Versione originale in latino
Quae duabus aestatibus gesta coniunxi quo requie scerete animus a domesticis malis; non enim Tiberium, quamquam triennio post caedem Seiani, quae ceteros mollire solent, tempus preces satias mitigabant, quin incerta vel abolita pro gravissimis et recentibus puniret. Eo metu Fulcinius Trio ingruentis accusatores haud perpessus supremis tabulis multa et atrocia in Macronem ac praecipuos libertorum Caesaris composuit, ipsi fluxam senio mentem et continuo abscessu velut exilium obiectando. Quae ab heredibus occultata recitari Tiberius iussit, patientiam libertatis alienae ostentans et contemptor suae infamiae, an scelerum Seiani diu nescius mox quoquo modo dicta vulgari malebat veritatisque, cui adulatio officit, per probra saltem gnarus fieri. Isdem diebus Granius Marcianus senator, a C. Graccho maiestatis postulatus, vim vitae suae attulit, Tariusque Gratianus praetura functus lege eadem extremum ad supplicium damnatus.
Traduzione all'italiano
Ho presentato congiunti questi avvenimenti svoltisi nel corso di due estati, per rilassare lo spirito dall'angoscia dei nostri drammi interni. Erano trascorsi tre anni dall'uccisione di Seiano, ma il tempo, le preghiere, la sazietà, che hanno il potere di ammorbidire tutti gli altri uomini, non esercitavano effetto alcuno su Tiberio, che anzi puniva fatti incerti o sepolti dal tempo come se si trattasse di reati gravissimi e recenti. Sopraffatto da questa paura, Fulcinio Trione non attese passivo l'imminente attacco degli accusatori e, nel testamento, elencò accuse pesantissime contro Macrone e i principali liberti di Cesare, addebitando allo stesso Tiberio una sorta di demenza dovuta alla sensibilità e alla ininterrotta segregazione in quella specie d'esilio. Gli eredi volevano tenere nascosto il testamento, ma Tiberio ne ordinò la pubblica lettura, ostentando tolleranza per l'altrui libertà e anche superiore distacco di fronte alle offese infamanti; o forse il principe, rimasto per tanto tempo all'oscuro dei crimini di Seiano, ora preferiva rendere pubblico quanto si diceva, in qualunque modo, sulla propria persona e conoscere, sia pure nel disonore, quella verità che l'adulazione soffoca. In quei giorni il senatore Granio Marciano, accusato di lesa maestà da Gaio Gracco, si tolse la vita, mentre l'ex pretore Tario Graziano venne condannato, in forza della stessa legge, all'estremo supplizio.