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CAPITOLO 7: IL PROCEDIMENTO FALLIMENTARE
SEZIONE 1: Accertamento dello Stato Passivo e dei Diritti Reali e Personali di Terzi
SEZIONE 2: Liquidazione dell’attivo
SEZIONE 3: Ripartizione dell’attivo
CAPITOLO 8: LA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE E
L’ESDEBITAZIONE
CAPITOLO 9: FALLIMENTO DELLE SOCIETÁ
PARTE SECONDA: LA REGOLAZIONE NEGOZIATA DELLA CRISI
CAPITOLO 10: LA COMPOSIZIONE STRAGIUDIZIALE
CAPITOLO 11: IL CONCORDATO PREVENTIVO
CAPITOLO 12: GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
N 3 F
PARTE TERZA: LE PROCEDURE CONCORSUALI AMMINISTRATIVE
CAPITOLO 13: LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
CAPITOLO 14: L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE
INSOLVENTI
PARTE QUARTA: LE PROCEDURE DEL DEBITORE NON FALLIBILE
CAPITOLO 15: LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO E LA
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO
CAPITOLO 16: L’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI
CAPITOLO 17: LA LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO
N 4 F
PARTE PRIMA: IL FALLIMENTO
CAPITOLO 1: I PRESUPPOSTI DEL FALLIMENTO
SEZIONE 1: Qualità di imprenditore commerciale
1) Origine Storica e ragioni della limitazione del fallimento agli imprenditori commerciali
L’art. 1 della Legge Fallimentare stabilisce che “sono soggetti al fallimento gli imprenditori che svolgono
un’attività commerciale”. Ne sono, quindi, esclusi gli imprenditori agricoli, chi esercita professioni
intellettuali e lavoratori autonomi (ed ogni altro debitore).
L’origine del fallimento va individuata nelle legislazioni del Basso Medioevo, dove il fallimento era
applicabile solamente ai mercanti. La legislazione italiana si è ispirata a quella Napoleonica che prevedeva
di applicare le norme riguardo il fallimento solamente ad i commercianti.
Nel 1942 viene fondato un testo unico, il Codice Civile, che unificava sia la materia civile che quella
commerciale.
La riforma del 2006 ha lasciato immutate tali norme, quindi sono soggetti al fallimento soltanto i debitori (e
le imprese) i cui inadempimenti provocano ripercussioni sull’economia generale.
2) L’imprenditore e l’Impresa
Nel nostro ordinamento, il fallimento si applica solo agli imprenditori commerciali.
L’imprenditore, secondo l’art. 2082 del c.c. è colui che esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi.
Dobbiamo però precisare che è soggetto al fallimento l’imprenditore giuridico formale e non
l’imprenditore in senso economico.
Per imprenditore giuridico formale si intende la società in nome della quale vengono compiuti gli atti
dell’impresa mentre l’imprenditore in senso economico è il socio di riferimento o il gruppo di soci che
controllano la società.
In passato, il soggetto giuridico formale si identificava nella persona fisica del mercante. Successivamente,
con la nascita delle società per azioni, il soggetto che risponde alle obbligazioni non è più la persona fisica
ma la persona giuridica società.
(questa limitazione portava alla nascita di società di capitali create per un determinato affare che venivano
sciolte alla conclusione dell’affare per poi formarne un’altra per un nuovo affare).
Fino a qualche tempo fa, l’unico limite che veniva posto a questo schermo della personalità giuridica era
che la società doveva essere formata da una pluralità di soci. Di recente, invece, sono ammesse anche le
società un personali. In questo caso, il fallimento (attraverso una finzione della personalità giuridica ad una
struttura che appartiene interamente ad una persona fisica) non colpisce l’imprenditore ma l’impresa.
N 5 F
In Francia viene riconosciuta una responsabilità illimitata al cosiddetto “socio tiranno”, cioè il socio che
non rispetta le regole del gioco ed usa la società per curare i propri interessi. La giurisdizione italiana non
ha mai accolto la tesi del socio tiranno, infatti con la riforma del 2006 non è stata accolta l’ipotesi di
estendere il fallimento a chi si serve della società come cosa propria e che opera con poco rispetto
dell’etica degli affari.
L’unica possibilità di coinvolgimento dell’imprenditore in senso economico è quando gestisce una pluralità
di società per azioni creando un holding di tipo personale (come impresa autonoma).
L’imprenditore in senso economico, però, risponde solo dei debiti contratti per finanziare o sostenere le
società del gruppo.
3) Imprenditore, lavoratore autonomo, professionista intellettuale
Come abbiamo già detto, è soggetto al fallimento l’imprenditore che esercita un’attività commerciale.
Esistono alcune figure che non sono assoggettate al fallimento. Questi sono il lavoratore autonomo, il
professionista intellettuale e l’imprenditore agricolo.
Il lavoratore autonomo ed il professionista intellettuale non sono assoggettati al fallimento in quanto il
loro inadempimento non provoca ripercussioni gravi sull’economia globale.
