Versione originale in latino
[...] Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum ac succedere se in eorum locum, a quibus sibi liberi tradantur, existimet. (5) Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur. Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit; nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit, minime iracundus, nec tamen eorum quae emendanda erunt dissimulator, simplex in docendo, patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus. (6) Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. (7) In emendando quae corrigenda erunt non acerbus minimeque contumeliosus; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam sic obiurgant, quasi oderint. (8) Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat, quae secum auditores referant. Licet enim satis exemplorum ad imitandum ex lectione suppeditet, tamen viva illa, ut dicitur, vox alit plenius praecipueque praeceptoris, quem discipuli, si modo recte sunt instituti, et amant et verentur. Vix autem dici potest, quanto libentius imitemur eos, quibus favemus.
Traduzione all'italiano
Dunque, prima di tutto, assuma l'attitudine di un genitore verso i suoi discepoli, e ritenga di prendere il posto di coloro dai quali gli sono affidati i figli. Egli stesso non abbia vizi, né li sopporti. Non abbia una sgradevole severità, né una cortesia dissoluta, affinché da una non si generi odio, né dall'altra disistima. Parli moltissimo dell'onesto e del buono: infatti, quanto più spesso avrà rimproverato, tanto più raramente castigherà; (sia) minimamente iracondo, né dissimulatore di ciò che si dovrà correggere, semplice nell'insegnare, tollerante della fatica, costante piuttosto che eccessivo. Risponda volentieri a chi lo interroga, viceversa interpelli coloro che non lo interrogano. Nel lodare le pronunce degli studenti, non (sia) maligno né prodigo, poiché una cosa genera il disgusto della fatica, l'altra la noncuranza. Nel correggere ciò che dovrà essere corretto, non (sia) crudele e (sia) minimamente offensivo; infatti ciò, (ossia) il fatto che alcuni castigano così come se odiassero, allontana senza dubbio molti dall'intenzione di studiare. Egli stesso dica qualcosa, anzi molte cose, ogni giorno, che chi ascolta possa portare con sé. Ammettiamo pure infatti che utilizzi abbastanza esempi da imitare grazie alle letture fatte, tuttavia soprattutto la viva voce, come si dice, del maestro, che i discepoli, se soltanto sono stati istruiti in modo giusto, amano e apprezzano, alimenta in modo più pieno e proprio di un insegnante. D'altronde, a stento si può esprimere quanto più volentieri imitiamo coloro verso cui siamo ben disposti.