Versione originale in latino
C. Asinio C. Antistio consulibus nonus Tiberio annus erat compositae rei publicae, florentis domus (nam Germanici mortem inter prospera ducebat), cum repente turbare fortuna coepit, saevire ipse aut saevientibus viris praebere. Initium et causa penes Aelium Seianum cohortibus praetoriis praefectum cuius de potentia supra memoravi: nunc originem, mores, et quo facinore dominationem raptum ierit expediam. Genitus Vulsiniis patre Seio Strabone equite Romano, et prima iuventa Gaium Caesarem divi Augusti nepotem sectatus, non sine rumore Apicio diviti et prodigo stuprum veno dedisse, mox Tiberium variis artibus devinxit: adeo ut obscurum adversum alios sibi uni incautum intectumque efficeret, non tam sollertia (quippe isdem artibus victus est) quam deum ira in rem Romanam, cuius pari exitio viguit ceciditque. Corpus illi laborum tolerans, animus audax; sui obtegens, in alios criminator; iuxta adulatio et superbia; palam compositus pudor, intus summa apiscendi libido, eiusque causa modo largitio et luxus, saepius industria ac vigilantia, haud minus noxiae quotiens parando regno finguntur.
Traduzione all'italiano
[23 d.C.]. Il consolato di Gaio Asinio e di Gaio Antistio segnò per Tiberio il nono anno di uno stato ordinato e di prosperità per la sua famiglia (computava infatti anche la morte di Germanico tra i fatti positivi), quando d'improvviso la fortuna cominciò un corso turbolento e lui stesso liberò istinti crudeli, oppure offrì incoraggiamenti a chi la crudeltà già manifestava. L'origine e la causa prima vanno cercate in Elio Seiano, prefetto del pretorio, della cui potenza ho già avuto modo di riferire. Ora tratterò delle sue origini, dei suoi costumi e da quale delitto mosse a usurpare il potere assoluto. Nato a Bolsena dal cavaliere romano Seio Strabone, nella prima giovinezza, fu al seguito di Gaio Cesare, nipote del divo Augusto, non senza il sospetto di essersi prostituito, per denaro, al ricco e prodigo Apicio. Poi, con vari raggiri, irretì a tal punto Tiberio da renderlo impenetrabile agli altri, ma incauto e scoperto di fronte a lui solo; e ciò accadde non tanto per la sua intraprendenza (che anzi i suoi metodi subdoli gli si voltarono contro), quanto per l'ira degli dèi contro Roma, verso la quale Seiano si rivelò egualmente funesto sia nel pieno del potere sia nel declino. Il suo corpo era abituato alle fatiche, l'animo pronto a osare; abile nel dissimulare le sue intenzioni e nell'accusare gli altri, adulatore e insieme gonfio di superbia, esibiva contegnosa riservatezza covando una smania irresistibile di afferrare il potere supremo e, a questo scopo, alternava ora prodigalità e fasto, più spesso senso d'iniziativa e accortezza, doti non meno pericolose, se finalizzate alla conquista del potere assoluto.