Versione originale in latino
CICERO F. TIRONI SUO DULCISSIMO SAL.
Quum vehementer tabellarios exspectarem quotidie, aliquando venerunt post diem quadragesimum [et] sextum, quam a vobis discesserant; quorum mihi fuit adventus optatissimus; nam, quum maximam cepissem laetitiam ex humanissimi et carissimi patris epistula, tum vero iucundissimae tuae litterae cumulum mihi gaudii attulerunt. Itaque me iam non poenitebat intercapedinem scribendi fecisse, sed potius laetabar; fructum enim magnum humanitatis tuae capiebam ex silentio mearum litterarum. Vehementer igitur gaudeo te meam sine dubitatione accepisse excusationem. Gratos tibi optatosque esse, qui de me rumores afferuntur, non dubito, mi dulcissime Tiro, praestaboque et enitar, ut in dies magis magisque haec nascens de me duplicetur opinio: quare, quod polliceris, te bucinatorem fore existimationis meae, firmo id constantique animo facias licet; tantum enim mihi dolorem cruciatumque attulerunt errata aetatis meae, ut non solum animus a factis, sed aures quoque a commemoratione abhorreant: cuius te sollicitudinis et doloris participem fuisse notum exploratumque est mihi; nec id mirum; nam quum omnia mea causa velles mihi successa, tum etiam tua, socium enim te meorum commodorum semper esse volui. Quoniam igitur tum ex me doluisti, nunc ut duplicetur tuum ex me gaudium, praestabo. Cratippo me scito non ut discipulum, sed ut filium esse coniunctissimum; nam quum audio illum libenter, tum etiam propriam eius suavitatem vehementer amplector: sum totos dies cum eo noctisque saepenumero partem; exoro enim, ut mecum quam saepissime coenet. Hac introducta consuetudine saepe inscientibus nobis et coenantibus obrepit sublataque severitate philosophiae humanissime nobiscum iocatur. Quare da operam, ut hunc talem, tam iucundum, tam excellentem virum videas quam primum. Nam quid ego de Bruttio dicam? quem nullo tempore a me patior discedere, cuius quum frugi severaque est vita, tum etiam iucundissima convictio; non est enim seiunctus iocus a filolag¤ai et quotidiana sujhtÆsei. Huic ego locum in proximo conduxi et, ut possum, ex meis angustiis illius sustento tenuitatem. Praeterea declamitare Graece apud Cassium institui; Latine autem apud Bruttium exerceri volo. Utor familiaribus et quotidianis convictoribus, quos secum Mytilenis Cratippus adduxit, hominibus et doctis et illi probatissimis. Multum etiam mecum est Epicrates, princeps Atheniensium, et Leonides et horum ceteri similes. De Gorgia autem quod mihi scribis, erat quidem ille in quotidiana declamatione utilis, sed omnia postposui, dummodo praeceptis patris parerem, diarrÆdhn enim scripserat, ut eum dimitterem statim: tergiversari nolui, ne mea nimia suspicionem ei aliquam importaret, deinde illud etiam mihi sucurrebat, grave esse me de iudicio patris iudicare; tuum tamen studium et consilium gratum acceptumque est mihi. Excusationem angustiarum tui temporis accipio; scio enim, quam soleas esse occupatus. Emisse te praedium vehementer gaudeo feliciterque tibi rem istam evenire cupio hoc loco me tibi gratulari noli mirari; eodem enim fere loco tu quoque emisse te fecisti me certiorem—. Habes deponendae tibi sunt urbanitates; rusticus Romanus factus es. Quomodo ego mihi nunc ante oculos tuum iucundissimum conspectum propono? videor enim videre ementem te rusticas res, cum villico loquentem, in lacinia servantem ex mensa secunda semina. Sed, quod ad rem pertinet, me tum tibi defuisse aeque ac tu doleo; sed noli dubitare, mi Tiro, quin te sublevaturus sim, si modo fortuna me, praesertim quum sciam communem nobis emptum esse istum fundum. De mandatis quod tibi curae fuit, est mihi gratum; sed peto a te, ut quam celerrime mihi librarius mittatur, maxime quidem Graecus; multum mihi enim eripitur operae in exscribendis hypomnematis. Tu velim in primis cures, ut valeas, ut una possimus. Antherum tibi commendo.
Traduzione all'italiano
MARCO CICERONE FIGLIO AL SUO CARISSIMO TIRONE
Aspettavo ogni giorno con ansia i corrieri e finalmente sono giunti quarantaquattro giorni dopo avervi lasciato:
il loro arrivo tanto desiderato mi ha colmato di gioia. Innanzi tutto per la lettera del mio affettuosissimo e
carissimo padre; ma poi per la tua, cosi garbata, che me l'ha ancora accresciuta. Così oramai non mi pento più di
aver smesso di scrivervi per un bel pezzo, anzi me ne rallegro: dal mancato invio di mie lettere ho ricavato infatti il
frutto generoso delle tue manifestazioni di amicizia. E mi fa un estremo piacere che tu abbia accettato senza esitare
le mie espressioni di scusa. Non dubito, Tirone del mio cuore, che le voci che ti pervengono sul mio conto siano
state per te le benvenute; e mi impegnerò con tutta l'anima perché ogni giorno che passa questa opinione, che sto
cominciando a suscitare, diventi due volte migliore. Perciò quanto alla tua promessa di essere araldo e banditore
della mia rispettabilità, hai l'autorizzazione a farlo con decisione e fiducia. Mi hanno causato così tanto rimorso gli
sbandamenti propri della mia età, che non solo la mia coscienza rifiuta di ripetere tali errori, ma perfino le
orecchie rifiutano di sentirli ricordare.
