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Concetti Chiave

  • Cloridano e Medoro, due Mori di Tolomitta, mostrano un raro esempio di vero amore e lealtà, legati al loro signore Dardinello.
  • Medoro, non volendo che il suo signore resti insepolto, decide di cercarlo nel campo nemico, mostrando coraggio e devozione.
  • Cloridano, impressionato dall'amore di Medoro per Dardinello, decide di accompagnarlo, preferendo morire con lui piuttosto che sopravvivere senza.
  • Durante un'incursione notturna nel campo nemico, Cloridano e Medoro uccidono diversi avversari, ma Medoro viene ferito gravemente mentre cerca di seppellire il suo signore.
  • Zerbino, impressionato dal coraggio di Medoro, prova pietà per lui, ma un cavaliere ostile lo ferisce ulteriormente, portando Cloridano a combattere fino alla morte.

Indice

  1. Lamenti e Dolore tra i Saraceni
  2. Cloridano e Medoro: Amore e Fedeltà
  3. Medoro e Cloridano: Un Piano Coraggioso
  4. Un Massacro Notturno
  5. La Fuga e il Sacrificio
  6. La Luna e la Preghiera di Medoro
  7. Zerbino e il Confronto con Medoro
  8. Cloridan e Medoro: Un Ultimo Atto di Coraggio
  9. La Fedeltà di Medoro
  10. Il Sacrificio di Cloridan
  11. La Morte di Cloridan e il Salvataggio di Medoro

Lamenti e Dolore tra i Saraceni

Tutta la notte per gli alloggiamenti

dei malsicuri Saracini oppressi

si versan pianti, gemiti e lamenti,

ma quanto più si può, cheti e soppressi.

Altri, perché gli amici hanno e i parenti

lasciati morti, ed altri per se stessi,

che son feriti, e con disagio stanno:

ma più è la tema del futuro danno.

Cloridano e Medoro: Amore e Fedeltà

Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro,

d'oscura stirpe nati in Tolomitta;

de' quai l'istoria, per esempio raro

di vero amore, è degna esser descritta.

Cloridano e Medor si nominaro,

ch'alla fortuna prospera e alla afflitta

aveano sempre amato Dardinello,

ed or passato in Francia il mar con quello.

Cloridan, cacciator tutta sua vita,

di robusta persona era ed isnella:

Medoro avea la guancia colorita

e bianca e grata ne la età novella;

e fra la gente a quella impresa uscita

non era faccia più gioconda e bella:

occhi avea neri, e chioma crespa d'oro:

angel parea di quei del sommo coro.

Erano questi duo sopra i ripari

con molti altri a guardar gli alloggiamenti,

quando la Notte fra distanze pari

mirava il ciel con gli occhi sonnolenti.

Medoro quivi in tutti i suoi parlari

non può far che 'l signor suo non rammenti,

Dardinello d'Almonte, e che non piagna

che resti senza onor ne la campagna.

Medoro e Cloridano: Un Piano Coraggioso

Volto al cornpagno, disse: «O Cloridano,

io non ti posso dir quanto m'incresca

del mio signor, che sia rimaso al piano,

per lupi e corbi, ohimé! troppo degna esca.

Pensando come sempre mi fu umano,

mi par che quando ancor questa anima esca

in onor di sua fama, io non compensi

né sciolga verso lui gli oblighi immensi.

Io voglio andar, perché non stia insepulto

in mezzo alla campagna, a ritrovarlo:

e forse Dio vorrà ch'io vada occulto

là dove tace il campo del re Carlo.

Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto

ch'io vi debba morir, potrai narrarlo:

che se Fortuna vieta sì bell'opra,

per fama almeno il mio buon cor si scuopra.»

Stupisce Cloridan, che tanto core,

tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo:

e cerca assai, perché gli porta amore,

di fargli quel pensiero irrito e nullo;

ma non gli val, perch'un sì gran dolore

non riceve conforto né trastullo.

