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Composizione di una recensione
Lo studente immagini di dover recensire, per la pagina culturale di un giornale quotidiano, un libro, tra quelli di sua conoscenza e più graditi, evidenziandone il contenuto, l’eventuale valore morale o il messaggio lanciato ai lettori, e la figura dell’autore.
L’alto valore morale ed educativo di un libro sicuramente da leggere “Se questo è un uomo”, di Primo levi
La preziosa eredità etica ed educativa che ci ha lasciato uno scrittore vittima, in prima persona, della prigionia e delle torture psico-fisiche nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Le drammatiche vicende dei prigionieri, per la maggior parte Ebrei, rinchiusi nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, sono mirabilmente narrate nel libro Se questo è un uomo di Primo Levi che ebbe la cattiva sorte di provare in prima persona (in quanto appartenente ad una famiglia di Ebrei) quella traumatica esperienza, uscendone vivo, ma profondamente segnato nello spirito. Il racconto, toccante e denso di particolari, copre uno spazio di tempo che va dal giorno della cattura di Levi da parte dei nazisti, avvenuta il 13 dicembre del 1943, sulle montagne della Val d’Aosta, dove si era recato per prendere parte alla Resistenza, fino al 27 gennaio del 1945, quando, dopo oltre un anno di prigionia, lo scrittore fu liberato, insieme ad altri prigionieri, dall’intervento delle truppe sovietiche. Levi ripercorre con precisione quasi analitica e con un encomiabile lucido distacco, tutti i particolari di quell’odissea che lasciò una traccia indelebile nel suo animo, drammaticamente rivelatasi l’11 aprile 1987, il giorno in cui Levi si tolse la vita nella sua casa di Torino. Il lettore, seguendo il racconto di Levi, può rivivere il drammatico momento della cattura, poi il breve “soggiorno” nel campo di concentramento di Fossoli, quindi il lungo ed estenuante viaggio verso la Polonia, con destinazione Auschwitz, uno dei più tristemente famosi lager nazisti in cui furono deportati, umiliati, torturati e infine massacrati milioni di Ebrei. Ed ancora l’arrivo al campo, la sistemazione nelle baracche, il medesimo, alienante e duro lavoro di tutti i giorni, la fame, le privazioni, le angherie, i pochi momenti di riposo, le persone conosciute con cui dividere l’amaro trascorrere del tempo, ma soprattutto la descrizione di come un uomo può lentamente essere annientato sia fisicamente sia psicologicamente nella sua dignità ed identità, trasformandosi in breve tempo in una “larva”. È quanto accade ai prigionieri del campo, umiliati, picchiati, derisi e trattati peggio di bestie; è quanto noi adesso conosciamo e denunciamo grazie anche al libro di Levi, testimonianza di una delle più terribili tragedie di questo secolo e monito affinché ciò non si ripeta mai più.
Sfogliando le pagine del libro, si possono annotare alcune importanti considerazioni. In primo luogo, lo scrittore, pur avendone tutto il diritto morale, non formula capi d’accusa, evidentemente perché la trama del racconto, realistica, precisa, mai forzata o travisata, basta da sola a condannare le nefandezze dei nazisti. In secondo luogo, Levi, ricordando e scrivendo, compie un lavoro introspettivo, teso a ricavare una certa idea di sé e del proprio rapporto con il mondo, sicuramente condizionato da un’esperienza che pesa sulle sue spalle come un macigno e che sarà destinata a schiacciarlo, vista la scelta suicida con la quale porrà fine a quelle memorie insopportabili. In terzo luogo, dal libro si ricavano due concetti fondamentali, evidenziati anche dal filosofo Norberto Bobbio: 1) la morte morale ha gli stessi effetti della morte fisica, poiché un uomo, spogliato della sua dignità, della sua ragione, della sua etica, è come un uomo morto; 2) il male, insito nell’individuo, può essere estirpato solo fornendo l’esempio, come fatto da Levi, di uomini che, anche davanti alle sofferenze ed ai soprusi della prigionia nel lager, hanno resistito non adattandosi ad essa, ma sopportandola con tutte le loro forze.
Resta da stabilire a quale uomo si riferisca Levi nel titolo del libro: l’uomo-carnefice, da identificare con i carcerieri nazisti di Auschwitz; l’uomo-vittima, che in quel contesto non poteva essere altro che il prigioniero ebreo torturato dai nazisti; oppure l’uomo-vittima che però cerca di sopravvivere nell’unico modo possibile, cioè non subendo passivamente l’annullamento della propria personalità e cercando, pur tra mille difficoltà, di tenere alta la sua dignità di essere umano? Solo quest’ultimo uomo avrebbe potuto tentare di uscire vivo dal lager, aggrappandosi a tutto quello, molto poco a dire il vero, che avesse potuto ricordagli l’esistenza passata.
Lasciarsi andare avrebbe significato morire ancor prima di essere ucciso per mano nazista. Sopportare e sforzarsi, nonostante tutto, di considerare ciò che accade come un momentaneo, seppur tremendo, periodo di sofferenza prima di riassaporare il gusto della libertà: è quanto hanno fatto Levi e pochi altri. Si lavavano, mangiavano quel poco che gli era concesso, dormivano quando potevano, si scambiavano delle chiacchiere, insomma si sforzavano di comportarsi come uomini normali in un contesto che di umano non aveva nella.
