Pillaus
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Versione originale in latino


A natura autem alia quaedam ratio est, quae docet, quanta sit animi vis seiuncta a corporis sensibus, quod maxime contingit aut dormientibus aut mente permotis. Ut enim deorum animi sine oculis, sine auribus, sine lingua sentiunt inter se quid quisque sentiat (ex quo fit ut homines, etiam cum taciti optent quid aut voveant, non dubitent quin di illud exaudiant), sic animi hominum, cum aut somno soluti vacant corpore aut mente permoti per se ipsi liberi incitati moventur, cernunt ea quae permixti cum corpore [animi] videre non possunt.
Atque hanc quidem rationem naturae difficile est fortasse traducere ad id genus divinationis, quod ex arte profectum dicimus; sed tamen id quoque rimatur, quantum potest, Posidonius. Esse censet in natura signa quaedam rerum futurarum. Etenim Ceos accepirnus ortum Caniculae diligenter quotannis solere servare coniecturamque capere, ut scribit Ponticus Heraclides, salubrisne an pestilens annus futurus sit: nam si obscurior quasi caligit nosa stella exstiterit, pingue et concretum esse caelum, ut eius adspiratio gravis et pestilens futura sit; sin inlustris et perlucida stella apparuerit, significari caelum esse tenue purumque et propterea salubre. Democritus autem censet sapienter instituisse veteres ut hostiarum immolatarum inspicerentur exta; quorum ex habitu atque ex colore tum salubritatis, tum pestilentiae signa percipi, non numquam etiam quae sit vel sterilitas agrorum vel fertilitas futura. Quae si a natura profecta observatio atque usus agnovit, multa adferre potuit dies, quae animadvertendo notarentur, ut ille Pacuvianus, qui in Chryse physicus inducitur, minime naturam rerum cognosse videatur:
    "nam isti qui linguam avium intellegunt
    plusque ex alieno iecore sapiunt quam ex suo
    magis audiendum quam auscultandum censeo."

Cur, quaeso, cum ipse paucis interpositis versibus dicas satis luculente:
"Quidquid est hoc, omnia animat, format, alit, auget creat,
sepelit recipitque in sese omnia omniumque idemst pater,
indidemque eadem aeque oriuntur de integro atque eodem occidunt."
Quid est igitur cur, cum domus sit omnium una, eaque communis, cumque animi hominum semper fuerint futurique sint, cur ii, quid ex quoque eveniat, et quid quamque rem significet, perspicere non possint? Haec babui," inquit, "de divinatione quae dicerem.

Traduzione all'italiano


Un altro argomento, poi, si desume dalla natura che ci insegna quanto sia grande il potere dell'anima separato dalle sensazioni corporee; e ciò avviene soprattutto a chi dorme o a chi è invasato. Difatti, come le anime degli dèi, senza bisogno di avere occhi, né orecchi, né lingua, intendono reciprocamente ciò che ciascuno intende (cosicché gli uomini, anche quando esprimono tacitamente un desiderio o un voto, possono essere sicuri che gli dèi li odono), così le anime umane, quando, immerse nel sonno, sono sciolte dal corpo oppure, essendo invasate, si muovono da sé, libere, con tutto il loro vigore, vedono ciò che non possono vedere quando sono commiste al corpo. Questo argomento tratto dalla natura , forse, non è facile riferirlo a quel genere di divinazione che, come si è detto, deriva dall'arte; e tuttavia Posidonio, per quanto può, scruta anche questo campo. Egli ritiene che vi siano in natura dei segni premonitori del futuro. Sappiamo, ad esempio, che gli abitanti di Ceo sono soliti, ogni anno, osservare attentamente il sorgere della Canicola e da ciò prevedere se l'annata sarà salubre o malsana, come riferisce Eraclìde Pontico: se l'astro sorgerà alquanto velato e quasi caliginoso, l'aria sarà densa e piena di vapori, sicché la respirazione risulterà penosa e nociva; se invece la costellazione apparirà chiara e lucente, vorrà dire che l'aria sarà sottile e pura, e quindi salubre. Democrito, a sua volta, ritiene che gli antichi saggiamente prescrissero di osservare le viscere delle vittime immolate: dalla loro forma e dal loro colore, egli dice, si possono trarre indizi sia di salubrità dell'aria sia di pestilenza, qualche volta anche di sterilità o di fertilità dei campi. E se l'osservazione e la pratica dei fenomeni naturali è in grado di prevedere queste cose, molte altre si possono, col lungo trascorrere del tempo, scrutare e annotare. Sicché non sembra che conosca affatto la natura quello scienziato che nel Crise di Pacuvio viene introdotto a dire:

    "Costoro che intendono il linguaggio degli uccelli e traggono la loro sapienza più dal fegato degli animali che dal proprio, io ritengo che sia meglio starli a sentire che dar loro retta."

Perché, dimmi un poco, parli così, dal momento che tu stesso, pochi versi dopo, dici in modo eccellente:
    "Qualunque sia questo essere, esso anima, forma, nutre, accresce, crea; seppellisce e accoglie in sé tutto, e di tutto, al tempo stesso, è padre; e le medesime cose sorgono da esso di nuovo e in esso si dissolvono."

Perché, dunque, se la sede di tutti gli esseri è unica e a tutti comune, e se le anime umane sono sempre esistite e sempre esisteranno, perché, dico, non dovrebbero essere in grado di intendere quale effetto risulti da ogni singola causa e quale segno preannunci ciascun evento? Questo", concluse Quinto, "è ciò che avevo da dire sulla divinazione.

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