Versione originale in latino
Incendebat et ipse studia hominum omni genere popularitatis. Tiberio cum plurimis lacrimis pro contione laudato funeratoque amplissime, confestim Pandateriam et Pontias ad transferendos matris fratrisque cineres festinavit, tempestate turbida, quo magis pietas emineret, adiitque venerabundus ac per semet in urnas condidit; nec minore scaena Ostiam praefixo in biremis puppe vexillo et inde Romam Tiberi subvectos per splendidissimum quemque equestris ordinis medio ac frequenti die duobus ferculis Mausoleo intulit, inferiasque is annua religione publice instituit, et eo amplius matri circenses carpentumque quo in pompa traduceretur. At in memoriam patris Septembrem mensem Germanicum appellavit. Post haec Antoniae aviae, quidquid umquam Livia Augusta honorum cepisset, uno senatus consulto congessit; patruum Claudium, equitem R. Ad id tempus, collegam sibi in consulatu assumpsit; fratrem Tiberium die virilis togae adoptavit appellavitque principem iuventutis. De sororibus auctor fuit, ut omnibus sacramentis adicerentur: "neque me liberosque meos cariores habebo quam Gaium habeo et sorores eius"; item relationibus consulum: "quod bonum felixque sit C. Caesari sororibusque eius." Pari popularitate damnatos relegatosque restituit; criminum, si quae residua ex priore tempore manebant, omnium gratiam fecit; commentarios ad matris fratrumque suorum causas pertinentis, ne cui postmodum delatori aut testi maneret ullus metus, convectos in forum, et ante clare obtestatus deos neque legisse neque attigisse quicquam, concremavit; libellum de salute sua oblatum non recepit, contendens nihil sibi admissum cur cuiquam invisus esset, negavitque se delatoribus aures habere.
Traduzione all'italiano
Lui stesso infiammava i cuori con ogni genere di gesti graditi al popolo. Come ebbe pronunciato davanti all'assemblea, con lacrime abbondanti, l'elogio di Tiberio, al quale tributò magnifiche esequie, subito si affrettò verso Pandataria e Ponzia per rilevarvi le ceneri di sua madre e di suo fratello: e tutto ciò con un tempo minaccioso, per meglio far risaltare la sua pietà filiale, poi con l'atteggiamento più rispettoso possibile si accostò e con le sue stesse mani ripose le ceneri nelle urne; e con non minore apparato scenico le riportò su una bireme che sventolava a poppa un pavese fino ad Ostia e di qui, risalendo il corso del Tevere, a Roma, dove i membri più ragguardevoli dell'ordine equestre, a metà del giorno, in piena animazione, le traslarono nel Mausoleo, su due carretti; ed egli istituì ufficialmente in loro onore un sacrificio annuale, aggiungendo, per sua madre, anche giochi di circo, con una vettura per trasportare la sua immagine nella processione. In ricordo di suo padre, diede al mese di settembre il nome di Germanico. Fece inoltre assegnare a sua nonna Antonia, con un solo decreto del Senato e tutti in una volta, gli onori che Livia Augusta aveva ricevuto in fasi successive. Quanto a suo zio paterno Claudio. rimasto fino a quel tempo cavaliere romano, lo prese come collega nel consolato; adottò il cugino Tiberio nel giorno stesso in cui prese la toga virile e lo nominò principe della gioventù. Per rendere onore alle sue sorelle. prescrisse che a tutti i giuramenti si aggiungesse: "Non amerò me stesso e i miei figli più di quanto ami Gaio e, dopo di lui, le sue sorelle." Anche nei rapporti dei consoli si doveva aggiungere: "Per la felicità e la prosperità di C. Cesare e delle sue sorelle!" Sempre per il desiderio di far piacere al popolo procedette alla riabilitazione dei condannati e degli esiliati; tutte le accuse che datavano dal principato precedente, furono annullate; allo scopo di tranquillizzare completamente per l'avvenire sia i delatori sia i testimoni che erano implicati con i processi di sua madre e dei suoi fratelli, fece ammassare nel foro tutti gli incartamenti che li riguardavano, poi, dopo aver dichiarato ad alta voce, invocando la testimonianza degli dei, di non averli né toccati, né letti, li bruciò. Quando gli fu presentato un biglietto che interessava la sua vita, si rifiutò di prenderlo, obiettando di non aver fatto niente che potesse renderlo odioso a qualcuno e dicendo di non avere orecchi per i delatori.