Medoro era disposto o di morire,

o ne la tomba il suo signor coprire.

Veduto che nol piega e che nol muove,

Cloridan gli risponde: «E verrò anch'io,

anch'io vuo' pormi a sì lodevol pruove,

anch'io famosa morte amo e disio.

Qual cosa sarà mai che più mi giove,

s'io resto senza te, Medoro mio?

Morir teco con l'arme è meglio molto,

che poi di duol, s'avvien che mi sii tolto.»

Così disposti, messero in quel loco

le successive guardie, e se ne vanno.

Lascian fosse e steccati, e dopo poco

tra' nostri son, che senza cura stanno.

Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco,

perché dei Saracin poca tema hanno.

Tra l'arme e' carriaggi stan roversi,

nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi.

Un Massacro Notturno

Fermossi alquanto Cloridano, e disse:

«Non son mai da lasciar l'occasioni.

Di questo stuol che 'l mio signor trafisse,

non debbo far, Medoro, occisioni?

Tu, perché sopra alcun non ci venisse,

gli occhi e l'orecchi in ogni parte poni;

ch'io m'offerisco farti con la spada

tra gli nimici spaziosa strada.»

Così disse egli, e tosto il parlar tenne,

ed entrò dove il dotto Alfeo dormia,

che l'anno inanzi in corte a Carlo venne,

medico e mago e pien d'astrologia:

ma poco a questa volta gli sovenne;

anzi gli disse in tutto la bugia.

Predetto egli s'avea, che d'anni pieno

dovea morire alla sua moglie in seno:

ed or gli ha messo il cauto Saracino

la punta de la spada ne la gola.

Quattro altri uccide appresso all'indovino,

che non han tempo a dire una parola:

menzion dei nomi lor non fa Turpino,

e 'l lungo andar le lor notizie invola:

dopo essi Palidon da Moncalieri,

che sicuro dormia fra duo destrieri.

Poi se ne vien dove col capo giace

appoggiato al barile il miser Grillo:

avealo voto, e avea creduto in pace

godersi un sonno placido e tranquillo.

Troncògli il capo il Saracino audace:

esce col sangue il vin per uno spillo,

di che n'ha in corpo più d'una bigoncia;

e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia.

La Fuga e il Sacrificio

E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco

spenge in dui colpi, Andropono e Conrado,

che de la notte avean goduto al fresco

gran parte, or con la tazza, ora col dado:

felici, se vegghiar sapeano a desco

fin che de l'Indo il sol passassi il guado.

Ma non potria negli uomini il destino,

se del futuro ognun fosse indovino.

Come impasto leone in stalla piena,

che lunga fame abbia smacrato e asciutto,

uccide, scanna, mangia, a strazio mena

l'infermo gregge in sua balìa condutto;

così il crudel pagan nel sonno svena

la nostra gente, e fa macel per tutto.

La spada di Medoro anco non ebe;

ma si sdegna ferir l'ignobil plebe.

Venuto era ove il duca di Labretto

con una dama sua dormia abbracciato;

e l'un con l'altro si tenea sì stretto,

che non saria tra lor l'aere entrato.

Medoro ad ambi taglia il capo netto.

Oh felice morire! oh dolce fato!

che come erano i corpi, ho così fede

ch'andar l'alme abbracciate alla lor sede.

Malindo uccise e Ardalico il fratello,

che del conte di Fiandra erano figli;

e l'uno e l'altro cavallier novello

fatto avea Carlo, e aggiunto all'arme i gigli,

perché il giorno amendui d'ostil macello

con gli stocchi tornar vide vermigli:

e terre in Frisa avea promesso loro,

e date avria; ma lo vietò Medoro.

Gl'insidiosi ferri eran vicini

ai padiglioni che tiraro in volta

al padiglion di Carlo i paladini,

facendo ognun la guardia la sua volta;

quando da l'empia strage i Saracini

trasson le spade, e diero a tempo volta;

ch'impossibil lor par, tra sì gran torma,

che non s'abbia a trovar un che non dorma.

