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L’IMPERO CAROLINGIO
L’ascesa dei pipinidi
Abbiamo già visto come nel regno franco nel V secolo stava acquisendo sempre più importanza la
carica di maestro di palazzo, termine che designava i tre funzionari posti dai sovrani a capo
dell’amministrazione dei tre regni (Austrasia, Neustria, Burgundia).
In Austrasia si stava affermando una dinastia di maggiordomi importante: gli esponenti di questa
famiglia, nota come arnolfingia-pipinide e poi carolingia, riuscirono a rendere ereditaria la carica di
maestro di palazzo e poterono così servirsi del vasto patrimonio regio per crearsi una potente
clientela armata. A tal fine si avvalsero dell’istituzione del vassaticum. L’utilizzo di quest’istituzione
permise ai pipinidi di crearsi una potente clientela militare fra gli aristocratici, ricompensata
dapprima con i beni familiari, poi con le terre del fisco regio e con quelle delle proprietà
ecclesiastiche.
Grazie a questo i pipinidi conobbero una rapida ascesa, culminata nel 687 con la vittoria sulla
Neustria a opera di Pipino II di Heristal, che divenne l’unico maestro di palazzo dei tre regni.
A consolidare i destini dei regni fu il figlio di Pipino, Carlo Martello, il quale riuscì a sconfiggere
un’offensiva araba a Potiers (732), in una battaglia che non risolse la minaccia musulmana, ma lo
elesse come difensore della cristianità, favorendo i suoi progetti di restaurazione del dominio
franco in Germania. Negli stessi anni il maggiordomo sottomise i ducati di Alamannia e Baviera. A
completare la sua azione, incoraggiò l’evangelizzazione delle nuove terre inviando come
missionari monaci anglosassoni che edificarono in Germania grandi abbazie.
Il maggiordomo si comportava ormai come re, tanto che alla morte del sovrano legittimo, il trono
restò vacante. La formale liquidazione della dinastia merovingia avvenne con Pipino Il Breve il
quale depose l’ultimo re nel 751. Pipino il Breve si fece consacrare prima da Bonifacio, poi da
Stefano II, dopo essergli accorso in aiuto contro il longobardo Astolfo, il quale consacrò anche tutti
i suoi figli e di fatto stabilì un’eredità di fatto e conferì un fondamento di sacralità al potere della
famiglia.
Da Pipino il Breve a Carlo Magno
Con l’ascesa al trono della nuova dinastia riprese l’espansionismo militare dei franchi.
Per onorare il patto stipulato con Stefano II, Pipino condusse due spedizioni in Italia e riconquistò
l’Esarcato, ma invece di restituirlo all’impero bizantino lo consegnò al papa. Roma in questo modo
si legava sempre di più all’impero d’Occidente, mentre in Oriente il cristianesimo sarebbe rimasto
sotto l’autorità degli imperatori fino alla fine del medioevo.
Alla morte di Pipino il suo regno fu diviso fra i suoi figli Carlo e Carlomanno, ma alla morte di
Carlomanno il regno fu consegnato interamente nelle mani di Carlo (771). Carlo intraprese una
lunga battaglia contro i sassoni, che riuscì a sconfiggere e a piegare alla conversione del
cattolicesimo (indice l’estensione ai territori germanici delle strutture episcopali).
Nel 778 il re mosse verso la penisola iberica, dove si erano stabiliti i musulmani, ma fu richiamato
indietro da una rivolta dei sassoni e sulla via del ritorno, nello stretto passo di Roncisvalle, la sua
retroguardia fu attaccata e massacrata dai baschi.
La conquista del regno longobardo rappresenta invece un episodio a parte.
Desiderio, re longobardo, cercò di fermare l’espansionismo franco facendo sposare a Carlo, figlio
di Pipino, una sua figlia. Ma quando ascese al papato un esponente del partito antilongobardo,
Adriano I, Desiderio reagì spingendo nel 773 l’attacco verso il ducato di Roma. Adriano invocò
allora l’aiuto di Carlo che ripudiò la moglie e mosse contro i longobardi, sconfiggendoli nel 774.
Carlo potè aggiungere al titolo di rex Francorum quello di rex Langobardorum: il regno longobardo
infatti non fu soppresso e continuò a costituire un’entità politica distinta, con leggi, corte e
amministrazione proprie, affidata al figlio di Carlo, Pipino.
L’incoronazione di Carlo Magno
Basilare per il consolidamento della posizione di Carlo fu l’incoronazione a imperatore, avvenuta a
Roma nella notte di Natale dell’800. L’occasione fu data dalla fuga di Leone III, che venne
accusato di spergiuro e di comportamento scandaloso e rinchiuso nel monastero di S.Erasmo. Fu
liberato da due missi franchi e scortato a Roma, sotto ordine di Carlo, affinché potesse presiedere
un tribunale che lo riabilitasse. Durante la celebrazione del Natale, il papa poneva sul suo capo
una corona mentre Carlo veniva acclamato “grande e pacifico imperatore dei romani”.
L’incoronazione indeboliva tuttavia l’impero d’Oriente che accolse con ostilità l’evento. Nell’812 si
finì per siglare un accordo con il quale l’imperatore Michele I riconosceva il ruolo di Carlo in cambio
della rinuncia dei franchi a Venezia.
L’organizzazione amministrativa dell’impero carolingio
Carlo Magno cercò di dare ai vasti regni una struttura politica e organizzativa centralizzata.
Il territorio fu inquadrato in una rete di distretti territoriali, i comitati, che vennero affidati ai comites,
funzionari regi. Alle frontiere vennero istituiti ducati, abitati in genere da popolazioni dalla spiccata
identità nazionale, e marche, circoscrizioni pubbliche connotate da una più forte organizzazione
militare.
