Versione originale in latino
Universa iam plebs Palatium implebat, mixtis servitiis et dissono clamore caedem Othonis et coniuratorum exitium poscentium ut si in circo aut theatro ludicrum aliquod postularent: neque illis iudicium aut veritas, quippe eodem die diversa pari certamine postulaturis, sed tradito more quemcumque principem adulandi licentia adclamationum et studiis inanibus. Interim Galbam duae sententiae distinebat: Titus Vinius manendum intra domum, opponenda servitia, firmandos aditus, non eundum ad iratos censebat: daret malorum paenitentiae, daret bonorum consensui spatium: scelera impetu, bona consilia mora valescere, denique eundi ultro, si ratio sit, eandem mox facultatem, regressum, si paeniteat, inaliena potestate.
Traduzione all'italiano
Già tutta la plebaglia, mescolata agli schiavi, riempiva il Palazzo, chiedendo, in un chiasso disordinato, la testa di Otone e la morte dei congiurati, come se, al circo o a teatro, reclamassero un divertimento, ma senza una scelta vera, senza sincerità: lo stesso giorno avrebbero preteso il contrario con altrettanto accanimento. Era ormai una tradizione adulare qualsiasi principe con sfrenate acclamazioni e inconsistenti entusiasmi. Frattanto Galba non riusciva a risolversi tra due pareri diversi. Tito Vinio proponeva di barricarsi nel Palazzo, mobilitare gli schiavi, bloccare le entrate, non affrontare i ribelli scatenati. I colpevoli dovevano avere il tempo di ravvedersi, gli onesti di concertare un'azione comune: il crimine, diceva, punta sull'impeto, le decisioni sagge si affermano lentamente; infine, avrebbero sempre avuto la possibilità di contrattaccare, se così avessero scelto, mentre tornare indietro, in caso di pentimento, sarebbe dipeso da altri.