E ben che possan gir di preda carchi,

salvin pur sé, che fanno assai guadagno.

Ove più creda aver sicuri i varchi

va Cloridano, e dietro ha il suo compagno.

Vengon nel campo, ove fra spade ed archi

e scudi e lance in un vermiglio stagno

giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli,

e sozzopra con gli uomini i cavalli.

La Luna e la Preghiera di Medoro

Quivi dei corpi l'orrida mistura,

che piena avea la gran campagna intorno,

potea far vaneggiar la fedel cura

dei duo compagni insino al far del giorno,

se non traea fuor d'una nube oscura,

a' prieghi di Medor, la Luna il corno.

Medoro in ciel divotamente fisse

verso la Luna gli occhi, e così disse:

«O santa dea, che dagli antiqui nostri

debitamente sei detta triforme;

ch'in cielo, in terra e ne l'inferno mostri

l'alta bellezza tua sotto più forme,

e ne le selve, di fere e di mostri

vai cacciatrice seguitando l'orme;

mostrami ove 'l mio re giaccia fra tanti,

che vivendo imitò tuoi studi santi.»

La luna a quel pregar la nube aperse

(o fosse caso o pur la tanta fede),

bella come fu allor ch'ella s'offerse,

e nuda in braccio a Endimion si diede.

Con Parigi a quel lume si scoperse

l'un campo e l'altro; e 'l monte e 'l pian si vede:

si videro i duo colli di lontano,

Martire a destra, e Lerì all'altra mano.

Rifulse lo splendor molto più chiaro

ove d'Almonte giacea morto il figlio.

Medoro andò, piangendo, al signor caro;

che conobbe il quartier bianco e vermiglio:

e tutto 'l viso gli bagnò d'amaro

pianto, che n'avea un rio sotto ogni ciglio,

in sì dolci atti, in sì dolci lamenti,

che potea ad ascoltar fermare i venti.

Ma con sommessa voce e a pena udita;

non che riguardi a non si far sentire,

perch'abbia alcun pensier de la sua vita,

più tosto l'odia, e ne vorrebbe uscire:

ma per timor che non gli sia impedita

l'opera pia che quivi il fe' venire.

Fu il morto re sugli omeri sospeso

di tramendui, tra lor partendo il peso.

Zerbino e il Confronto con Medoro

Vanno affrettando i passi quanto ponno,

sotto l'amata soma che gl'ingombra.

E già venìa chi de la luce è donno

le stelle a tor del ciel, di terra l'ombra;

quando Zerbino, a cui del petto il sonno

l'alta virtude, ove è bisogno, sgombra,

cacciato avendo tutta notte i Mori,

al campo si traea nei primi albori.

E seco alquanti cavallieri avea,

che videro da lunge i dui compagni.

Ciascuno a quella parte si traea,

sperandovi trovar prede e guadagni.

«Frate, bisogna (Cloridan dicea)

gittar la soma, e dare opra ai calcagni;

che sarebbe pensier non troppo accorto,

perder duo vivi per salvar un morto.»

E gittò il carco, perché si pensava

che 'l suo Medoro il simil far dovesse:

ma quel meschin, che 'l suo signor più amava,

sopra le spalle sue tutto lo resse.

L'altro con molta fretta se n'andava,

come l'amico a paro o dietro avesse:

se sapea di lasciarlo a quella sorte,

mille aspettate avria, non ch'una morte.

Quei cavallier, con animo disposto

che questi a render s'abbino o a morire,

chi qua chi là si spargono, ed han tosto

preso ogni passo onde si possa uscire.

Da loro il capitan poco discosto,

più degli altri è sollicito a seguire;

ch'in tal guisa vedendoli temere,

certo è che sian de le nimiche schiere.

Cloridan e Medoro: Un Ultimo Atto di Coraggio

Era a quel tempo ivi una selva antica,

d'ombrose piante spessa e di virgulti,

che, come labirinto, entro s'intrica

di stretti calli e sol da bestie culti.

