Pillaus
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Versione originale in latino


M. Antonii societatem semper dubiam et incertam reconciliationibusque variis male focilatam abrupit tandem, et quo magis degenerasse eum a civili more approbaret, testamentum, quod is Romae, etiam de Cleopatra liberis inter heredes nuncupatis, reliquerat, aperiundum recitandumque pro contione curavit. Remisit tamen hosti iudicato necessitudines amicosque omnes, atque inter alios C. Sosium et Cn. Domitium tunc adhuc consules. Bononiensibus quoque publice, quod in Antoniorum clientela antiquitus erant, gratiam fect coniurandi cum tota Italia pro partibus suis.
Nec multo post navali proelio apud Actium vicit, in serum dimicatione protacta, ut in nave victor pernoctaverit. Ab Actio cum Samum in hiberna se recepisset, turbatus nuntiis de seditione praemia et missionem poscentium, quos ex omni numero confecta victoria Brundisium praemiserat, repetita Italia, tempestate in traiectu bis conflictatus (primo inter promuntoria Peloponnesi atque Aetoliae, rursus circa montes Ceraunios, utrubique parte liburnicarum demersa, simul eius, in qua vehebatur, fusis armamentis et gubernaculo diffracto) nec amplius quam septem et viginti dies, donec desideria militum ordinarentur, Brundisii commoratus, Asiae Syriaeque circuitu Aegyptum petit obsessaque Alexandrea, quo Antonius cum Cleopatra confugerat, brevi potitus est. Et Antonium quidem, seras conditiones pacis temptantem, ad mortem adegit viditque mortuum. Cleopatrae, quam servatam triumpho magnopere cupiebat, etiam psyllos admovit, qui venenum ac virus exugerent, quod perisse morsu aspidis putabatur. Ambobus communem sepulturae honorem tribuit ac tumulum ab ipsis incohatum perfici iussit. Antonium iuvenem, maiorem de duobus Fulvia genitis, simulacro Divi Iuli, ad quod post multas et irritas preces confugerat, abreptum interemit. Item Caesarionem, quem ex Caesare Cleopatra concepisse praedicabat, retractum e fuga supplicio adfecit. Reliquos Antonii reginaeque commmunes liberos non secus ac necessitudine iunctos sibi et conservavit et mox pro conditione cuiusque sustinuit ac fovit.

Traduzione all'italiano


La sua alleanza con M. Antonio fu sempre dubbia e incerta e le loro varie riconciliazioni non furono altro che instabili accomodamenti; alla fine la ruppe e per meglio dimostrare che Antonio era venuto meno alla sua dignità di cittadino, prese l'iniziativa di aprire e far leggere davanti all'assemblea il testamento, da lui lasciato a Roma, nel quale designava tra i suoi eredi anche i figli che aveva avuto da Cleopatra. Tuttavia, quando lo ebbe fatto dichiarare nemico pubblico, gli rimandò i suoi parenti e i suoi amici e tra gli altri C. Sosio e T. Domizio, che in quel momento erano ancora consoli. Nello stesso tempo dispensò ufficialmente gli abitanti di Bologna, che da secoli erano clienti degli Antonii, dal riunirsi sotto le sue personali insegne, come tutto il resto d'Italia. Non molto dopo sconfisse Antonio sul mare, presso Azio, e la battaglia si protrasse così a lungo che, dopo la vittoria, passò la notte sulla nave. Da Azio passò a Samo per prendere possesso degli acquartieramenti invernali, ma, preoccupato dalla notizia che le truppe di ogni provenienza, mandate avanti a Brindisi, dopo la vittoria si sollevavano reclamando il congedo e le ricompense, ritornò in Italia; durante la traversata si trovò in mezzo a due tempeste, una tra il promontorio del Peloponneso e dell'Etolia, l'altra nei pressi dei monti Cerauni. Ciascuna di queste tempeste fece affondare una parte delle sue navi leggere, mentre quella sulla quale si trovava riportò avarie di vario genere e la rottura del timone. A Brindisi rimase solo venti giorni, il tempo necessario per sistemare tutto secondo le richieste dei soldati, poi, seguendo la costa dell'Asia e della Siria, puntò sull'Egitto, assediò Alessandria, dove Antonio si era rifugiato con Cleopatra, e in breve se ne impossessò. Antonio fece un ultimo tentativo di pace, ma Augusto lo costrinse ad uccidersi e ne vide poi il cadavere. Desiderava così vivamente riservare Cleopatra al suo trionfo, che fece venire gli psilli a succhiare il veleno dalle sue vene, perché si credeva che fosse morta per il morso di un aspide. A tutti e due concesse l'onore di una sepoltura comune e diede ordine di portare a termine il sepolcro che essi stessi avevano cominciato a costruire. Il giovane Antonio, il maggiore dei due figli di Fulvia, si era rifugiato presso la statua del divino Giulio, a lungo supplicando invano: Augusto lo fece strappare di lì e mettere a morte. Allo stesso modo, mandò al supplizio Cesarione, che Cleopatra diceva di aver avuto da Cesare, dopo averlo fatto arrestare mentre fuggiva. Quanto ai figli che Antonio aveva avuto dalla regina, li trattò come se fossero suoi parenti: risparmiò loro la vita e in seguito, ciascuno secondo la sua condizione, li sostenne e li aiutò.

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