Versione originale in latino
VIIII. Kal. Febr. Hora fere septima cunctatus an ad prandium surgeret marcente adhuc stomacho pridiani cibi onere, tandem suadentibus amicis egressus est. Cum in crypta, per quam transeundum erat, pueri nobiles ex Asia ad edendas in scaena operas evocati praepararentur, ut eos inspiceret hortareturque restitit, ac nisi princeps gregis algere se diceret, redire ac repraesentare spectaculum voluit. Duplex dehinc fama est: alii tradunt adloquenti pueros a tergo Chaeream cervicem gladio caesim graviter percussisse praemissa voce: "hoc age!" Dehinc Cornelium Sabinum, alterum e coniuratis, tribunum ex adverso traiecisse pectus; alii Sabinum summota per conscios centuriones turba signum more militiae petisse et Gaio "Iovem" dante Chaeream exclamasse: "accipe ratum!" Respicientique maxillam ictu discidisse. Iacentem contractisque membris clamitantem se vivere ceteri vulneribus triginta confecerunt; nam signum erat omnium: "repete!" Quidam etiam per obscaena ferrum adegerunt. Ad primum tumultum lecticari cum asseribus in auxilium accucurrerunt, mox Germani corporis custodes, ac nonnullos ex percussoribus, quosdam etiam senatores innoxios interemerunt.
Traduzione all'italiano
Il nono giorno prima delle calende di febbraio, verso la settima ora, poiché esitava a lasciare il suo posto per andare a mangiare, in quanto il suo stomaco era ancora appesantito dal pasto del giorno precedente, alcuni amici, con i loro consigli, gli fecero prendere la decisione di uscire. In un ridotto, per il quale doveva passare, si stavano preparando alcuni ragazzi nobili che erano stati fatti venire dall'Asia per esibirsi sulla scena. Egli si fermo per vederli e per incoraggiarli e se il capo della compagnia non si fosse lamentato di aver freddo sarebbe tornato indietro e li avrebbe fatti esibire subito. A questo punto si hanno due versioni. Secondo alcuni, mentre egli si intratteneva con questi ragazzi, Cherea lo ferì gravemente al collo, colpendolo alle spalle con il taglio della spada e gridando: "Fa' questo!" poi il tribuno Cornelio Sabino, un altro congiurato, assalendolo di fronte, gli trafisse il petto; secondo altri Sabino, fatta allontanare la folla dei centurioni che erano al corrente del complotto, domandò a Caligola la parola d'ordine, secondo l'usanza militare, e questi rispose "Giove"; allora Cherea gridò: "Prendilo per valido!" e mentre l'imperatore si voltava verso di lui, con un colpo gli fracassò la mascella. Steso per terra, le membra raccolte su se stesso, egli continuava a gridare che viveva ancora, ma gli altri congiurati lo finirono con trenta colpi, giacché il grido di tutti era: "Insisti!" Alcuni gli immersero il ferro anche negli organi genitali. Al primo tumulto, accorsero in suo aiuto i portatori della lettiga, armati di bastoni, poi i Germani della sua guardia che uccisero alcuni dei suoi assassini e anche qualche senatore estraneo al delitto.