Il titolo del libro vuol essere quindi un’amara constatazione (“se questo” cioè colui che è costretto a tali maltrattamenti fisici e morali, “è un uomo”), che nasce, però, dalla consapevolezza che l’unica speranza per quest’uomo è quella di non arrendersi e di reagire alla situazione per poter un giorno raccontare, per sé e per i compagni morti, le atrocità perpetrate dai nazisti.
Il libro di Levi, pubblicato nel 1947 dalla casa editrice De Silva ed in seguito, nel 1956, da Einaudi, tradotto in tante lingue e conosciuto in tutto il mondo, riveste quindi un alto valore educativo, tanto da consigliarne l’adozione come libro di testo per le scuole medie e superiori, essendo, come già detto, testimonianza diretta di un momento della nostra storia, da cui trarre insegnamento e monito per tutti coloro che ancora oggi continuano a credere nella superiorità di una razza o di un’etnia su un’altra, discriminando, osteggiando o deridendo chi ha una pelle e o delle origini, dei costumi, una fede religiosa diversi. In un’era come la nostra, dominata prima dai mass-media tradizionali (giornali, radio e televisioni) e poi dai recenti strumenti derivati dalle nuove tecnologie (computer, Internet ecc.), il libro sembra confinato in un ambito ristretto frequentato da studenti e da pochi appassionati: un testo valido come quello di Levi può allora sicuramente motivare giovani ed adulti alla lettura, rivelandosi un amico prezioso.
Daniela M.
RECENSIONE DI UN LIBRO
ARTICOLO: AMBITO CULTURALE
Lo studente immagini di dover recensire, per la pagina culturale di un giornale quotidiano, un
libro, tra quelli di sua conoscenza e più graditi, evidenziandone il contenuto, l’eventuale
valore morale o il messaggio lanciato ai lettori, e la figura dell’autore.
L’alto valore morale ed educativo di un libro sicuramente da leggere
“Se questo è un uomo”, di Primo levi
La preziosa eredità etica ed educativa che ci ha lasciato uno scrittore vittima, in prima persona, della
prigionia e delle torture psico-fisiche nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Le drammatiche vicende dei prigionieri, per la maggior parte Ebrei, rinchiusi nei campi di
concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, sono mirabilmente narrate nel libro Se
questo è un uomo di Primo Levi che ebbe la cattiva sorte di provare in prima persona (in quanto
appartenente ad una famiglia di Ebrei) quella traumatica esperienza, uscendone vivo, ma
profondamente segnato nello spirito. Il racconto, toccante e denso di particolari, copre uno spazio di
tempo che va dal giorno della cattura di Levi da parte dei nazisti, avvenuta il 13 dicembre del 1943,
sulle montagne della Val d’Aosta, dove si era recato per prendere parte alla Resistenza, fino al 27
gennaio del 1945, quando, dopo oltre un anno di prigionia, lo scrittore fu liberato, insieme ad altri
prigionieri, dall’intervento delle truppe sovietiche. Levi ripercorre con precisione quasi analitica e
con un encomiabile lucido distacco, tutti i particolari di quell’odissea che lasciò una traccia
indelebile nel suo animo, drammaticamente rivelatasi l’11 aprile 1987, il giorno in cui Levi si tolse
la vita nella sua casa di Torino. Il lettore, seguendo il racconto di Levi, può rivivere il drammatico
momento della cattura, poi il breve “soggiorno” nel campo di concentramento di Fossoli, quindi il
lungo ed estenuante viaggio verso la Polonia, con destinazione Auschwitz, uno dei più tristemente
famosi lager nazisti in cui furono deportati, umiliati, torturati e infine massacrati milioni di Ebrei.
Ed ancora l’arrivo al campo, la sistemazione nelle baracche, il medesimo, alienante e duro lavoro di
tutti i giorni, la fame, le privazioni, le angherie, i pochi momenti di riposo, le persone conosciute
con cui dividere l’amaro trascorrere del tempo, ma soprattutto la descrizione di come un uomo può
lentamente essere annientato sia fisicamente sia psicologicamente nella sua dignità ed identità,
trasformandosi in breve tempo in una “larva”. È quanto accade ai prigionieri del campo, umiliati,
picchiati, derisi e trattati peggio di bestie; è quanto noi adesso conosciamo e denunciamo grazie
anche al libro di Levi, testimonianza di una delle più terribili tragedie di questo secolo e monito
affinché ciò non si ripeta mai più.
Sfogliando le pagine del libro, si possono annotare alcune importanti considerazioni. In primo
luogo, lo scrittore, pur avendone tutto il diritto morale, non formula capi d’accusa, evidentemente
perché la trama del racconto, realistica, precisa, mai forzata o travisata, basta da sola a condannare
le nefandezze dei nazisti. In secondo luogo, Levi, ricordando e scrivendo, compie un lavoro
introspettivo, teso a ricavare una certa idea di sé e del proprio rapporto con il mondo, sicuramente
condizionato da un’esperienza che pesa sulle sue spalle come un macigno e che sarà destinata a
schiacciarlo, vista la scelta suicida con la quale porrà fine a quelle memorie insopportabili. In terzo
luogo, dal libro si ricavano due concetti fondamentali, evidenziati anche dal filosofo Norberto
Bobbio: 1) la morte morale ha gli stessi effetti della morte fisica, poiché un uomo, spogliato della
sua dignità, della sua ragione, della sua etica, è come un uomo morto; 2) il male, insito
nell’individuo, può essere estirpato solo fornendo l’esempio, come fatto da Levi, di uomini che,
anche davanti alle sofferenze ed ai soprusi della prigionia nel lager, hanno resistito non adattandosi
ad essa, ma sopportandola con tutte le loro forze.