Pillaus
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Versione originale in latino


C. Pompeio Q. Veranio consulibus pactum inter Claudium et Agrippinam matrimonium iam fama, iam amore inlicito firmabatur; necdum celebrare sollemnia nuptiarum audebant, nullo exemplo deductae in domum patrui fratris filiae: quin et incestum ac, si sperneretur, ne in malum publicum erumperet metuebatur. Nec ante omissa cunctatio quam Vitellius suis artibus id perpetrandum sumpsit. Percontatusque Caesarem an iussis populi, an auctoritati senatus cederet, ubi ille unum se civium et consensui imparem respondit, opperiri intra palatium iubet.
Ipse curiam ingreditur, summamque rem publicam agi obtestans veniam dicendi ante alios exposcit orditurque: gravissimos principis labores, quis orbem terrae capessat, egere adminiculis ut domestica cura vacuus in commune consulat. Quod porro honestius censoriae mentis levamentum quam adsumere coniugem, prosperis dubiisque sociam, cui cogitationes intimas, cui parvos liberos tradat, non luxui aut voluptatibus adsuefactus, sed qui prima ab iuventa legibus obtemperavisset.

Traduzione all'italiano


[49 d.C.]. Nell'anno dei consoli Gneo Pompeo e Quinto Veranio, le nozze pattuite tra Claudio e Agrippina avevano già trovato conferma nelle chiacchiere della gente e nell'amore illecito; non osavano però darvi solennità col rito nuziale, perché non vi era ancora stato il precedente di una figlia del fratello condotta sposa nella casa dello zio; si configurava anzi quel rapporto come un incesto; e c'era timore che, se sottovalutato, si traducesse in un esempio dannoso per lo stato. L'esitazione durò finché Vitellio non si fece carico di comporre, coi suoi maneggi, la questione. Chiese dunque a Cesare se era disposto a cedere al volere del popolo e all'autorità del senato; alla sua risposta che lui era solo un cittadino come gli altri, non superiore alla volontà generale, lo invita ad aspettare a palazzo. Si reca nella curia e, asserendo che si trattava di un importantissimo affare di stato, chiede il permesso di parlare prima degli altri, con questo esordio: le gravissime responsabilità del principe, sulle cui spalle poggiava il mondo intero, necessitavano di un sostegno, perché, libero da pensieri domestici, provvedesse al bene comune. Ora quale conforto più dignitoso esisteva, per quell'uomo dall'animo veramente censorio, che prendere moglie, una compagna nella buona e nella cattiva sorte cui confidare i pensieri segreti, cui affidare i figli ancor piccoli, tanto più ch'era uomo non assuefatto al fasto e ai piaceri, ma rispettoso, fin dalla prima giovinezza, delle leggi?

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