Speran d'averla i duo pagan sì amica,

ch'abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti.

Ma chi del canto mio piglia diletto,

un'altra volta ad ascoltarlo aspetto.

La Fedeltà di Medoro

Alcun non può saper da chi sia amato,

quando felice in su la ruota siede:

però c'ha i veri e i finti amici a lato,

che mostran tutti una medesma fede.

Se poi si cangia in tristo il lieto stato,

volta la turba adulatrice il piede;

e quel che di cor ama riman forte,

ed ama il suo signor dopo la morte.

Se, come il viso, si mostrasse il core,

tal ne la corte è grande e gli altri preme,

e tal è in poca grazia al suo signore,

che la lor sorte muteriano insieme.

Questo umil diverria tosto il maggiore:

staria quel grande infra le turbe estreme.

Ma torniamo a Medor fedele e grato,

che 'n vita e in morte ha il suo signore amato.

Il Sacrificio di Cloridan

Cercando gia nel più intricato calle

il giovine infelice di salvarsi;

ma il grave peso ch'avea su le spalle,

gli facea uscir tutti i partiti scarsi.

Non conosce il paese, e la via falle,

e torna fra le spine a invilupparsi.

Lungi da lui tratto al sicuro s'era

l'altro, ch'avea la spalla più leggiera.

La Morte di Cloridan e il Salvataggio di Medoro

Cloridan s'è ridutto ove non sente

di chi segue lo strepito e il rumore:

ma quando da Medor si vede assente,

gli pare aver lasciato a dietro il core.

«Deh, come fui (dicea) sì negligente,

deh, come fui sì di me stesso fuore,

che senza te, Medor, qui mi ritrassi,

né sappia quando o dove io ti lasciassi!»

Così dicendo, ne la torta via

de l'intricata selva si ricaccia;

ed onde era venuto si ravvia,

e torna di sua morte in su la traccia.

Ode i cavalli e i gridi tuttavia,

e la nimica voce che minaccia:

all'ultimo ode il suo Medoro, e vede

che tra molti a cavallo è solo a piede.

Cento a cavallo, e gli son tutti intorno:

Zerbin commanda e grida che sia preso.

L'infelice s'aggira com'un torno,

e quanto può si tien da lor difeso,

or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno,

né si discosta mai dal caro peso.

L'ha riposato al fin su l'erba, quando

regger nol puote, e gli va intorno errando:

come orsa, che l'alpestre cacciatore

ne la pietrosa tana assalita abbia,

sta sopra i figli con incerto core,

e freme in suono di pietà e di rabbia:

ira la 'nvita e natural furore

a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia;

amor la 'ntenerisce, e la ritira

a riguardare ai figli in mezzo l'ira.

Cloridan, che non sa come l'aiuti,

e ch'esser vuole a morir seco ancora,

ma non ch'in morte prima il viver muti,

che via non truovi ove più d'un ne mora;

mette su l'arco un de' suoi strali acuti,

e nascoso con quel sì ben lavora,

che fora ad uno Scotto le cervella,

e senza vita il fa cader di sella.

Volgonsi tutti gli altri a quella banda

ond'era uscito il calamo omicida.

Intanto un altro il Saracin ne manda,

perché 'l secondo a lato al primo uccida;

che mentre in fretta a questo e a quel domanda

chi tirato abbia l'arco, e forte grida,

lo strale arriva e gli passa la gola,

e gli taglia pel mezzo la parola.

Or Zerbin, ch'era il capitano loro,

non poté a questo aver più pazienza.

Con ira e con furor venne a Medoro,

dicendo: «Ne farai tu penitenza.»

Stese la mano in quella chioma d'oro,

e strascinollo a sé con violenza:

ma come gli occhi a quel bel volto mise,

gli ne venne pietade, e non l'uccise.

Il giovinetto si rivolse a' prieghi,

e disse: «Cavallier, per lo tuo Dio,

non esser sì crudel, che tu mi nieghi

ch'io sepelisca il corpo del re mio.

