Atreyu
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traduzione versione latino da Cicerone, Post reditum in senatu, 12

Versione originale in latino


idemque postea, cum innumerabilis multitudo bonorum de Capitolio supplex ad eum sordidata venisset, cumque adulescentes nobilissimi cunctique equites Romani se ad lenonis impudicissimi pedes abiecissent, quo vultu cincinnatus ganeo non solum civium lacrimas verum etiam patriae preces repudiavit! neque eo contentus fuit, sed etiam in contionem escendit eaque dixit quae, si eius vir Catilina revixisset, dicere non esset ausus, se Nonarum Decembrium quae me consule fuissent clivique Capitolini poenas ab equitibus Romanis esse repetiturum.
neque solum id dixit, sed quos ei commodum fuit compellavit, Lucium vero Lamiam, equitem Romanum, praestanti dignitate hominem et saluti meae pro familiaritate, rei publicae pro fortunis suis amicissimum, consul imperiosus exire ex urbe iussit. et cum vos vestem mutandam censuissetis cunctique mutassetis atque idem omnes boni iam ante fecissent, ille unguentis oblitus cum toga praetexta, quam omnes praetores aedilesque tum abiecerant, inrisit squalorem vestrum et luctum gratissimae civitatis, fecitque, quod nemo umquam tyrannus, ut quo minus occulte vestrum malum gemeretis nihil diceret, ne aperte incommoda patriae lugeretis ediceret.

Traduzione all'italiano


E lui stesso poi, dopo l'arrivo di una moltitudine malconcia di uomini dabbene dal Campidoglio per supplicarlo, e dopo che i più nobili giovani e tutti quanti i cavalieri romani si erano gettati ai piedi di questo dissolutissimo profittatore, con quale espressione, quel crapulone ricciuto, respinse non solo le lacrime dei cittadini, ma anche le preghiere della patria! E non fu soddisfatto di questo, ma irruppe addirittura in assemblea e disse queste cose, che, se il suo uomo Catilina fosse tornato in vita, non avrebbe osato dire, e cioè che avrebbe punito i cavalieri romani per le none di Dicembre, che erano trascorse sotto il mio consolato e per il colle Capitolino. E non disse solo questo, ma chiamò quelli che gli andavano a genio, e in particolare, da console autoritario, espulse dalla città Lucio Lamia, cavaliere romano, uomo di eccezionale dignità e molto premuroso per la mia salvezza in nome della nostra amicizia, ed anche per lo Stato per la salvaguardia dei suoi beni. E dopo che voi avevate deciso di vestirvi a lutto e tutti voi vi eravate cambiati e tutti gli uomini onesti lo avevano già fatto prima, costui cosparso di profumo con la toga orlata, che in quel tempo tutti i pretori e gli edili avevano disprezzato, derise la vostra veste squallida e il dolore di una città assai riconoscente e, cosa che nessun tiranno mai aveva fatto, fece in modo da non dire nulla, sul fatto che apertamente piangeste sulla vostra sventura, e persino da decretare che non piangeste pubblicamente i lutti della patria.

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