Pillaus
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Versione originale in latino


Cena quoque eius secretior in fabulis fuit, quae vulgo dodekatheos vocabatur; in qua deorum dearumque habitu discubuisse convivas et ipsum pro Apolline ornatum non Antoni modo epistulae singulorum nomina amarissime enumerantis ex probrant, sed et sine auctore notissimi versus;
    'Cum primum istorum conduxit mensa choragum,
    Sexque deos vidit Mallia sexque deas,
    Impia dum Phoebi Caesar mendacia ludit,
    Dum nova divorum cenat adulteria:
    Omnia se a terris tunc numina declinarunt,
    Fugit et auratos Iuppiter ipse thronos."

Auxit cenae rumorem summa tunc in civitate penuria ac fames, adclamatumque est postridie: Omne frumentum deos comedisse et Caesarem esse plane Apollinem, sed Tortorem, quo cognomine is deus quadam in parte urbis colebatur.
Notatus est et ut pretiosae supellectilis Corinthiorumque praecupidus et aleae indulgens: Nam et proscriptionis tempore ad statuam eius ascriptum est:
    "Pater argentarius, ego Corinthiarius,"

cum existimaretur quosdam propter vasa Corinthia inter proscriptos curasse referendos; et deinde bello Siciliensi epigramma vulgatum est:
    "Postquam bis classe victus naves perdidit,
    Aliquando ut vincat, ludit assidue aleam."

Traduzione all'italiano


Si parlò molto anche di una cena particolarmente segreta che tutti chiamavano "dei dodici dei"; in essa i convitati apparvero mascherati da dei e da dee e lo stesso Augusto era abbigliato come Apollo. Questa cena fu biasimata non solo dalle lettere di Antonio, che con crudele ironia enumera i nomi di tutti gli invitati, ma anche da questi versi anonimi e tuttavia molto conosciuti:

    "Quando la cena di costoro ebbe guidato il maestro del coro, Mallia vide sei dei e sei dee. Mentre l'empio Cesare osò parodiare Apollo, mentre imbandisce a tavola nuovi adulteri di dei, allora tutti gli dei si allontanarono dalla terra e lo stesso Giove se ne fuggì dal suo trono dorato."

Ciò che accrebbe lo scandalo di questa cena fu il fatto che allora Roma soffriva terribilmente per la carestia e per la fame; così il giorno successivo si sentì gridare che gli dei avevano mangiato tutto il grano e che Cesare era veramente Apollo, ma un Apollo carnefice, termine con il quale questo dio era venerato in un quartiere della città. Fu accusato anche di aver passione per i mobili preziosi e per i vasi di Corinto e di amare troppo il gioco. Infatti al tempo delle proscrizioni si scrisse sotto la sua statua:
    "Mio padre era argentiere, io sono per il bronzo",

perché si supponeva che avesse fatto mettere alcune persone nelle liste di proscrizione per impossessarsi dei loro vasi di Corinto, e più tardi, durante la guerra di Sicilia, si fece correre questo epigramma:
    "Dopo aver perso le navi in due sconfitte sul mare, alla fine per vincere giocò continuamente ai dadi."

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