Pillaus
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Versione originale in latino


Revertentem ab legatione legionis divus Vespasianus inter patricios adscivit; ac deinde provinciae Aquitaniae praeposuit, splendidae inprimis dignitatis administratione ac spe consulatus, cui destinarat. Credunt plerique militaribus ingeniis subtilitatem deesse, quia castrensis iurisdictio secura et obtusior ac plura manu agens calliditatem fori non exerceat: Agricola naturali prudentia, quamvis inter togatos, facile iusteque agebat. Iam vero tempora curarum remissionumque divisa: ubi conventus ac iudicia poscerent, gravis intentus, severus et saepius misericors: ubi officio satis factum, nulla ultra potestatis persona[; tristitiam et adrogantiam et avaritiam exuerat].
Nec illi, quod est rarissimum, aut facilitas auctoritatem aut severitas amorem deminuit. Integritatem atque abstinentiam in tanto viro referre iniuria virtutum fuerit. Ne famam quidem, cui saepe etiam boni indulgent, ostentanda virtute aut per artem quaesivit; procul ab aemulatione adversus collegas, procul a contentione adversus procuratores, et vincere inglorium et atteri sordidum arbitrabatur. Minus triennium in ea legatione detentus ac statim ad spem consulatus revocatus est, comitante opinione Britanniam ei provinciam dari, nullis in hoc ipsius sermonibus, sed quia par videbatur. Haud semper errat fama; aliquando et eligit. Consul egregiae tum spei filiam iuveni mihi despondit ac post consulatum collocavit, et statim Britaniae praepositus est, adiecto pontificatus sacerdotio.

Traduzione all'italiano


Al ritorno dal comando della legione fu iscritto tra i patrizi dal divo Vespasiano, che in séguito gli affidò il comando della provincia di Aquitania, incarico tra i più prestigiosi per le funzioni amministrative e perché apriva la strada alla carica di console, alla quale il principe l'aveva destinato. È opinione diffusa che agli uomini d'arme faccia difetto l'acume intellettuale, perché l'amministrazione militare della giustizia - priva di dubbi, troppo rigida e che spesso ricorre alla forza - non sviluppa le sottigliezze del foro. Agricola invece, per il suo naturale equilibrio, pur alle prese con una magistratura civile, si muoveva disinvolto e con senso di giustizia. Per altro aveva separato nettamente il tempo del lavoro e del riposo: quando lo richiedevano le riunioni ufficiali e i processi, era attento, severo, ma, più spesso, capace di misericordia; quando invece aveva assolto ai suoi compiti, deponeva la maschera dell'autorità: niente più durezza di volto e di modi, niente più rigore. E, cosa assai rara, l'affabilità non intaccò il suo prestigio né la severità attenuò l'affetto. Voler poi rilevare l'incorruttibilità e il disinteresse sarebbe far torto alle doti di un uomo così grande. Non andò a cercare neppure la fama - debolezza a cui cedono spesso le persone oneste - esibendo meriti o ricorrendo a intrighi: fuori dai giochi di rivalità coi colleghi e insofferente delle controversie coi procuratori, riteneva inglorioso avere la meglio su di loro e avvilente esserne calpestato. Rimase a quel posto di governatore per meno di tre anni e ne fu richiamato dalla prospettiva di un imminente consolato, durante il quale lo accompagnò la diffusa opinione - non perché egli ne facesse parola, bensì perché lo si riteneva all'altezza - che toccava a lui governare la Britannia. Non sempre la pubblica opinione sbaglia, talvolta serve anzi a guidare le scelte. Quando era console, promise a me ancor giovane la propria figlia, che fin d'allora faceva ben sperare di sé, e al termine del consolato me la diede in sposa; subito dopo fu preposto al comando della Britannia, con aggiunta la carica sacerdotale di pontefice.

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