Versione originale in latino
Divitiarum et pecuniae fructum non alium putabat quam profusionem, sordidos ac deparcos esse quibus impensarum ratio constaret, praelautos vereque magnificos, qui abuterentur ac perderent. Laudabat mirabaturque avunculum Gaium nullo magis nomine, quam quod ingentis a Tiberio relictas opes in brevi spatio prodegisset. Quare nec largiendi nec absumendi modum tenuit. In Tiridatem, quod vix credibile videatur, octingena nummum milia diurna erogavit, abeuntique super sestertium milies contulit. Menecraten citharoedum et Spiculum murmillonem triumphalium virorum patrimoniis aedibusque donavit. Cercopithecum Panerotem faeneratorem et urbanis rusticisque praediis locupletatum prope regio extulitfunere. Nullam vestem bis induit. Quadringenis in punctum sestertiis aleam lusit. Piscatus est rete aurato et purpura coccoque funibus nexis. Numquam minus mille carrucis fecisse iter traditur, soleis mularum argenteis, canusinatis mulionibus, armillata phalerataque Mazacum turba atque cursorum.
Traduzione all'italiano
A proposito delle ricchezze e del denaro pensava che non vi era altro motivo di averne se non per sperperarlo, e considerava come sordidi e avari coloro che tenevano nota delle spese, mentre stimava munifici e splendidi quelli che abusavano delle loro sostanze e le dilapidavano. Ammirava ed esaltava suo zio Gaio soprattutto perché in poco tempo aveva fatto fuori le immense ricchezze lasciate da Tiberio. E così non ebbe misura né nelle sue liberalità né nelle sue spese. Per ricevere Tiridate (la cosa può sembrare quasi incredibile) prelevò dal tesoro ottocentomila sesterzi al giorno, e quando se ne andò gliene diede più di cento milioni. Il citaredo Menecrate e il mirmillone Spicolo ricevettero da lui case e patrimoni di trionfatori. Dopo aver arricchito l'usuraio Panerote Cercopiteco con possedimenti situati in città e in campagna, gli fece funerali quasi regali. Non portò mai due volte lo stesso vestito. Ai dadi giocò fino a quattrocentomila sesterzi per punto e andò a pescare con una rete dorata trattenuta da corde intrecciate di porpora e filo scarlatto. Si dice che non viaggiò mai con meno di mille vetture, con muli ferrati d'argento, con vetturini vestiti di lana di Canusio e con una schiera di vari corridori coperti di decorazioni e di braccialetti.