Pillaus
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Versione originale in latino


Abrupta undique spe Vitellianus miles transiturus in partis, id quoque non sine decore, sed sub signis vexillisque in subiectos Narniae campos descendere. Flavianus exercitus, ut ad proelium intentus armatusque, densis circa viam ordinibus adstiterat. Accepti in medium Vitelliani, et circumdatos Primus Antonius clementer adloquitur: pars Narniae, pars Interamnae subsistere iussi. Relictae simul e victricibus legiones, neque quiescentibus graves et adversus contumaciam validae.
Non omisere per eos dies Primus ac Varus crebris nuntiis salutem et pecuniam et secreta Campaniae offerre Vitellio, si positis armis seque ac liberos suos Vespasiano permisisset. In eundem modum et Mucianus composuit epistulas; quibus plerumque fidere Vitellius ac de numero servorum, electione litorum loqui. Tanta torpedo invaserat animum ut, si principem eum fuisse ceteri non meminissent, ipse oblivisceretur.

Traduzione all'italiano


Caduta ovunque ogni speranza, i soldati vitelliani, anche se già intenzionati a passare dalla parte avversa, non persero il loro senso dell’onore, ma scesero nella sottostante piana di Narni, inquadrati nei loro reparti e con le proprie insegne. L’esercito flaviano, pronto in armi come in battaglia, era in file serrate ai due lati della via. I Vitelliani passarono in mezzo, circondati; a essi Antono Primo parlò senza durezza e impartì loro l’ordine di restare, parte a Narni e parte a Terni. Vennero lasciate anche alcune legioni vittoriose, che non li avrebbero molestati se restavano tranquilli, ma capaci di dissuaderli da ogni tentativo di rivolta. Intanto Primo e Varo, con frequenti messaggi, insistevano nell’offrire a Vitellio salvezza, denaro e un rifugio in Campania se, deposte le armi, avesse affidato la sua persona e i suoi figli a Vespasiano. Lettere di analogo tenore gli indirizzò anche Muciano, e Vitellio, in sostanza, cominciava a prendere in considerazione tali promesse e già parlava del numero di schiavi e della spiaggia che avrebbe scelto. Era sprofondato in un tale torpore che, se gli altri non glielo ricordavano, già s’era dimenticato d’esser stato imperatore.

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