Pillaus
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Versione originale in latino


Ceterum secreti licentiam nanctus et quasi civitatis oculis remotis, cuncta simul vitia male diu dissimulata tandem profudit: de quibus singillatim ab exordio referam. In castris tiro etiam tum propter nimiam vini aviditatem pro Tiberio "Biberius," pro Claudio "Caldius," pro Nerone "Mero" vocabatur. Postea princeps in ipsa publicorum morum correctione cum Pomponio Flacco et L. Pisone noctem continuumque biduum epulando potandoque consumpsit, quorum alteri Syriam provinciam, alteri praefecturam urbis confestim detulit, codicillis quoque iucundissimos et omnium horarum amicos professus.
Cestio Gall[i ]o, libidinoso ac prodigo seni, olim ab Augusto ignominia notato et a se ante paucos dies apud senatum increpito cenam ea lege condixit, ne quid ex consuetudine immutaret aut demeret, utque nudis puellis ministrantibus cenaretur. Ignotissimum quaesturae candidatum nobilissimis anteposuit ob epotam in convivio propinante se vini amphoram. Asellio Sabino sestertia ducenta donavit pro dialogo, in quo boleti et ficedulae et ostreae et turdi certamen induxerat. Novum denique officium instituit a voluptatibus, praeposito equite R. T. Caesonio Prisco.

Traduzione all'italiano


Ma, con il favore della solitudine e lontano, per così dire, dallo sguardo della città, egli finalmente lasciò affiorare tutti i vizi che per molto tempo aveva tenuti nascosti: li esaminerò ora ad uno ad uno, fin da principio. Quando era ancora recluta nell'esercito, la sua eccessiva passione per il vino lo faceva chiamare "Biberio" invece di Tiberio, "Caldio" invece di Claudio, e "Mero" invece di Nerone. Più tardi, quando già era imperatore, nel momento stesso in cui si dava a riformare i costumi pubblici, passò due giorni e una notte a mangiare e bere in compagnia di Pomponio Flacco e L. Pisone, poi, immediatamente dopo, diede al primo la provincia della Siria e all'altro la prefettura della città, giungendo perfino a proclamarli nelle sue lettere gli amici più cari e di tutte le ore. Promise a Sestio Gallio, vecchio corrotto e prodigo, già bollato d'infamia da Augusto, e che lui stesso alcuni giorni prima aveva rimproverato davanti al Senato, di cenare presso di lui a condizione che nulla fosse cambiato o soppresso di quanto abituale e che il pasto venisse servito da giovani fanciulle nude. Fra i candidati alla questura, preferì un uomo assolutamente sconosciuto a personaggi illustri, perché, durante un banchetto, avendolo invitato a bere, si era tracannato un'anfora di vino. Regalò duecento sesterzi ad Asellio Sabino per un dialogo in cui il fungo boleto, il beccafico, le ostriche e i tordi si disputavano la palma. Istituì infine un nuovo incarico, "L'intendenza dei piaceri", che affidò al cavaliere romano T. Cesonio Prisco.

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