Versione originale in latino
Ad aperta et clara veniamus, quale est de illo interfecto a copone Megaris, quale de Simonide, qui ab eo, quem humarat, vetitus est navigare, quale etiam de Alexandro, quod a te praeteritum esse miror. Qui, cum Ptolomaeus, familiari eius, in proelio telo venenato ictus esset eoque vulnere summo cum dolore moreretur, Alexander adsidens somno est consopitus. Tum secundum quietem visus ei dicitur draco is, quem mater Olympias alebat, radiculam ore ferre et simul dicere, quo illa loci nasceretur (neque is longe aberat ab eo loco); eius autem esse vim tantam ut Ptolomaeum facile sanaret. Cum Alexander experrectus narrasset amicis somnium, emissi sunt qui illam radiculam quaererent; qua inventa et PtolÚmaeus sanatus dicitur et multi milites, qui erant eodem genere teli vulnerati. Multa etiam sunt a te ex historiis prolata somnia, matris Phalaridis, Cyri superioris, matris Dionysi, Poeni Hamilcaris, Hannibalis, P. Deci; pervulgatum iam illud de praesule, C. Gracchi etiam et recens Caeciliae, Baliarici filiae, somnium. Sed haec externa ob eamque causam ignota nobis sunt, nonnulla etiam ficta fortasse: quis enim auctor istorum? De nostris somniis quid habemus dicere? Tu de emerso me et equo ad ripam, ego de Mario cum fascibus laureatis me in suum deduci iubente monumentum.
Traduzione all'italiano
Eccoci ai sogni chiari e palesi, come quello riguardante l'amico ucciso dall'oste a Megara, come quello toccato a Simonide, il quale fu sconsigliato di imbarcarsi da quel tale che egli aveva seppellito, come anche quello concernente Alessandro, che mi meraviglio tu abbia omesso. Un suo amico intimo, Tolomeo, era stato colpito in battaglia da una freccia avvelenata e a causa di quella ferita, con sommo dolore di Alessandro, stava morendo. Mentre gli sedeva accanto, a un certo momento Alessandro fu vinto dal sopore. Allora, si narra, gli apparve in sogno quel serpente che sua madre Olimpiade teneva con sé: esso recava in bocca una piccola radice, e nello stesso tempo disse ad Alessandro in quale luogo nasceva (era non molto distante da dove si trovavano allora); tale era il potere di quella radice, da guarire facilmente Tolomeo. Alessandro, svegliatosi, narrò agli amici il sogno; furono mandati in giro degli uomini a cercare la radice; fu trovata, e si dice che da essa furono guariti sia Tolomeo, sia molti soldati che erano stati feriti da frecce intinte in quel medesimo veleno. Tu hai menzionato anche molti altri sogni tratti da narrazioni storiche: della madre di Falaride, di Ciro il vecchio, della madre di Dionisio, del cartaginese Amilcare, di Annibale, di Publio Decio; notissimo è inoltre quel sogno riguardante il prèsule, e così pure quello di Gaio Gracco e l'altro, recente, di Cecilia figlia di Metello Balearico. Ma questi sogni sono estranei a noi e perciò ci rimangono ignoti; alcuni forse sono anche inventati: chi ne è il garante? Quanto ai nostri sogni, che cosa possiamo dire? Tu puoi menzionare quello riguardante me e il mio cavallo che vedesti riemergere e venire a riva, io quello di Mario, che, coi fasci ornati d'alloro, ordinava che io fossi condotto nel tempio da lui edificato.