Versione originale in latino
Adolescebat interea lex maiestatis. Et Appuleiam Varillam, sororis Augusti neptem, quia probrosis sermonibus divum Augustum ac Tiberium et matrem eius inlusisset Caesarique conexa adulterio teneretur, maiestatis delator arcessebat. De adulterio satis caveri lege Iulia visum: maiestatis crimen distingui Caesar postulavit damnarique, si qua de Augusto inreligiose dixisset: in se iacta nolle ad cognitionem vocari. Interrogatus a consule quid de iis censeret quae de matre eius locuta secus argueretur reticuit; dein proximo senatus die illius quoque nomine oravit ne cui verba in eam quoquo modo habita crimini forent. Liberavitque Appuleiam lege maiestatis: adulterii graviorem poenam deprecatus, ut exemplo maiorum propinquis suis ultra ducentesimum lapidem removeretur suasit. Adultero Manlio Italia atque Africa interdictum est.
Traduzione all'italiano
Prendeva intanto forza la legge di lesa maestà. La invocò un delatore contro Appuleia Varilla, nipote di una sorella d'Augusto, accusandola di discorsi sarcastici e irriverenti nei confronti del divo Augusto, di Tiberio e della madre di lui, oltre che di mantenere, benché parente di Tiberio, un rapporto adulterino. Per l'adulterio parve a Tiberio che già bastasse la legge Giulia; quanto al delitto di lesa maestà, chiese una trattazione separata e la condanna solo per le espressioni irriguardose verso Augusto; non voleva invece inchieste su offese indirizzate alla propria persona. Alla richiesta del console perché esponesse il suo pensiero circa le malignità espresse contro sua madre, tacque; nella successiva seduta del senato poi, anche a nome della madre, chiese di non considerare incriminabili le espressioni in qualunque modo indirizzate contro di lei. Assolse dunque Appuleia dall'accusa di lesa maestà; però, avendo deplorato come troppo grave la pena per l'adulterio, persuase i suoi parenti a relegarla, secondo l'esempio degli avi, a più di duecento miglia da Roma. Manlio, l'adultero, fu bandito dall'Italia e dall'Africa.