Per sorvegliare l’operato dei funzionari, Carlo Magno fece ricorso all’istituto dei missi dominici, di
solito formati da una coppia di un vescovo e un laico. L’episcopato svolgeva nell’organizzazione
dello stato un ruolo importante e contribuiva al buon funzionamento dell’amministrazione.
Al centro il governo era costituito dal palatium, termine che indicava sia la reggia sia l’insieme del
sovrano con i funzionari di corte. Tra questi avevano rilievo i conti palatini, con mansioni
giudiziarie, e l’arcicappellano, capo dei chierici di palazzo.
Carlo, abbandonando la tradizione dei franchi, scelse come residenza principale Aquisgrana.
Il potere centrale intervenne nella vita dell’impero anche attraverso un’intensa attività legislativa,
che si concretizzò nei capitolari, leggi così chiamate perché costituite da brevi articoli. Esse non
sostituirono le leggi dei diversi popoli, ma si affiancarono.
Carlo Magno, per assicurarsi la fedeltà dei funzionari regi, ricorse ai rapporti vassallatico-
beneficiari (utilizzato in precedenza dai pipinidi con successo). Il servitium non era più costituito da
solo aiuto militare, ma anche dall’esercizio della carica pubblica in nome del re, mentre il beneficio
era rappresentato dalla concessione di terre del fisco regio.
Anche l’istituto dell’immunità fu utilizzato e modificato da Carlo: esso, già in uso presso i merovingi,
fu utilizzato e modificato da Carlo Magno per dare maggiore coesione al regno. Era nato per
tutelare gli enti ecclesiastici dagli abusi dei funzionari regi e consisteva nel privilegio, concesso ai
vescovi, di vietare l’ingresso dei funzionari regi nelle terre sottoposte alla loro autorità. Carlo cercò
di ricondurre anche le terre degli immunisti sotto il controllo regio imponendo loro la scelta di agenti
laici scelti dal sovrano o in accordo con lo stesso, gli advocati, ai quali era affidato il potere di
banno all’interno del territorio immune.
La rinascita carolingia
Una delle principali preoccupazioni di Carlo Magno fu quella di creare una classe dirigente
affidabile e responsabile. Avviò quindi un programma culturale, le cui iniziative ebbero come centro
propulsore la Schola palatina, un’accademia sorte presso la corte di Aquisgrana. Presso la corte ci
si dedicò allo studio di testi cristiani e degli autori laici, ne scaturì una produzione di codici volta a
conservare la cultura antica. A questo si associò lo svilupparsi di una nuova scrittura, denominata
“minuscola carolina”. Un buon andamento dell’amministrazione e una buona diffusione delle leggi
dipendevano dalla diffusione della scrittura. Ciò presupponeva l’adozione di caratteri agevolmente
leggibili: ogni regione infatti aveva adottato un proprio sistema di segni.
Dopo Carlo Magno: la frammentazione dell’impero
Nell’806 Carlo risolse il problema della successione dividendo i territori dell’impero fra i tre figli
maschi. Tuttavia la precoce morte di Carlo e Pipino fece sì che alla morte di Carlo Magno l’unico
sopravvissuto era Ludovico.
Nella prima parte del suo regno Ludovico mise al centro il problema dell’unità imperiale. Nell’817
pubblicò una costituzione, l’Ordinatio imperii, nella quale proclamava l’unità dell’impero e lo
affidava a suo figlio Lotario; agli altri figli, Pipino e Ludovico, assegnava i due regni di Aquitania e
Baviera.
La situazione rimase stabile sino a quando nell’829 Ludovico decise di modificare la divisione a
favore di un figlio, Carlo, nato da una seconda moglie. Ne scaturì un contrasto violento tra
l’imperatore e i figli, i quali continuarono a combattersi anche dopo la sua morte.
Nell’840, venuto meno Pipini, Ludovico e Carlo (detto il Calvo) si coalizzarono contro Lotario; dopo
averlo sconfitto presso Auxerre (841), i due ribelli si incontrarono nell’842 per stipulare un patto di
alleanza, alla presenza dei due eserciti.
L’anno successivo Lotario fu obbligato ad accettare il trattato di Verdun e a spartire coi fratelli
l’impero. A Carlo andò la parte occidentale, a Ludovico, chiamato il Germanico, quella orientale, a
Lotario quella di mezzo, cioè la fascia che dal Mare di Nord arrivava in Italia.
A succedere a Lotario fu Ludovico II. Il sogno di una restaurazione imperiale avvenne alla morte di
Carlo II Il Calvo, che consegnò al figlio di Ludovico il Germanico, Carlo III il Grosso, la corona
imperiale, riunendo così di fatto per l’ultima volta i territori carolingi.
Il potere imperiale era però ormai indebolito dall’aristocrazia, che aveva approfittato dei contrasti
dinastici per acquisire indipendenza e usurpare il potere pubblico.
L’incapacità di Carlo il Grosso di fronteggiare le incursioni saracene, ungare e normanne portarono
alla sua deposizione nell’887; in Francia fu allora eletto re Eude (Oddone), conte di Parigi, che si
era distinto nella difesa della città dai normanni, mentre nella parte Orientale fu eletto imperatore
Arnolfo di Carinzia: l’impero carolingio era definitivamente smembrato.
AMBIENTE, ECONOMIA, POPOLAMENTO. SECOLI VI-X.
Demografia e ambiente
Europa occidentale:
- immiserimento delle condizioni di vita
- calo demografi