Pillaus
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Versione originale in latino


Sequitur porro, nihil deos ignorare quod omnia sint ab iis constituta. Hic vero quanta pugna est doctissumorum hominum negantium esse haec a dis immortalibus constituta! "At nostra interest scire ea quae eventura sint." Magnus Dicaearchi liber est nescire ea melius esse quam scire. Negant id esse alienum maiestate deorum: scilicet casas omnium introspicere, ut videant quid cuique conducat. "Neque non possunt futura praenoscere. " Negant posse ii, quibus non placet esse certum quid futurum sit.
Videsne igitur quae dubia sint, ea sumi pro certis atque concessis? Deinde contorquent et ita concludunt: "Non igitur et sunt di nec significant futura"; id enim iam perfectum arbitrantur. Deinde adsumunt: 'Sunt autem di", quod ipsum non ab omnibus conceditur. "Significant ergo." Ne id quidem sequitur; possunt enim non significare et tamen esse di. Nec, si significent, non dare vias aliquas ad scientiam significationis. At id quoque potest, ut non dent homini, ipsi habeant; cur enim Tuscis potius quam Romanis darent? " Nec, si dant vias, nulla est divinatio. " Fac dare deos, quod absurdum est; quid refert, si accipere non possumus? Extremum : 'Est igitur divinatio." Sit extremum, effectum tamen non est; ex falsis enim, ut ab ipsis didicimus, verum effici non potest. Iacet igitur tota conclusio.

Traduzione all'italiano


Segue quest'altro assunto: che gli dèi non ignorano niente, perché tutto è stato stabilito da loro. Ma su questo punto quanta polemica c'è da parte di uomini dottissimi, i quali non ammettono che questa realtà sia stata stabilita dagli dèi! "Ma è nel nostro interesse sapere il futuro." C'è un'ampia opera di Dicearco che sostiene che è meglio ignorare il futuro che saperlo. Ancora, gli stoici negano che sia alieno dalla maestà degli dèi.... certo, andare a spiare dentro le casupole di tutti noi mortali, per giudicare che cosa sia utile a ciascuno! "Né possono essere incapaci di prevedere il futuro." E invece ciò è contestato da quei pensatori che ritengono che il futuro non sia predeterminato con certezza. Vedi, dunque, che i punti dubbi sono dati per certi e per ammessi da tutti? Poi rovesciano l'argomentazione e ragionano così: "Dunque, dovremmo concludere, gli dèi non esistono né indicano il futuro": credono che non sia ammissibile altra possibilità. Poi soggiungono: "Ma gli dèi esistono"; e anche questo non è ammesso da tutti. "Dunque predìcono"; nemmeno questa è una conseguenza necessaria: potrebbero non darci alcuna predizione e tuttavia esistere. Aggiungono anche che, se inviano segni premonitori, non è possibile che non ci forniscano qualche mezzo per interpretarli. Ma invece anche questo è possibile, che conoscano questi mezzi, ma non li forniscano agli uomini; perché, in effetti, li avrebbero dati agli etruschi più che ai romani? "Né, se essi ci forniscono quei mezzi d'interpretazione, è possibile che non esista la divinazione." Ammetti pure che gli dèi ce li forniscano, il che è già assurdo: a che serve, se noi non possiamo comprenderli? Ed ecco il finale: "Dunque la divinazione esiste." Sia pure il finale, ma non è il raggiungimento della dimostrazione: ché da false premesse, come abbiamo appreso proprio da loro, non si può giungere alla verità. Tutta l'argomentazione, dunque, giace a terra.

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