Tuttavia, nel caso in cui il professionista intellettuale organizza la propria attività attraverso
un’organizzazione simile a quella dell’attività di impresa, allora viene considerato imprenditore e, quindi,
può essere sottoposto al fallimento.
Un esempio può essere rappresentato dal medico titolare di una casa di cura che esercita la propria opera
all’interno di essa, oppure un insegnante titolare di una scuola privata (in questi casi sono soggetti al
fallimento).
4) L’esenzione dal fallimento dell’imprenditore agricolo
Anche l’imprenditore agricolo non è assoggettato al fallimento. Tuttavia, questa esenzione viene messa in
discussione da molto tempo.
Infatti, vediamo che in passato l’art. 2135 del c.c. definiva imprenditore agricolo colui che coltivava il
fondo. In seguito a delle riforme, la figura di imprenditore agricolo è cambiata e si avvicina a quella di
imprenditore commerciale. Questo perché anche in campo agricolo sono richiesti forti investimenti di
capitali per acquistare impianti e macchinari necessari all’attività, occorre un certo numero di lavoratori
dipendenti e così via.
(((Il testo originario dell’art. 2135 del codice civile stabiliva che è imprenditore agricolo chi esercita
un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di bestiame e attività
connesse (la silvicoltura è la cura del bosco). Per attività connesse si intendono tutte le attività dirette alla
trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli quando rientrano nell’esercizio normale
dell’agricoltura.))) N 6 F
Di conseguenza, l’imprenditore agricolo svolge una vera e propria attività commerciale e quindi si sostiene
che dovrebbe essere sottoposto anch’esso al fallimento (tuttavia è ancora esente).
5) L’esenzione dal fallimento in ragione delle dimensioni dell’impresa
Anche le piccole imprese sono esenti dal fallimento. In passato, i parametri di riferimento per individuare le
piccole imprese erano quelli del capitale investito ed al reddito accertato.
Oggi, invece, per stabilire se si tratta di una piccola impresa o meno si fa riferimento alle sue dimensioni,
considerando alcuni parametri che sono:
L’attivo patrimoniale non deve superare i 300.000€ negli ultimi tre esercizi;
I ricavi lordi non devono superare i 200.000€ negli ultimi tre esercizi;
L’esposizione debitoria (i debiti complessivi) non devono essere superiori ai 500.000€.
L’onere della prova spetta al debitore, cioè sarà il debitore (titolare dell’impresa) a dover dimostrare che la
sua impresa rientra in questi parametri, quindi la sua è una piccola impresa e pertanto è esente dal
fallimento.
In passato, l’onere della prova spettava al creditore. Tuttavia, per il creditore era difficile dimostrare se
l’impresa rientrava o meno nei parametri delle piccole imprese stabiliti dalla legge.
6) Dimensione dell’impresa e impresa di gruppo
Nel caso in cui vi è un gruppo di imprese (che quindi sono strettamente collegate tra loro), l’insolvenza di
una produce effetti negativi sulle altre che potranno essere considerate insolventi.
Nel caso di fallimento, invece, ogni impresa del gruppo ha una propria personalità giuridica, cioè risponde
alle proprie obbligazioni attraverso il proprio patrimonio.
Il fallimento di un’impresa del gruppo non comporta il fallimento delle altre imprese che fanno parte dello
stesso gruppo. Inoltre, se un’impresa del gruppo è di piccole dimensioni, allora questa sarà esente dal
fallimento.
7) Acquisto e perdita della qualità di imprenditore
Se ad esercitare l’attività di impresa è una persona fisica, la qualità di imprenditore si acquista nel
momento in cui inizia l’attività d’impresa.
Occorre, però, considerare che il compimento di alcuni atti preparatori (organizzativi) come la stipula di
contratto di lavoro, allestimento dei locali o i contatti con i fornitori, sono atti di impresa. Pertanto, la
persona fisica che svolge questi atti viene considerato imprenditore (anche se l’impresa ancora non esiste).
Dopo la cessazione dell’attività, l’imprenditore è assoggettabile a fallimento entro un anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese della propria impresa. Tuttavia, se il creditore o il pubblico
N 7 F
ministero riescono a provare che dopo la cancellazione l’imprenditore continua a svolgere l’attività
d’impresa, allora questo può essere dichiarato fallito anche dopo il decorso dell’anno.
Se ad esercitare l’attività d’impresa è una società, questa acquista la qualità di imprenditore dal momento
della loro costituzione (ed in relazione all’oggetto sociale, che deve riguardare lo svolgimento di un’attività
commerciale).
Anche le società, dopo la cessazione dell’attività possono essere dichiarate fallite entro un anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese. Se il creditore o il pubblico ministero riescono a provare che dopo
la cancellazione la società continua a svolgere l’attività d’impresa (attività commerciale) , allora la società
può essere dichiarata fallita anche dopo il decorso dell’anno.
SEZIONE 2: L’insolvenza e l’entità degli inadempimenti
1) L’emersione del presupposto oggettivo del fallimento, dalla fuga all’insolvenza
Con l’origine del fallimento, nel Basso Medioevo, vediamo che il presuppo