Versione originale in latino
Reliquit et rerum suarum commentarios Gallici civilisque belli Pompeiani. Nam Alexandrini Africique et Hispaniensis incertus auctor est: alii Oppium putant, alii Hirtium, qui etiam Gallici belli novissimum imperfectumque librum suppleverit. De commentariis Caesaris Cicero in eodem Bruto sic refert: 'commentarios scripsit valde quidem probandos: nudi sunt, recti et venusti, omni ornatu orationis tamquam veste detracta; sed dum voluit alios habere parata, unde sumerent qui vellent scribere historiam, ineptis gratum fortasse fecit, qui illa volent calamistris inurere, sanos quidem homines a scribendo deterruit.' de isdem commentariis Hirtius ita praedicat: 'adeo probantur omnium iudicio, ut praerepta, non praebita facultas scriptoribus videatur. [cuius tamen rei maior nostra quam reliquorum est admiratio; ceteri enim, quam bene atque emendate,] nos etiam, quam facile atque celeriter eos perscripserit, scimus.' Pollio Asinius parum diligenter parumque integra veritate compositos putat, cum Caesar pleraque et quae per alios erant gesta temere crediderit et quae per se, vel consulto vel etiam memoria lapsus perperam ediderit; existimatque rescripturum et correcturum fuisse. Reliquit et 'de analogia' duos libros et 'Anticatones' totidem ac praeterea poema quod inscribitur Iter. Quorum librorum primos in transitu Alpium, cum ex citeriore Gallia conventibus peractis ad exercitum rediret, sequentes sub tempus Mundensis proelii fecit; novissimum, dum ab urbe in Hispaniam ulteriorem quarto et vicensimo die pervenit. Epistulae quoque eius ad senatum extant, quas primum videtur ad paginas et formam memorialis libelli convertisse, cum antea consules et duces non nisi transversa charta scriptas mitterent. Extant et ad Ciceronem, item ad familiares domesticis de rebus, in quibus, si qua occultius perferenda erant, per notas scripsit, id est sic structo litterarum ordine, ut nullum verbum effici posset: quae si qui investigare et persequi velit, quartam elementorum litteram, id est D pro A et perinde reliquas commutet. Feruntur [a puero et] ab adulescentulo quaedam scripta, ut 'Laudes Herculis,' tragoedia 'Oedipus,' item 'Dicta collectanea': quos omnis libellos vetuit Augustus publicari in epistula, quam brevem admodum ac simplicem ad Pompeium Macrum, cui ordinandas bibliothecas delegaverat, misit.
Traduzione all'italiano
Lasciò anche i Commentari delle sue imprese nella guerra gallica e nella guerra civile contro Pompeo, mentre non si è d'accordo sull'autore dei resoconti sulla guerra di Alessandria, d'Africa e di Spagna. Alcuni dicono che sia Oppio, altri Irzio, il quale avrebbe anche completato l'ultimo libro della guerra gallica, rimasto incompiuto. A proposito dei Commentari di Cesare, sempre nel a Bruto" Cicerone dice: "Scrisse i Commentari che bisogna proprio lodare: essi sono scarni, precisi e pieni di eleganza, spogliati di ogni ornamento oratorio, come un corpo del suo vestito; ma volendo offrire materiale a chi avesse intenzione di attingere dai suoi Commentari per scrivere una storia, fece forse cosa gradita agli stolti che vorranno impiastricciare quelle limpide annotazioni, ma ha fatto desistere gli uomini di buon senso dal raccontarla." Sugli stessi Commentari Irzio così si esprime: "Tutti ne hanno tessuto così alti elogi che Cesare sembra non tanto aver offerto, ma addirittura tolto agli storici la possibilità di scrivere. Di questa opera la nostra ammirazione è maggiore di quella degli altri lettori: essi sanno come l'abbia scritta bene e in stile perfetto, noi invece sappiamo come l'abbia composta con facilità e rapidamente" Asinio Pollione pensa che i Commentari siano stati scritti con poca diligenza e con scarso rispetto della verità, perché Cesare, nella maggior parte dei casi ha accettato, senza nessun controllo, tutto quello che gli altri hanno fatto, mentre vuoi deliberatamente, vuoi per un inganno della memoria, ha presentato in modo inesatto le proprie azioni. Lasciò anche due libri a Sull'Analogia" e altrettanti dell'"Anticatone" e inoltre un poema intitolato a Il viaggio". Di queste opere compose la prima mentre attraversava le Alpi, quando dalla Gallia Citefiore ritornava presso l'esercito, dopo aver tenuto le sue assemblee, la seconda la scrisse al tempo della battaglia di Munda e l'ultima mentre si portava da Roma nella Spagna ulteriore con un viaggio di ventitré giorni. Abbiamo anche alcune sue lettere inviate al Senato: sembra sia stato il primo a dividerle in pagine e a dar loro la forma di un memoriale, mentre i consoli e i generali avevano sempre fatto i loro rapporti su tutta la larghezza del foglio. Rimangono anche le sue lettere a Cicerone e quelle ai familiari; quando doveva fare qualche comunicazione segreta, si serviva di segni convenzionali, vale a dire accostava le lettere in un ordine tale da non significare niente: se si voleva scoprire il senso e decifrare lo scritto bisognava sostituire ogni lettera con la terza che la seguiva nell'alfabeto, ad esempio la A con la D, e così via. Si ricordano anche alcuni scritti giovanili, come "Le lodi di ErcoIe", una tragedia "Edipo" e una raccolta di detti famosi. Augusto però proibì che questi libretti venissero pubblicati: lo ordinò con una lettera breve e tuttavia incisiva che inviò a Pompeo Macro, al quale aveva affidato l'incarico di amministrare le biblioteche.