Versione originale in latino
Hac oratione ab Divitiaco habita omnes, qui aderant, magno fletu auxilium a Caesare petere coeperunt. Animadvertit Caesar unos ex omnibus Sequanos nihil earum rerum facere quas ceteri facerent ,sed tristes capite demisso terram intueri. Eius rei quae causa esset miratus ex ipsis quaesivit. Nihil Sequani respondere, sed in eadem tristitia taciti permanere. Cum ab his saepius quaereret neque ullam omnino vocem exprimere posset, idem Divitiacus Aeduus respondit: Hoc esse miseriorem et graviorem fortunam Sequanorum quam reliquorum, quod soli ne in occulto quidem queri neque auxilium implorare auderent absentisque Ariovisti crudelitatem, velut si coram adesset, horrerent, propterea quod reliquis tamen fugae facultas daretur, Sequanis vero, qui intra fines suos Ariovistum recepissent, quorum oppida omnia in potestate eius essent, omnes cruciatus essent perferendi.
Traduzione all'italiano
Dopoché questo discorso fu pronunciato da Diviziaco, tutti coloro che erano presenti incominciarono con gran pianto a chiedere aiuto a Cesare. Cesare notò che solo i Sequani tra tutti non facevano nulla di quelle cose che tutti gli altri facevano, ma che tristi, con il capo chinato, guardavano il suolo. Essendosene meravigliato, domandò a loro stessi quale fosse la causa di quella cosa. I Sequani non rispondevano nulla, ma tacendo persistevano nella medesima tristezza. Domandandolo a loro più e più volte, né potendo del tutto cavarne alcuna parola, il medesimo Diviziaco Eduo rispose: “Che la condizione dei Sequani era più infelice e più grave che quella degli altri perché essi soli non osavano lamentarsi né implorare aiuto neppure in segreto e avevano spavento della crudeltà di Ariovisto anche quando era lontano, come se si trovasse là in persona, perché la possibilità di fuggire era concessa tuttavia agli altri, mentre tutti i tormenti dovevano essere sopportati dai Sequani, i quali avevano accolto Ariovisto dentro i loro territori, tutte le città dei quali erano in suo potere.