Concetti Chiave
- "L'aquilone" di Giovanni Pascoli esplora il contrasto tra il ricordo infantile e una profonda malinconia, evocando l'illusione del volo e la perdita.
- Il volo dell'aquilone è un richiamo spettrale che riapre ferite del passato, trasformando la memoria in un abisso anziché un rifugio.
- La natura è descritta con toni gotici, con venti che guidano l'aquilone, simbolo dell'anima del poeta sospesa tra ascesa e caduta.
- Il tema della morte è onnipresente, con l'aquilone che diventa un epitaffio, richiamando i defunti e rappresentando la perdita dell'infanzia.
- Il paesaggio, avvolto nella nebbia del tempo, partecipa al lutto, con elementi naturali che riflettono la fragilità e il dolore del poeta.
Indice
Giovanni Pascoli - L'aquilone: commento
“L’aquilone” è una poesia che, sotto l’apparente delicatezza del ricordo infantile, cela un’anima dolente, sospesa tra vita e morte, tra l’illusione del volo e la gravità della perdita. Pascoli evoca un gioco d’infanzia – l’aquilone – per risalire lungo la corrente della memoria, ma quel volo leggero si trasforma presto in un percorso oscuro, quasi funebre, dove il cielo non è più promessa, ma mistero.Il poeta, immerso in una giornata piovosa e scolastica, è colto da un’improvvisa visione: il volo di un aquilone. Questo evento minimo, apparentemente innocente, agisce come un richiamo spettrale. Non è nostalgia dolce, ma una ferita che si riapre. Come un’ombra che attraversa il vetro della realtà presente, l’aquilone appare e subito trascina l’anima verso un passato che non è affatto sereno. La memoria non è rifugio, ma abisso.
La vita che permane nel ricordo
"Là, in quella primavera, / è ritornata, come in sogno, l’ora / del mio buon tempo che non torna più." L’ossimoro è evidente: il "buon tempo" è già perduto, "non torna più", e la sua evocazione non è gioia, ma struggimento. Il sogno diventa visione gotica, ricordo dolente. Come un’epifania tragica, il volo dell’aquilone risveglia un mondo che non esiste più, e lo fa con la forza di una resurrezione incompleta, quasi zombesca: ciò che torna in mente è vivo, ma morto, dolce e insieme corrosivo.
La descrizione della natura
Il gotico della poesia si insinua nella descrizione della natura: il cielo è percorso da venti che "menano" l’aquilone come una foglia o un’anima sospesa. Il vento stesso sembra avere una volontà, come una forza invisibile che muove le cose in modo inquieto. Il paesaggio è percorso da tensioni invisibili, da correnti d’aria e d’anima. L’aquilone si fa simbolo dell’anima del poeta, che si stacca dal corpo per cercare le altezze, ma è trattenuto da un filo: una tensione costante tra l’ascesa e la caduta, tra il desiderio di volare e la paura di perdersi.
Il baratro della morte
Il vero baratro della poesia si apre nella parte finale, dove il volo si accompagna a un pensiero di morte: "Quel giorno io non pensavo / che a quelle vite che son giù nel cavo / d’un oscuro sepolcro: a quei fratelli / che non sono più miei, ma miei fratelli." Il volo non è più gioco, ma epitaffio. Ogni impennata dell’aquilone è un sussulto dell’anima che cerca i morti. L’infanzia non è l’età felice, ma il luogo della perdita. I fratelli scomparsi, come anime non pacificate, sono “giù nel cavo” – un’immagine profondamente funerea, come un pozzo, una cripta.L’aquilone, simbolo tradizionale di libertà e leggerezza, viene deformato. Non vola per giocare, ma per ricordare. Non danza nel cielo, ma traccia il percorso di un’anima che cerca i defunti. La fune che lo lega alla terra è come un cordone ombelicale con la vita, ma anche una catena che impedisce all’anima di fuggire. Ogni slancio si interrompe. Ogni ascesa è segnata dalla caduta. È il destino dell’uomo pascoliano: sospeso tra il cielo che non si può raggiungere e la terra che non consola.
Il gotico qui non è fatto di mostri, ma di assenze. Il vero terrore nasce dal vuoto: l’assenza della madre, dei fratelli, del padre. La casa non è rifugio, ma silenzio. L’infanzia, spesso immaginata come un giardino dell’eden, è qui descritta come un camposanto pieno di memorie incatenate. Il poeta torna bambino solo per ricordare il momento in cui ha iniziato a perdere tutto.
La compartecipazione del paesaggio
Anche il paesaggio partecipa al lutto: le colline, la scuola, i compagni, tutto è immerso in una nebbia del tempo che avvolge e spegne. L’aquilone stesso è un essere sospeso tra mondi: fragile, legato, vibrante come un’anima in pena.
Una poesia sepolcrale
“L’aquilone” è dunque una poesia sepolcrale, travestita da ricordo gentile. Un requiem per la giovinezza, per la famiglia distrutta, per l’innocenza che non torna. Il volo non libera, ma condanna. E la poesia si chiude come un lungo, ininterrotto sospiro: il cielo resta sopra, muto e irraggiungibile, mentre l’uomo resta inchiodato alla terra con il suo filo teso, a guardare ciò che ha perso.Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale della poesia "L'aquilone" di Giovanni Pascoli?
- Come viene descritta la natura nella poesia?
- Qual è il significato del volo dell'aquilone nella poesia?
- In che modo il paesaggio partecipa al lutto nella poesia?
- Come si conclude la poesia "L'aquilone"?
Il tema centrale è il ricordo dell'infanzia, che si trasforma in un'esperienza dolorosa e funebre, sospesa tra vita e morte.
La natura è descritta con toni gotici, con venti che muovono l'aquilone come un'anima sospesa, simbolo dell'anima del poeta in tensione tra ascesa e caduta.
Il volo dell'aquilone simboleggia il ricordo e la ricerca dei defunti, trasformandosi da gioco infantile a epitaffio funebre.
Il paesaggio partecipa al lutto avvolto in una nebbia del tempo, con colline, scuola e compagni immersi in un'atmosfera di perdita e silenzio.
La poesia si chiude con un senso di condanna, dove il volo non libera ma inchioda l'uomo alla terra, lasciandolo a contemplare ciò che ha perso.