non addirittura opposta rispetto alle attese.

La vicenda perciò procede non in maniera lineare, concatenata verso il proprio sbocco naturale,

fatale o scontato, bensì a tentoni, per esperimenti, con bruschi cambiamenti di rotta.

Il procedere per tentativi/esperimenti è ripreso da Pirandello dai Romantici tedeschi,

soprattutto da Kleist.

“Il fu Mattia Pascal”: la vicenda narrata nel romanzo

Il protagonista del romanzo, Mattia Pascal, bibliotecario del comune di Miragno, un paesino

ligure, conduce un’esistenza grigia e pesante, tra libri polverosi e di nessuna attrattiva per i

suoi concittadini e una suocera bisbetica e insopportabile, che vive in casa con lui e la moglie.

Per sfuggire al senso di nausea e di vuoto che lo opprime, decide, all’insaputa di tutti, di

emigrare in America, ponendo un oceano tra sé e quel mondo.

Sulla via di Marsiglia, però, dove conta di imbarcarsi, fa tappa a Montecarlo, dove si lascia

sedurre dall’idea di tentare la sorte al casinò.

La fortuna lo assiste in maniera addirittura sfacciata: infilando, una dietro l’altra, per alcuni

giorni, parecchie puntate vincenti alla roulette, riesce in poco tempo a mettere da parte una

somma più che ragguardevole.

A questo punto pensa di tornare a Miragno, ma durante il viaggio legge su un giornale locale

una luttuosa notizia di cronaca che lo fa trasecolare : nella gora di un mulino del suo paese,

proprio quello che egli aveva ipotizzato di acquistare con i soldi guadagnati alla roulette, è

stato rinvenuto il cadavere, in stato di avanzata decomposizione, di un uomo morto per

annegamento.

Identificato da sua moglie come Mattia Pascal, tutto il paese ne ha pianto – per la verità, senza

spargere troppe lacrime – la tragica fine.

Dopo il primo sbalordimento, Mattia, più vivo che mai, comincia a pensare che due circostanza

tanto fortunate, come l’ingente somma vinta al casinò e la sua morte supposta, gli offrono

l’opportunità di intraprendere una nuova vita, senza problemi economici e senza più legami con

il passato.

Così, cambia treno, andando incontro al miraggio di una libertà sconfinata.

Decide di chiamarsi Adriano Meis, si sottopone a un intervento di chirurgia plastica per

correggere un vistoso strabismo all’occhio, viaggia molto, in Italia e anche all’estero.

A Roma, dove ha preso in affitto una stanza presso un certo Anselmo Paleari, stravagante

figura di teosofo occultista appassionato di sedute spiritiche, il non più Mattia Pascal si accorge

che Andriano Meis è soltanto un’ombra, un personaggio fittizio, perché privo di una storia alle

spalle e soprattutto di un’identità anagrafica.

Preso atto della propria attuale inconsistenza, delibera di porle termine inscenando un altro

finto suicidio: sul parapetto di un ponte abbandona bastone, cappello e un biglietto con le

proprie generalità fasulle, e si dilegua, lasciando immaginare di essersi tolto la vita gettandosi

nelle acque del Tevere.

Dopo un po' di tempo ricompare a Miragno, rassegnato a riprendere l’esistenza di una volta,

ma ha la sgradita sorpresa di constatare che il suo posto, sia in quanto marito sia in quanto

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