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Versione originale in latino


Isdem consulibus atrox odii Agrippina ac Lolliae infensa, quod secum de matrimonio principis certavisset, molitur crimina et accusatorem qui obiceret Chaldaeos, magos interrogatumque Apollinis Clarii simulacrum super nuptiis imperatoris. Exim Claudius inaudita rea multa de claritudine eius apud senatum praefatus, sorore L. Volusii genitam, maiorem ei patruum Cottam Messalinum esse, Memmio quondam Regulo nuptam (nam de G. Caesaris nuptiis consulto reticebat), addidit perniciosa in rem publicam consilia et materiem sceleri detrahendam: proin publicatis bonis cederet Italia.
Ita quinquagies sestertium ex opibus immensis exuli relictum. Et Calpurnia inlustris femina pervertitur, quia formam eius laudaverat princeps, nulla libidine, sed fortuito sermone, unde ira Agrippinae citra ultima stetit. In Lolliam mittitur tribunus, a quo ad mortem adigeretur. Damnatus et lege repetundarum Cadius Rufus accusantibus Bithynis.

Traduzione all'italiano


In quello stesso anno, Agrippina, furente d'odio e implacabile contro Lollia, perché si era messa in gara con lei, mirando a sposare Claudio, costruisce accuse e inventa un accusatore, imputandole d'essere ricorsa a maghi caldei e d'aver consultato l'oracolo di Apollo Claro sulle nozze con l'imperatore. In seguito Claudio, senza prima ascoltare l'accusata, spese in senato molte parole di introduzione su di lei, figlia di una sorella di Lucio Volusio, pronipote di Cotta Messalino, già moglie di Memmio Regolo (e taceva volutamente il matrimonio con Gaio Cesare), dopo di che argomentò sulla necessità di impedire i suoi criminosi disegni contro lo stato, proponendo di toglierle la possibilità di agire: chiedeva perciò la confisca dei beni e il suo esilio dall'Italia. Delle sue immense ricchezze, all'esule furono lasciati solo cinque milioni di sesterzi. La rovina s'abbatté anche su Calpurnia, donna di illustre nobiltà, e solo perché il principe, senza concupirla ma incidentalmente in un discorso, ne aveva lodato la bellezza; e fu tenendo conto di ciò, se l'ira di Agrippina non giunse fino a volerne la morte. A Lollia invece fu inviato un tribuno, per indurla a morire. Venne poi condannato, per concussione, Cadio Rufo, dietro accusa dei Bitini.

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