Non vo' ch'altra pietà per me ti pieghi,

né pensi che di vita abbi disio:

ho tanta di mia vita, e non più, cura,

quanta ch'al mio signor dia sepultura.

E se pur pascer vòi fiere ed augelli,

che 'n te il furor sia del teban Creonte,

fa lor convito di miei membri, e quelli

sepelir lascia del figliuol d'Almonte.»

Così dicea Medor con modi belli,

e con parole atte a voltare un monte;

e sì commosso già Zerbino avea,

che d'amor tutto e di pietade ardea.

In questo mezzo un cavallier villano,

avendo al suo signor poco rispetto,

ferì con una lancia sopra mano

al supplicante il delicato petto.

Spiacque a Zerbin l'atto crudele e strano;

tanto più, che del colpo il giovinetto

vide cader sì sbigottito e smorto,

che 'n tutto giudicò che fosse morto.

E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse,

che disse: «Invendicato già non fia!»

e pien di mal talento si rivolse

al cavallier che fe' l'impresa ria:

ma quel prese vantaggio, e se gli tolse

dinanzi in un momento, e fuggì via.

Cloridan, che Medor vede per terra,

salta del bosco a discoperta guerra.

E getta l'arco, e tutto pien di rabbia

tra gli nimici il ferro intorno gira,

più per morir, che per pensier ch'egli abbia

di far vendetta che pareggi l'ira.

Del proprio sangue rosseggiar la sabbia

fra tante spade, e al fin venir si mira;

e tolto che si sente ogni potere,

si lascia a canto al suo Medor cadere.

Seguon gli Scotti ove la guida loro

per l'alta selva alto disdegno mena,

poi che lasciato ha l'uno e l'altro Moro,

l'un morto in tutto, e l'altro vivo a pena.

Giacque gran pezzo il giovine Medoro,

spicciando il sangue da sì larga vena,

che di sua vita al fin saria venuto,

se non sopravenia chi gli diè aiuto.

- Il testo di Cloridano e Medoro è diviso in ottave che presentano versi endecasillabi.

- Le rime seguono l'andamento ABABABCC.

- E' presente una similitudine in questi versi: "Come impasto leone in stalla piena";

- di duol: latinismo;

- Nei versi "chi de la luce è donno: il sole" è presente un latinismo;

- Nei versi "E getta l'arco, e tutto pien di rabbia tra gli nimici il ferro intorno gira, più per morir, che per pensier ch'egli abbia di far vendetta che pareggi l'ira." c'è un'allitterazione.

alcune delle figure retoriche del brano Cloridano e Medoro dell'Orlando Furioso

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale del racconto di Cloridano e Medoro?
  2. Il tema principale è l'amore e la fedeltà tra Cloridano e Medoro, che si manifesta attraverso il loro coraggio e sacrificio per onorare il loro signore Dardinello.

  3. Come si sviluppa il piano coraggioso di Cloridano e Medoro?
  4. Medoro propone di recuperare il corpo del loro signore Dardinello per dargli una degna sepoltura, e Cloridano decide di accompagnarlo, nonostante i pericoli, per dimostrare il suo amore e la sua fedeltà.

  5. Quali eventi caratterizzano il massacro notturno?
  6. Durante il massacro notturno, Cloridano e Medoro uccidono diversi nemici nel sonno, approfittando della loro vulnerabilità, per vendicare la morte del loro signore.

  7. In che modo la luna e la preghiera di Medoro influenzano la loro missione?
  8. La luna, in risposta alla preghiera di Medoro, illumina il campo di battaglia, permettendo ai due di trovare il corpo del loro signore e di portarlo via per la sepoltura.

  9. Come si conclude la storia di Cloridano e Medoro?
  10. La storia si conclude con il sacrificio di Cloridano, che muore cercando di proteggere Medoro, mentre Medoro viene salvato da Zerbino, che prova pietà per lui.

Domande e risposte

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