Versione originale in latino
At tum quidem regem propius adeuntem maximus natu e sacerdotibus filium appellat, hoc nomen illi parentem Iovem reddere adfirmans. Ille se vero, et accipere ait et adgnoscere, humanae sortis oblitus. Consuluit deinde, an totius orbis imperium fatis sibi destinaretur; Vates aeque in adulationem conpositus terrarum omnium rectorem fore ostendit. Post haec institit quaerere, an omnes parentis sui interfectores poenas dedissent. Sacerdos parentem eius negat ullius scelere posse violari, Philippi autem omnes luisse supplicia; adiecit invictum fore, donec excederet ad deos. Sacrificio deinde facto, dona et sacerdotibus et deo data sunt, permissumque amicis, ut ipsi quoque consulerent Iovem.
Nihil amplius quaesierunt quam an auctor esset sibi divinis honoribus colendi suum regem. Hoc quoque acceptum fore Iovi vates respondet. Vera et salubri aestimatione pensanti fidem oraculi vana profecto responsa videri potuissent; sed fortuna, quos uni sibi credere coegit, magna ex parte avidos gloriae magis quam capaces facit. Iovis igitur filium se non solum appellari passus est, sed etiam iussit rerumque gestarum famam, dum augere vult tali appellatione, corrupit.
Traduzione all'italiano
E proprio allora il più anziano dei sacerdoti chiamò figlio il re che si stava avvicinando, affermando che questo appellativo glielo rivolgeva il padre Giove. (Alessandro) disse che lo accettava e lo riconosceva, dimenticando la sorte umana. Quindi gli chiese se fosse stato destinato a lui dal fato il dominio di tutta la terra. E il sacerdote ,tutto preso dall'adulazione, proclamò che egli sarebbe stato il sovrano di tutte le nazioni. Dopo ciò insistette nel chiedere se tutti gli uccisori di suo padre avessero pagato la pena. Il sacerdote rispose che suo padre non poteva essere violato da nessun delitto, mentre tutti avevano scontato per il tormento subito da Filippo: aggiunse che egli sarebbe stato invitto fino a che non fosse asceso agli dei. Quindi dopo aver sacrificato, furono offerti doni ai sacerdoti e alla divinità e fu permesso anche agli amici di consultare Giove. Essi non chiesero nient'altro che fosse permesso loro di venerare il proprio re con onori divini. Il sacerdote rispose che anche ciò sarebbe stato gradito a Giove. A chi avesse considerato con una vera e salutare valutazione la veridicità degli oracoli, certamente i suoi responsi sarebbero potuti sembrare vani, ma purtroppo la fortuna rende più avidi di gloria che capaci coloro che costringe a confidare solo in lei stessa. Dunque non solo gli fu permesso di essere chiamato figlio di Giove, ma lo impose e danneggiò la fama delle sue gesta mentre voleva accrescerla con tale appellativo.