So perfettamente che mi sei stato vicino in queste mie ore di inquietudine e di angoscia: e non me ne meraviglio.
Tu volevi che per me le cose andassero sempre per il meglio, non solo a vantaggio mio, ma anche a vantaggio tuo,
perché io ti ho sempre voluto compagno nei miei successi. Ora dunque, per quanto ti sei rattristato per colpa mia, ti
offrirò gli elementi perché invece raddoppi la tua soddisfazione per me! Sappi che sono legatissimo a Cratippo, non
come scolaro, ma come figlio. Ascolto volentieri le sue lezioni, ma sono anche particolarmente affascinato dalla
sua personalità: passo giornate intere in sua compagnia e spessissimo anche delle sere, giacché gli chiedo come un
grande favore di cenare con me quante più volte può. Da quando questa abitudine si è consolidata, succede spesso
che senza che io me ne renda conto e durante la stessa cena egli mi faccia la sorpresa di raggiungermi, metta via la
sua faccia austera da maestro di filosofia e scherzi con me con una affabilità straordinaria. Dovresti fare di tutto
per conoscere appena puoi un uomo così simpatico e veramente eccezionale.
Di Bruttio che devo dire? Non gli permetto di staccarsi mai da me: la sua condotta di vita è tanto frugale e seria,
quanto piacevolissima la sua compagnia. I nostri studi di letteratura e la nostra quotidiana ricerca comune vanno
di pari passo con momenti di grande allegria. Ho preso in affitto per lui un alloggio vicinissimo al mio e per quanto
posso con il mio magro bilancio gli dò una mano, perché le sue condizioni economiche sono modeste. Oltre a ciò,
ho cominciato a fare esercizi regolari di declamazione in greco con l'aiuto di Cassio; invece per quelli di latino ho
intenzione di andare avanti sempre con Bruttio. Frequento quotidianamente, e ho con loro buoni rapporti, le
persone che Cratippo ha portato con sé da Mitilene, tutta gente di cultura e da lui stimatissima. Sta molto con me,
per dirne uno, Epicrate, un uomo di molta autorità ad Atene, e Leonida e altri come loro. Così vanno insomma le
cose per quanto mi riguarda.
Quanto a quello che mi scrivi di (;orgia, mi era molto utile per la pratica giornaliera di declamazione: ma ho
messo da parte tutto pur di obbedire alle sollecitazioni di mio padre, che in effetti mi ha scritto senza mezzi termini
di lasciarlo perdere immediatamente. Non ho voluto tergiversare, per evitare che un mio eccessivo interesse po-tesse
in qualche modo insospettirlo. E poi mi sopravveniva anche il pensiero che sarebbe stato pesante da parte
mia sindacare il giudizio di mio padre. Accetto però con gratitudine e come prova di affetto sincero i cuoi consigli.
Prendo atto delle tue scuse per la ristrettezza del tempo disponibile: so effettivamente quanto lavoro sei abituato a
sbrigare. Sono contento che ti sia comperato un terreno in campagna e faccio mille auguri per il buon successo di
questa nuova iniziativa. Che a questo punto ti faccia le mie felicitazioni non ti deve meravigliare: è più o meno a
questo stesso punto che mi hai informato del tuo acquisto! Bene, adesso ce l'hai. Metti via le tue arie da cittadino,
che sei diventato un romano coltivatore diretto Che spettacolo bellissimo che mi si profila davanti agli occhi! Mi
pare di vederti mentre tratti al mercato. mentre parli col contadino, mentre metti da parte a tavola i semi buoni
dentro il fazzoletto. Ma per quanto riguarda il lato finanziario della cosa, sono profondamente dispiaciuto, come te, di esserti venuto meno. Ma non dubitare, mio caro Tirone, che ho tutte le intenzioni di liberarti da questo peso, se
solo la sorte mi aiuta; specialmente sapendo che questo podere è stato comperato in comune da noi.
Dei fastidi che ti hanno procurato le mie commissioni ti sono davvero riconoscente. Ma ti chiedo di farmi
mandare con la massima rapidità un segretario, greco sarebbe la cosa migliore: trascrivere i vari pezzi dai libri
per fare i repertori mi costa veramente molta fatica. Cerca di stare bene più di ogni altra cosa, così potremo avere
fra di noi dotte conversazioni. Ti raccomando Antero, il latore di questa mia. Addio.