Versione originale in latino
Igitur Tencteri, Rheno discreta gens, missis legatis mandata apud concilium Agrippinensium edi iubent, quae ferocissimus e legatis in hunc modum protulit: 'redisse vos in corpus nomenque Germaniae communibus deis et praecipuo deorum Marti grates agimus, vobisque gratulamur quod tandem liberi inter liberos eritis; nam ad hunc diem flumina ac terram et caelum quodam modo ipsum clauserant Romani ut conloquia congressusque nostros arcerent, vel, quod contumeliosius est viris ad arma natis, inermes ac prope nudi sub custode et pretio coiremus. Sed ut amicitia societasque nostra in aeternum rata sint, postulamus a vobis muros coloniae, munimenta servitii, detrahatis (etiam fera animalia, si clausa teneas, virtutis obliviscuntur), Romanos omnis in finibus vestris trucidetis (haud facile libertas et domini miscentur): bona interfectorum in medium cedant, ne quis occulere quicquam aut segregare causam suam possit. Liceat nobis vobisque utramque ripam colere, ut olim maioribus nostris: quo modo lucem diemque omnibus hominibus, ita omnis terras fortibus viris natura aperuit. Instituta cultumque patrium resumite, abruptis voluptatibus, quibus Romani plus adversus subiectos quam armis valent. Sincerus et integer et servitutis oblitus populus aut ex aequo agetis aut aliis imperitabitis.'
Traduzione all'italiano
Pertanto i Tencteri, popolazione che il Reno separa da Colonia, inviano i loro rappresentanti incaricati di portare all’assemblea degli Agrippinesi le loro richieste, esposte dal più fiero di loro in questo modo: “Ringraziamo gli dèi che ci sono comuni e, primo fra tutti Marte, perché siete tornati in seno alla Germania, riprendendo il vostro nome, e ci congratuliamo con voi perché siete finalmente liberi tra i liberi. Fino ad oggi, infatti, i Romani hanno chiuso i fiumi, la terra e, in certo qual modo, anche il cielo, per impedire colloqui e incontri tra noi, oppure - affronto ancora più grave per uomini nati per la guerra - perché ci incontrassimo inermi e seminudi, sotto vigilanza e dietro pagamento. Ora, al fine di garantire in eterno la nostra amicizia e la nostra alleanza, vi chiediamo di smantellare le mura della città, baluardo di schiavitù (anche gli animali selvaggi, tenuti chiusi, dimenticano la propria fiera natura), di trucidare tutti i Romani nel vostro territorio (impossibile accordare libertà e padroni), di mettere in comune i beni degli uccisi, perché nessuno possa nascondere nulla o separare il proprio interesse da quello comune. Come al tempo dei nostri avi, a noi e a voi sia concesso di abitare le due rive: come la natura apre a tutti gli uomini la luce del giorno, così apra ai forti tutte le terre. Riprendete le istituzioni dei padri e tornate a vivere la loro vita, e basta con quei piaceri, che più delle armi garantiscono ai Romani il dominio sui sudditi. Voi, popolo puro e sano, dimenticando la schiavitù, o vivrete eguali agli altri popoli, oppure su di loro comanderete”.